Nomi arabi anche per luoghi della tradizione ebraica. Il documento – che usa sempre la terminologia araba per definire luoghi chiamati in modo diverso da musulmani e ebrei – è in sostanza una denuncia delle violazioni degli accordi internazionali compiute – ad avviso dell’organismo dell’Onu – da parte israeliana per quanto riguarda lo Status Quo storico della spianata delle moschee, ancora formalmente sotto giurisdizione giordana.
La risoluzione si sofferma soprattutto su due aspetti: il fatto che gruppi della destra ebraica sempre più spesso si rechino sulla Spianata delle moschee (e non solo al Muro del Pianto), rivendicando il diritto a pregare sul ‘Monte del Tempio’, che sorgeva in quel luogo prima di essere distrutto dai romani nel 70 dopo Cristo. L’Unesco deplora fermamente – si legge – “le continue irruzioni da parte di estremisti della destra israeliana e dell’esercito nella moschea di Al Aqsa e nell’ Haram al Sharif, e chiede a Israele, potenza occupante, di adottare misure per prevenire provocazioni che violano la santità e l’integrità” della Spianata dello moschee. Secondo punto, il documento denuncia gli scavi fatti e le infrastrutture costruite unilateralmente dalle autorità israeliane nel complesso che riguarda anche la spianata delle Moschee, e agita “il crescendo di aggressioni e di misure illegali contro la libertà di preghiera dei musulmani nei loro luoghi santi”.
In sintesi, l’Unesco chiede a Israele di accettare il rispetto pieno dello Status Quo, concordato tra lo Stato ebraico e la Giordania dopo la guerra del ’67, che però dovrebbe garantire anche agli ebrei la possibilità di visitare la Spianata, ma non di pregare, riservando questo diritto ai soli musulmani. Secondo lo Status Quo, l’esclusiva autorità sulla Moschea di Al Aqsa e sulla spianata dell’Haram al Sharif spetta al dipartimento per gli affari religiosi giordano, il Waqf. Lo Status quo – bisogna ricordare – venne di fatto messo in discussione dalla famosa passeggiata, nel settembre del 2000, di Ariel Sharon sulla spianata, che anticipava chi oggi rivendica il diritto degli ebrei a salire a pregare sul Monte del Tempio (come gli israeliani chiamano l’Haram al Sharif). Il documento dell’Unesco definisce Israele “la potenza occupante” su Gerusalemme est. Un termine corretto da un punto di vista del diritto internazionale e delle risoluzioni Onu post 1967, ma che certo è indigeribile per le autorità israeliane, come anche l’intero tono accusatorio del documento.
Presidente Ucei: “Gravissima l’astensione dell’Italia”: “E’ gravissimo che questo accada senza l’opposizione dell’Italia, la cui politica estera non può certo essere dettata dal caso, dalla superficialità o, peggio ancora, dall’opportunismo. Non ci meravigliamo allora se il domani porta con sé atti e fatti di odio e sangue”. Così la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni. “Tremila anni di storia, ebraica ma anche cristiana, cancellati con una decisione di chiaro stampo revisionistico e negazionistico. Questa risoluzione, che tratta in modo fuorviante anche l’identità di alcuni siti di Hevron e Betlemme, è un insulto all’intelligenza, alla decenza, alle battaglie che tante persone di buona volontà combattono ogni giorno per contrastare i professionisti dell’odio e della menzogna. Dando credito a questi malfattori e favorendo una vergognosa manipolazione politica che già vediamo in atto, l’Unesco si pone fuori dalla storia e scrive, con pesanti responsabilità dell’Italia e gli altri Paesi astenuti e favorevoli, una delle pagine più gravi e al tempo stesso grottesche della storia dell’Onu”.
Insopportabile è per noi, invece, sapere del perpetrarsi di cotanta violenza e distruzione. Penosa anche la reazione del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che non sa più dove arrampicarsi.