Simona Baldelli (in copertina), pesarese residente a Roma, ha esordito qualche anno fa con Evelina e le fate, un romanzo ambientato nella campagna marchigiana durante la seconda guerra mondiale. L’opera, finalista al Premio Calvino nel 2012 e pubblicata nel 2013 da Giunti, ha vinto il premio John Fante Opera Prima. Il secondo lavoro di Baldelli, Il tempo bambino, (Giunti 2014), affronta il tema caldo della pedofilia, ma con un taglio originale. La vita a rovescio (Giunti 2016), è invece un romanzo storico incentrato su una storia vera, quella di Caterina Vizzani, un’avventuriera che nell’Italia del 1700 visse alcuni anni travestita da uomo.
L’ultimo spartito di Rossini, la più recente fatica della scrittrice, è un omaggio al suo grande conterraneo nel 150esimo della sua morte. Ma cosa si può scrivere di un personaggio di cui si è già detto tutto? A questa domanda la brava Simona Baldelli risponde attraverso un romanzo storico ambientato nell’Italia dell’Ottocento. Come recita l’avvertimento iniziale, L’ultimo spartito di Rossini è un’opera di fantasia dove “i fatti storici narrati sono liberamente interpretati”, ma nello stesso tempo è un lavoro molto attento alla cultura, anche materiale, dell’epoca, e l’ambientazione è costruita attraverso una rigorosa indagine condotta sui documenti: l’ampia bibliografia ricordata alla fine non fa che confermare l’impressione avvertita durante tutta la lettura.
La vicenda si snoda sulla base dell’epistolario rossiniano e dei documenti conservati presso la Fondazione Rossini di Pesaro ed è aderente alla realtà storica, ma si presenta anche come una riflessione sul fenomeno, purtroppo sempreverde, dell’invidia e della calunnia contro chi raggiunge il successo. “L’invidia non è l’aspirazione a innalzarci, ma la speranza che l’altro precipiti. Il desiderio di un orizzonte piatto, in cui nessuno emerga”: questo il giudizio – che investe il pubblico, ma anche le persone competenti e la critica dei giornali – messo in bocca a un personaggio, il pittore Camuccini, che compare in un episodio del romanzo. Il musicista lo incontra, insieme allo scrittore Stendhal, durante uno dei suoi numerosi (e detestati) viaggi, scambia qualche opinione e, secondo l’usanza del tempo, condivide con lui una stanza per la notte alla stazione di posta. Il tema dell’invidia sociale ritorna altre volte, costituendo una sorta di leitmotiv della narrazione.
Del personaggio Rossini, Baldelli ricerca l’umanità e la complessità oltre l’immagine stereotipata che lo stesso compositore, in qualche modo, aveva contribuito a costruire, quella di un uomo gioviale dalla battuta pronta, amante delle belle donne e della buona tavola, del buontempone, del bon vivant. Dietro questa maschera si nasconde un uomo perseguitato dal timore di non essere veramente all’altezza della sua fama, nonostante il successo ottenuto già in vita in tutta Italia e in Europa; un uomo di genio capace di creare grandi capolavori, che però per tutta la vita sogna di comporre l’opera perfetta che lo renda immortale e metta d’accordo tutti, un “ultimo spartito” che faccia finalmente tacere i detrattori da cui si sente perseguitato. Per superare l’angoscia che le critiche gli procurano Gioachino si costruisce una “scorza” che possa difenderlo rendendolo insensibile a ciò che avviene fuori. È questa scorza che gli consente di superare la disastrosa prima del Barbiere, al teatro Argentina di Roma, quando i suoi nemici organizzano una ignobile gazzarra durante lo spettacolo e sul palco viene lanciato di tutto, persino un gatto; oppure l’umiliazione subita nella sua stessa città natale, all’inaugurazione del Teatro Nuovo di Pesaro con La gazza ladra, opera che ha già riscosso un successo strepitoso a Vienna. Travolto dalle angosce morali causate dalle critiche (Stendhal scrive una Vita di Rossini piena di ingiuste accuse, oltre che di inesattezze) ma soprattutto dalla morte della madre amatissima, e dai tormenti fisici provocati dalla sua malattia, a trentasette anni Rossini, dopo aver composto il Guglielmo Tell, smette di scrivere opere liriche e sprofonda in una penosa depressione, da cui esce a fatica, con l’aiuto determinante della sua seconda moglie, la giovane e bellissima – ma anche tostissima – Olympe Pélissier. È questo personaggio meno scontato, questa parte in ombra dell’uomo Rossini che viene indagata da Baldelli, con delicatezza, con affetto anche, ma senza tacere sulle realtà scomode; e alla luce di questa dolorante umanità acquistano un valore diverso anche gli aspetti più noti e scontati della biografia rossiniana: le bisbocce, le bizzarrie, gli eccessi.
Un tocco di surreale, che non manca mai nei romanzi della nostra autrice, è costituito dai colloqui di Rossini con Mozart e Beethoven, che per l’occasione oltrepassano le cornici dei ritratti esposti nella villa di Passy, oppure da invenzioni felici come quella delle dita di Paganini che si staccano, muovendosi per conto loro, dalle mani del grande violinista: splendido il sulfureo ritratto che ne fa Baldelli, ma non è l’unico in queste pagine in cui prendono vita gli ambienti e le persone che il compositore frequentò nelle diverse città dove visse: Pesaro, Bologna, Napoli, Roma, Parigi, Vienna, Londra, ovunque acclamatissimo e riconosciuto come un genio musicale, nonostante la presenza dei detrattori.
Un romanzo che si fa leggere anche dai non melomani, che ci troveranno un personaggio colto da un’angolatura originale e più di un motivo di riflessione, oltre a una narrazione sapiente, felicemente scorrevole, che sa divertire e commuovere.
Simona Baldelli
L’ultimo spartito di Rossini
Piemme 2018
Pagg. 381
€ 18,50