“Quello che sta accadendo a Ventimiglia è un pugno in faccia all’Europa”, ha denunciato Alfano. Anche il presidente del consiglio italiano Matteo Renzi ha criticato la chiusura della frontiera decisa da Parigi e le resistenze di alcuni paesi dell’Unione ad aderire al piano che prevede che ogni stato accolga una quota di profughi.
La Francia chiarisce la sua posizione, senza concedere nulla. Secondo il responsabile dell’interno francese Cazeneuve, prima di chiedere aiuto ai paesi vicini, il governo italiano deve aprire dei centri per identificare e registare i migranti, in modo da separare chi può chiedere asilo e ha quindi diritto di essere accolto e circolare in Europa, da chi è arrivato per motivi economici e, senza permesso di soggiorno, deve essere respinto, secondo i trattati comunitari.
Senza questa selezione a monte, ha detto Cazeneuve, non può funzionare il principio di distribuzione dei profughi tra tutti i paesi europei proposto dalla Commissione europea e sostenuto dall’Italia.
Mentre cresce l’attesa per il 25 giugno, quando i leader Ue si incontreranno per discutere dell’emergenza immigrati e approvare il piano licenziato dalla commissione Ue per distribuire fra i membri dell’Unione i 40mila arrivati in Italia e Grecia, sale la tensione al confine di Ventimiglia tra Italia e Francia. Lì infatti la polizia transalpina impedisce ai migranti di varcare la frontiera e, secondo quanto risulterebbe allo stesso sindaco di Ventimiglia, alcuni di quelli che erano riusciti nelle ultime ore ad entrare in Francia sarebbero stati riportati nel nostro Paese. Intanto fonti governative preannunciano che Matteo Renzi affronterà l’emergenza immigrazione a livello europeo nei colloqui con i capi di governo francese François Hollande e inglese David Cameron nel corso dei colloqui già previsti in occasione delle loro rispettive visite all’expo di Milano nei prossimi giorni. Per quello che riguarda una soluzione comunitaria all’emergenza, al momento il fronte contrario alle quote obbligatorie è piuttosto vasto e annovera Gran Bretagna, Irlanda, Danimarca, Paesi dell’est e baltici, Spagna e Francia. Quest’ultima, insieme alla Polonia, starebbe però cambiando idea. Prima del cruciale appuntamento, è atteso il via libera da parte dei ministri degli Esteri – il prossimo 22 giugno – alla missione per colpire i barconi in acque internazionali e libiche. In Italia intanto l’emergenza, culminata con le situazioni estreme delle stazioni Tiburtina a Roma e Centrale a Milano, ha esacerbato ulteriormente la polemica politica tra il governo e le forze che, come Lega e M5s, contestano la politica di Palazzo Chigi in materia. Nel dibattito si è inserita anche la Chiesa italiana, attraverso il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, il quale ha sottolineato che “sicurezza e legalità sono un dovere preciso di uno Stato democratico e civile, ma questo dovere non può essere chiusura e non accoglienza verso chi è disperato”.
Beppe Grillo intanto parla di un’Italia diventata “un bivacco permanente di sfollati nelle stazioni e ai confini con gli altri Stati” e chiede di modificare in fretta il regolamento Ue di Dublino che impone di ospitare il profugo nel Paese in cui viene identificato. Parlando da Milano, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha attaccato indirettamente la Lega di Matteo Salvini: “Ci sono tanti che abbaiano alla luna – ha detto – vivono sulle paure e pensano che l’unica dimensione sia chiudersi a chiave in casa. Non è così. Serve un ideale comune, non limitarsi a vivacchiare e alimentare paure. Vorrei che provassimo – ha aggiunto – a dare assieme il nome al futuro che non sia rabbia e paura, ma coraggio e speranza”. Picchia duro, dal canto suo, il Carroccio che, con il governatore del Veneto Luca Zaia, ribadisce la linea di chiusura netta sulle assegnazioni a regioni e municipi del Nord di migranti da alloggiare. In una lettera inviata ai prefetti, Zaia intima di sgomberare le strutture occupate dai migranti nelle località turistiche della regione, mentre il segretario Salvini, intervenendo in tv, ha dichiarato di voler “prendere il treno tranquillamente senza prendere la scabbia e senza quelli con il machete”.
Presso la sede della prefettura veneziana, si è tenuto il tavolo di coordinamento della gestione dell’emergenza profughi in Veneto. Oltre a Luca Zaia, erano presenti sindaci, assessori e prefetti provenienti da tutto il Veneto. A illustrare le modalità per gestire l’accoglienza dei profughi, Mario Morcone, capo del dipartimento Immigrazione del ministero dell’Interno. Per Verona erano presenti il sindaco Flavio Tosi, l’assessora ai servizi sociali Anna Leso, il comandante della polizia municipale Luigi Altamura e il prefetto vicario Iginio Olita.
Morcone ha annunciato che entro qualche settimana il Veneto dovrà dotarsi di un hub per immigrati, cioè un centro di smistamento per valutare che chi ha diritto alla protezione internazionale e chi no. Come riportato dal quotidiano L’Arena, il dirigente ministeriale ha posto il problema di dover far sorgere questo centro: “Abbiamo già una lista di 38 caserme, ma vogliamo che la soluzione sia condivisa con chi ha il governo del territorio”.
Tuttavia, il Veneto non ci sta e anche il sindaco di Verona ha manifestato il proprio dissenso: “Siamo contrari al progetto del governo di realizzare in Veneto un hub inteso come centro di smistamento con libertà di andare e venire, perché aumenterebbe il degrado e l’insicurezza. Ma cambieremmo opinione se il modello di riferimento fosse il Cie, il Centro di identificazione ed espulsione”. Il prefetto Morcone, però, ha risposto di non essere interessato alla creazione di un luogo detentivo“.