Chi non è di Roma forse non conosce la semantica della parola gergale “accollarsi”. È presto detto: significa letteralmente aggrapparsi e, estesamente, incollarsi a qualcuno, dipendere ossessivamente da lui, diventarne l’ombra.
Visto che ci siamo, proviamo anche a dire, sempre a Roma, il significato di una locuzione affine ad accollarsi e cioè: “andarci sotto”o “starci sotto”(da cui deriva il sostantivo “sottone”), che significa in poche parole, innamorarsi, prendersi una cotta, un’infatuazione.
Ecco, senza tema di smentita e forte della mia esperienza clinica e di vita, direi che queste due terminologie associate descrivano meglio di ogni altre la condizione delle relazioni sentimentali del tempo odierno.
Detto in altri termini, il costrutto “fidanzamento”, portatore fino a qualche decennio fa di promessa, futuro, speranza, progetto, si è compiutamente convertito per le generazioni under 40, nel senso opposto e contrario: fidanzarsi o immaginare di farlo si è trasformato in una specie di incubo collettivo per il quale se ci si concede ad una relazione che oltrepassi anche solo di poco il piano dell’attrazione per inoltrarsi in una intimità più articolata e sentimentale, convoca immediatamente le semantiche delle locuzioni appena citate, e cioè l’idea per la quale se ci si innamora o si consente al/la propria/o partner di innamorarsi, ci si incolla all’altra/o, si “rimane sotto” ovverosia ci si ritrova in una penosa e inaccettabile condizione di inferiorità e vulnerabilità emotiva che occorre evitare come la peste.
Inoltrarsi in una relazione appare oggi come evento raro e per lo più indesiderabile secondo l’attuale senso comune. Una fatica ingrata, una situazione noiosa e difficile da gestire, al limite qualcosa di cui aver timore o paura.
Ma come è stato possibile questa conversione di senso del fidanzamento in così poco tempo? Tante le cause di ordine socio-culturale soprattutto, ma rimando a un altro articolo la riflessione sulle cause.
Oggi ciò che mi preme è sottolineare le immediate conseguenze di questa sciagura sociale per la quale fin da giovanissimi e per tutto il periodo giovanile ci si condanna, per una sorta di mantra culturale dominante e demenziale, a un’equidistanza da tutti e da ogni vicinanza affettiva e soprattutto da quella che senza ombra di dubbio è l’esperienza più evolutiva e maturativa che un essere umano possa avere: crescere emotivamente, affettivamente, sentimentalmente e progettualmente accanto a una persona (non famigliare) amata e che ci ama.
Perdere questo treno, per le attuali generazioni, significa rimanere incollati (questa volta per davvero) alle fasi emotive e affettive dell’infanzia e dell’adolescenza, significa non potersi evolvere. Con tutto quello che questa mancata evoluzione porta in ogni altra sfera esistenziale.
E sempre più spesso troviamo maschi portatori di una virilità incastonata in codici conformisti e cinici (ma aumentano in parallelo problematiche di impotenza e sterilità) e femmine costrette ad essere (falsamente) compiacenti di questo disimpegno sentimentale, sempre più infelici e sempre più ammutolite nel poter desiderare una vita di coppia.
Fidanzarsi è complicato? È difficile? È faticoso? È fonte di paure e sofferenze? Sì, senza ombra di dubbio, ma è una strada obbligata per chi voglia crescere.