La Gallura che non ti aspetti. Percorsi alternativi fra mare e monti Itinerario interno. Da Olbia a Vignola

Un libro veramente prezioso, per chi ama la Sardegna lontana dal turismo di
massa e al di là degli stereotipi, è Viaggio in Sardegna. Undici percorsi nell’isola
che non si vede di Michela Murgia (Einaudi) in cui la scrittrice di Cabras racconta
la sua terra attraverso una serie di tematiche mai banali: Alterità, Pietra, Confine,
Indipendenza, Femminilità. Anche il cibo ha un suo preciso ruolo, come momento
conviviale; a questo proposito ricordiamo che in Gallura i piatti tipici non hanno
alcun legame con la pesca e il mare (d’altronde ciò avviene in quasi in tutta l’isola,
terra di pastori e agricoltori). Troviamo innanzitutto la zuppa gallurese, detta
zuppa cuata (o nascosta): è infatti una “zuppa” priva di parte liquida perché i vari
strati di pane carasau (o carta da musica) che si sovrappongono a strati di
pecorino di più stagionature sono bagnati dal brodo (di carni varie) e poi il tutto si
mette in forno, così l’aspetto finale è simile alle lasagne. Altre specialità sono i
chiusoni (sorta di malloreddus rustici) e i ravioli di ricotta dolci, con un po’ di
scorza di limone, che costituiscono un primo piatto, conditi con pomodoro. Magari
dopo aver gustato del pane con l’olio genuino accompagnato dal saporito
prosciutto locale e dalla ricotta (su cui si può spargere una buona composta di
frutta locale o ancora meglio l’abbattu, ovvero un decotto di miele e polline
veramente sublime); a fine pasto un bicchierino di mirto gelato è d’obbligo, ma
attenzione: il liquore è di due tipi, il bianco prodotto dalle foglie macerate, il rosso
dalle bacche (molto più profumato e saporito, comunque i gusti non si discutono).
Sulla tavola non mancheranno mai la birra (di cui i sardi sono i massimi
consumatori italiani), il filu ‘e ferru, sorta di grappa per lo più casalinga, e il vino
(sia bianco che rosso), prodotto un po’ ovunque, grazie al lavoro di eccellenti
cantine.
Lasciata la costa, si percorre l’entroterra su comode strade asfaltate che conducono
in varie direzioni, secondo le mete e gli itinerari, oppure si può utilizzare il trenino
verde, che da Palau arriva a Tempio Pausania. Un itinerario può essere quello delle
chiese cittadine o rurali, un altro può essere archeologico, un altro naturalistico,
un altro ancora museale. Qui ci limitiamo a dare alcuni suggerimenti.
A Olbia, dove i più approdano o atterranno per passare subito oltre (come del
resto a Porto Torres), la basilica di San Simplicio merita una sosta; dedicata al
protovescovo e martire, splendido esempio di stile romanico pisano, è stata
realizzata fra l’XI e il XII secolo quasi interamente in granito.

Foto 1. Olbia, basilica di San Simplicio

A Budoni, nota località turistica, è visitabile il Museo dello stazzo e della civiltà
contadina, mentre i dintorni di Arzachena offrono molteplici aree archeologiche
di notevole interesse: il nuraghe Albucciu, il villaggio la Prisgiona, la tomba dei
giganti di Coddu Ecchju, il tempietto nuragico di Malchittu, i circoli megalitici.
Oltrepassata Santa Teresa (il cui nome è un omaggio del fondatore Vittorio
Emanuele I alla moglie, la regina Maria Teresa d’Asburgo-Este) si entra nel
comune di Aglientu. Appena fuori paese, nascosta nel verde, si trova la graziosa
chiesetta campestre di San Pancrazio, realizzata in granito; la affianca la
“cumbessìa”, tradizionale porticato destinato ad accogliere viandanti e pellegrini.

Foto 2. Aglientu, chiesetta campestre di San Pancrazio

La strada 133 conduce all’ex capoluogo provinciale Tempio Pausania (foto di
copertina); poco oltre l’abitato, ecco l’imponente mole del nuraghe Majori,
circondato da un vero giardino fiorito di piante spontanee, anche rare.
Proseguendo si raggiungono i rilievi più alti della Gallura con il monte Limbara
(1362 metri), preceduto da bellissime sugherete che in primavera si adornano di
asfodeli rosati.
A Calangianus non poteva mancare il Museo del sughero, la cui lavorazione è
ancora di primaria importanza economica.

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Foto 3. Calangianus, maschere locali

Nei pressi di Luras un vero prodigio della natura, che lascia senza fiato: gli
olivastri più vecchi d’Europa, fra gli alberi più antichi del mondo. In particolare
uno, immenso, detto “il Patriarca”, è datato fra i 3800 e i 4200 anni di età, ed è
ben vivo; il suo tronco è abbracciato a fatica da 12-13 persone e la sua chioma
forma una cupola di foglie impenetrabile, di circa 600 mq. Un’oasi di pace, a poca
distanza dal lago Liscia, su cui si naviga con un battello con ruota a pala come sul
Mississippi.
A Luras si trova un museo di grande interesse: il Museo etnografico Galluras che
consiste nella ricostruzione di una abitazione tradizionale, dal 1600 alla metà del
1900; il pezzo più pregiato è il martello in legno della “femina agabbadòra” usato
un tempo per praticare l’eutanasia (di cui narra Michela Murgia nel suo romanzo
Accabadora).


Foto 4. Luras, l’olivastro millenario (il Patriarca)

Una località non lontana, Aggius, ospita sia il Museo del banditismo sia il Museo
etnografico Oliva Carta, veramente affascinante, in cui predominano le attività
tradizionali femminili, in primo luogo la tessitura, a cui si dedicava con maestria
Oliva, madre del generoso donatore degli edifici e di molti arredi. Nelle vicinanze
del paese merita una sosta la cosiddetta valle della Luna (o piana dei grandi sassi),
un’ampia spianata punteggiata dalle forme irregolari e curiose di migliaia di massi,
grandi e piccoli.

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Foto 5. Aggius, la valle della Luna

A Pasqua, nelle feste patronali, in particolari momenti di vita comunitaria
(fidanzamenti, matrimoni, eventi stagionali) e poi in primavera ed estate sono
molte le occasioni in cui si festeggia con balli e canti o si riprendono gli antichi
rituali della cosiddetta “civiltà degli stazzi”, come la trebbiatura (s’agliola), la
tosatura delle pecore, la panificazione, l’utilizzo del maestoso carro a buoi,
testimonianza di tradizioni ancora oggi vissute e sentite, da condividere con chi
viaggia in maniera responsabile e consapevole.


Foto 6. La torre di Vignola