Il terremoto che il 6 aprile 2009 ha sconvolto L’Aquila ha lasciato ferite profonde nella famiglia di Caterina, la protagonista e narratrice di Bella mia. La sua gemella, Olivia, è morta sotto le macerie della sua casa, dove si era attardata per recuperare qualche oggetto, quasi sotto gli occhi del figlio adolescente e della sorella, che invece avevano fatto in tempo ad uscirne.
In attesa di una ricostruzione (che non si sa se e quando avverrà) a Caterina e a sua madre è stato assegnato un appartamento del progetto governativo C.A.S.E., dove le raggiunge il figlio di Olivia, Marco, dopo un tentativo fallito di convivenza con suo padre, musicista, da tempo separato, che vive a Roma con una donna molto più giovane di lui.
La protagonista, pur non avendo mai voluto figli suoi, si ritrova così a fare i conti con una sorta di maternità obbligata nei confronti del nipote, adolescente “furioso e desolato”, in un momento difficile anche per lei che, dopo la scomparsa della sorella Olivia, si trova come amputata: era l’altra, infatti, l’elemento forte della coppia gemellare.
Pittrice su ceramica, Caterina ha trovato in affitto un locale dove continuare la propria attività, ma un amico ceramista le ha regalato anche gli strumenti del proprio lavoro e un giorno lei sente il bisogno di usarli per scolpire due figure femminili. Così, attraverso l’energia messa in moto dalla creazione artistica, il processo di ricerca interiore iniziato da tempo trova la strada per una nuova consapevolezza: Caterina capisce che la sua infelicità ha radici profonde, e risale a prima della tragedia, connessa com’è alla rinuncia di una parte di sé. L’avvio della risoluzione della crisi permetterà anche l’accettazione di un nuovo amore.
Bella mia(il titolo riecheggia le parole di un canto popolare intriso di nostalgia per la terra natale) è uscito nel gennaio scorso con una postfazione dell’autrice nella nuova edizione einaudiana, dopo quella di Elliot del 2014, che aveva concorso al Premio Strega vincendo poi il Premio Brancati. È il secondo lavoro di Donatella Di Pietrantonio dopo Mia madre è un fiume, (Elliot 2011, Premio Tropea) romanzo d’esordio diventato un caso editoriale nazionale.
Lo sfondo della vicenda è la città dell’Aquila colpita dal terremoto e in gran parte inagibile; la “zona rossa” ancora è transennata e ne è vietato l’accesso, ma sia Caterina sia suo nipote vi penetrano più volte, all’insaputa l’uno dell’altra, quasi non potessero fare a meno di tornare nel luogo dove è avvenuta la tragedia famigliare legata alla crisi da cui ognuno cerca dolorosamente di uscire a suo modo: la vecchia madre ricorrendo alle certezze offerte dalla fede, Caterina attraverso l’arte e Marco, il personaggio forse più intenso del romanzo, attraverso una sua via difficile, tortuosa, in cui alla rivolta si accompagna una sorta di acerba progettualità. E le macerie sono nello stesso tempo reali e simboliche, così come è reale e ma anche metaforica la mezza stanza che Marco, insieme ai suoi amici, riesce a liberare dai calcinacci e a rendere in qualche modo abitabile, nella casa lesionata dove è morta sua madre e dove lui vuole assolutamente ritornare, dopo che sarà ricostruita.
Semplice nella trama, il romanzo dà largo spazio ai sentimenti e ai conflitti legati ai rapporti famigliari attraverso la prosa secca, scabra, priva di lusinghe formali ma capace di improvvise accensioni che caratterizza anche l’ultimo lavoro di Donatella Di Pietrantonio, L’Arminuta,vincitore del premio Campiello 2017, attraverso il quale l’autrice si è confermata come una delle voci più interessanti nel panorama della letteratura italiana degli ultimi dieci anni.
Donatella Di Pietrantonio
Bella mia
Einaudi, Torino, 2018
- 182
€ 12