La strada delle discriminazioni è lastricata di buone intenzioni

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La forza intrinseca delle costruzioni della diseguaglianza risiede nella sostanziale invisibilità delle strutture che le compongono, interiorizzate a livello sia individuale sia collettivo quali costituenti inevitabili dell’ordine “naturale” delle cose.

Le regole di genere presentano l’estrema semplicità del binarismo, una diffusione capillare in ogni aspetto della realtà, un alto consenso nel mondo adulto.

 

T-shirt per neonati: intelligente come papà; oppure (orribilmente) sciupafemmine. Per neonate: bella come la mamma.

Pubblicità:lei penserà a farsi bella, lui a fare goal …

La società trasforma la sessualità biologica in una costruzione culturale preoccupandosi di differenziare accuratamente – attraverso riti, costumi, accesso ai luoghi, abitudini, abbigliamento, ecc. – il modello maschile dal femminile.

Si comincia prestissimo, perché la socializzazione più facilmente garantisca i propri esiti.La costruzione sociale del genere è resa facile da due dati di fatto: la malleabilità delle pulsioni umane e il lungo periodo di dipendenza dei bambini.

Il sociologo Anthony Giddens ha analizzato le parole utilizzate per definire i/le neonati/eda parte del personale del reparto maternità: robusti, belli, forti versusgraziose, fragili, deliziose. Dalle diverse aspettative derivano anche diversi stili di relazione da parte dei genitori, che tendono a coinvolgere figli e figlie nelle attività in modo differente già nel primo anno di vita, e a socializzarli in modo divergente alle emozioni.

Si costruisce così un vezzoso mondo color rosa confetto per lei, che deve piacere (cuoricini e trucchi e lustrini) o accudire (bambola, minicucina e miniaspirapolvere); il contraltare è un rude mondo blu/azzurro per lui (gara, avventura, guerra).

Secondo i risultati di una ricerca svolta tra il 2014 e il 2015 sui cataloghi online di Mattel e Hasbro, moda, bambola, vestito, dolce, amicizia, magia, fata, amore, mamma, principessa, bellissima, facile, semplice, cucciolo, adorabile, sogno, cura sono i termini più ricorrenti nelle pubblicità e sui siti di giocattoli nelle sezioni dedicate alle bambine.Azione, battaglia, combattimento, veicolo, nemico, mostro, macchina, potenza, forza, eroe, avventura, gara, vincere, arma sono invece i termini che descrivono l’offerta dei giocattoli al maschile.

La pubblicità di abbigliamento per l’infanzia non si limita poi a vendere uno stile estetico: suggerisce un modello identitario e un modo di stare nel mondo. Se il corpo è per i maschi uno strumento per fare, e le attività rappresentate forniscono soddisfazione in sé e per sé, nel modello del femminile il corpo è strumento per apparire o per ottenere amore; la gratificazione che se ne può ricavare presuppone uno sguardo esterno.

Queste norme, una volta interiorizzate, influenzano il modo di guardare e vivere se stessi/e, così come influenzano la relazione che si instaura tra mente, corpo e ambiente di vita.

Foto 3. Una vetrina di giocattoli

I bambini e le bambine assorbono questa lezione onnipresente, che segna il loro immaginario e sarà difficile da sradicare. Imparano, senza bisogno di indottrinamento esplicito, che tra i generi corre una linea di separazione netta, irriducibile; che ci sono due mondi, uno soft e uno hard. Ginnastica artistica contro arti marziali, romanzi d’amore contro romanzi d’avventura, acquaio contro scrivania.

Maschi che giocano con le bambole e femmine che giocano al calcio: preoccupante? Per molti genitori sì. Alcuni minacciano addirittura di ritirare i pargoli dall’asilo, per paura della contaminazione.

Il meglio che ci possa accadere in quanto esseri umani è invece fare scelte che siano frutto dei nostri desideri e non di condizionamenti, pregiudizi e gabbie predefinite, immissioni forzate negli schemi: questo dovremmo volere, questo dovrebbe insegnare la scuola.

I ruoli rigidamente definiti fin dalla prima infanzia sono invece gabbie invisibili in cui richiudiamo figli e figlie, che faranno fatica ad uscirne.

Lo facciamo con amore, naturalmente, l’amore assolve tutto: come se non fosse possibile amare male.

 

 

 

 

 

 

 

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Graziella Priulla, già docente ordinaria di Sociologia dei processi culturali e comunicativi nella Facoltà di Scienze Politiche di Catania, vive a Roma e lavora alla formazione docenti, nello sforzo di introdurre esplicitamente l’identità di genere nelle istituzioni formative. Ha pubblicato numerosi volumi tra cui: “C’è differenza. Identità di genere e linguaggi”, Parole tossiche, cronache di ordinario sessismo”, “La libertà difficile delle donne”, “Viaggio nel paese degli stereotipi”.