di Giusy Michielli (inviata)
Il diritto di decidere di morire in Italia risulta essere ancora tabù, tanto da spingere i malati terminali a compiere il loro ultimo viaggio in Svizzera, dove l’eutanasia è legale dal 1942 e peraltro ha registrato un aumento del 34% dellerichieste da parte degli italiani. Strano pensare che si vada nel paese elvetico anche per l’ultimo viaggio da vivi, oltre che per la speranza di un futuro migliore data l’impossibilità di trovare un lavoro nella nostra terra matrigna. Nonostante la proposta di legge depositata in parlamento circa un anno fa dai radicali dell’associazione “Luca Conscioni” e sottoscritta da 67.000 cittadini a cui bisogna aggiungere le oltre 80.000 raccolte online, pare che essa continui a giacere sotto l’indifferenza di uno stato disinteressato all’esigenza della gente che soffre, paga le tasse e non ha il diritto di morire nella propria patria. Il diritto ad una morte dignitosa e “dolce” risulta essere legittimato in quasi tutti paesi europei ad esclusione dell’Italia e del Portogallo in cui viene considerato omicidio volontario, ma con modalità differenti. Il primo paese a rendere legale l’eutanasia è stato l’Olanda nel 2002, che accetta l’assistenza al suicidio e l’eutanasia attiva, ossia l’assunzione da parte del malato di sostanze che provocano il decesso. In seguito fu la volta del Belgio che di recente ha introdotto il diritto di morire anche per i bambini malati terminali, nel pieno possesso delle loro capacità mentali. In Inghilterra, Svezia, Germania e Austria si tollera solamente l’eutanasia passiva, cioè la sospensione delle cure nei malati terminali, mentre Danimarca, Norvegia, Ungheria, Spagna e Repubblica Ceca sono solo a sfavore dell’accanimento terapeutico. Agli indecisi consiglierei di consultare l’ultimo libro di uno dei più noti teologi cattolici contemporanei, Hans Küng dal titolo “Morire felici?” nel quale il teologo sollecita a “liberalizzare l’attività delle associazioni che aiutano a morire, anche accettando che lo facciano a pagamento, così come parroci, chiese e autorità si fanno pagare per i funerali”.di Giusy Michielli (inviata)
Il diritto di decidere di morire in Italia risulta essere ancora tabù, tanto da spingere i malati terminali a compiere il loro ultimo viaggio in Svizzera, dove l’eutanasia è legale dal 1942 e peraltro ha registrato un aumento del 34% dellerichieste da parte degli italiani. Strano pensare che si vada nel paese elvetico anche per l’ultimo viaggio da vivi, oltre che per la speranza di un futuro migliore data l’impossibilità di trovare un lavoro nella nostra terra matrigna. Nonostante la proposta di legge depositata in parlamento circa un anno fa dai radicali dell’associazione “Luca Conscioni” e sottoscritta da 67.000 cittadini a cui bisogna aggiungere le oltre 80.000 raccolte online, pare che essa continui a giacere sotto l’indifferenza di uno stato disinteressato all’esigenza della gente che soffre, paga le tasse e non ha il diritto di morire nella propria patria. Il diritto ad una morte dignitosa e “dolce” risulta essere legittimato in quasi tutti paesi europei ad esclusione dell’Italia e del Portogallo in cui viene considerato omicidio volontario, ma con modalità differenti. Il primo paese a rendere legale l’eutanasia è stato l’Olanda nel 2002, che accetta l’assistenza al suicidio e l’eutanasia attiva, ossia l’assunzione da parte del malato di sostanze che provocano il decesso. In seguito fu la volta del Belgio che di recente ha introdotto il diritto di morire anche per i bambini malati terminali, nel pieno possesso delle loro capacità mentali. In Inghilterra, Svezia, Germania e Austria si tollera solamente l’eutanasia passiva, cioè la sospensione delle cure nei malati terminali, mentre Danimarca, Norvegia, Ungheria, Spagna e Repubblica Ceca sono solo a sfavore dell’accanimento terapeutico. Agli indecisi consiglierei di consultare l’ultimo libro di uno dei più noti teologi cattolici contemporanei, Hans Küng dal titolo “Morire felici?” nel quale il teologo sollecita a “liberalizzare l’attività delle associazioni che aiutano a morire, anche accettando che lo facciano a pagamento, così come parroci, chiese e autorità si fanno pagare per i funerali”.