Già nel titolo si percepisce la narrazione di una storia dimenticata. Le voci sono quelle delle contadine siciliane che lottarono per l’occupazione delle terre incolte e per l’applicazione della legge Gullo alla fine degli anni Quaranta. Voci coraggiose di donne che sfuggivano agli stereotipi femminili di quei tempi e che abbracciarono le lotte del P.C.I. e dei sindacati. Donne che invece di restare confinate tra le mura di pietra delle loro misere casa, apportarono il loro contributo, marciando, occupando, opponendosi, sventolando il vessillo comunista con la falce e il martello e a volte accanto l’immagine del cuore di Gesù.
“Quando andavamo ad occupare, i carabinieri mettevano i cavalli tutti in fila davanti a noi e li facevano alzare per farci spaventare e ci dicevano: andate via di qua che per voi femmine non è possibile occupare la terra. Io. allora, ad uno di questi gli risposi: io sono capace di occupare la terra meglio di mio marito. Date la terra a mio marito e noi ci ritiriamo. Ma quello mi spingeva col moschetto. Allora mi arrabbiai e gli dissi: scendi dal cavallo se hai coraggio” Così Maria racconta la sua storia e continua dicendo che l’arrestarono e la misero in un porcile dove c’erano i maiali “con la puzza che non si poteva respirare e col pruvulazzo (polvere) che mi entrava dentro la bocca…poi la sera venne un carabiniere e mi portò una fetta di pane. Siccome insieme a me avevano preso anche gli uomini che stavano chiusi in un’altra stanza, io pensavo, a me il pane me lo danno a loro no. Allora dissi al carabiniere: perché non date il pane pure agli uomini? No, rispose, agli uomini diamo scorce (bucce) di fave. Io allora posai il pane sopra il tavolo e dissi che non lo volevo. Così i carabinieri si convinsero e diedero il pane pure agli uomini”
Questa è una delle tante storie raccontate, storie di donne battagliere e dignitose, come quella di Bernarda di Bisacquino, di Concetta di Valledolmo, di Antonietta di Castellana. Antonietta era stata la prima donna, nel suo paese, ad indossare i pantaloni. Tutte queste voci, la scrittrice le raccoglie nel 1977, quando decide di andare ad intervistarle. Si mette un registratore a tracolla e inizia a percorrere questi estremi lembi di terra siciliana, lontani dal mare e arsi dal sole cocente. Vaga per tanti piccoli paesi, incontra queste donne, le intervista e cattura e cristallizza per sempre le loro storie.
Per vent’anni le voci tacciano dentro quell’ormai obsoleto registratore. Poi la decisione di farle riemergere dall’oblio: vengono recuperate, riascoltate, raccolte e diventano libro. Così la storia di queste donne ignorate e dimenticate anche dal partito politico a cui avevano aderito con entusiasmo viene restituita nella luce della sua importanza. Nel libro, Gisella Modica, racconta anche la sua personale voce, intreccia a quelle storie parte delle sue vicende personali, dai ricordi della nascita di sua figlia a quelli del dolore e dello smarrimento per la perdita di sua madre.
Voci appunto, voci di donne in balia di folate di vento che soffiano sulla coscienza di ognuna. Voci di donne tradite. Tradite dagli uomini, dai compagni di partito che non colsero la forte valenza delle loro lotte, che sminuirono le loro azioni facendole passare per “stramberie femminili”.
Ma quelle lotte non furono vane e lo dimostra il primo convegno Regionale del P.C.I. delle donne della campagna tenutosi a Palermo nel 1953: le delegate furono millecinquecento. Millecinquecento donne di cui si erano perse le tracce.
“Le immaginavo” scrive Gisella Modica” già alle prime luci dell’alba affaccendarsi per casa, fare ordine, cucinare frittelle di fave e finocchietti, e poi, coi cesti dei viveri sulla testa o appesi al braccio, riversarsi nei vicoli e nelle piazze gremite per il comizio, gridando col pugno alzato Terra a chi lavora! Le immaginavo fare cose fuori dall’ordinario: eccole mentre con esitazione entrano nella sede del Partito dove abitualmente le donne non usavano sostare…eccole mentre impugnano maldestre la bandiera: lasciapassare necessario per accedere dentro ai confini proibiti del feudo occupato… terra-nutrimento per la famiglia, per i figli che vanno protetti e difesi insieme alle masserie…con lo stendardo del cuore di Gesù preso con la forza dall’altare della chiesa contro il volere dei compagni… faranno di testa loro e porteranno lo stendardo in corteo, accanto alla bandiera rossa, perché entrambi sono fiamme che bruciano nei loro cuori… le immagino creature dai mille travestimenti in equilibrio su se stesse, sostenute solo dalla forza dell’amore. Sorprendenti, mutevoli e inafferrabili. Come voci in balia del vento.
Gisella Modica
Come voci in balia del vento
Iacobelli Editore, Roma 2018
pp. 224
13€