Otto marzo in musica

Per celebrare al meglio l’annuale giornata delle donne vi segnaliamo alcuni eventi nella capitale e nel capoluogo lombardo che riteniamo interessanti.

Iniziamo con Roma. Se siete degli amanti del romanticismo, al Teatro Tor Bella Monaca c’è Vorria Madonna, una serata dedicata alle serenate e ai canti d’amore, in cui brani di Paisello, Caldara, Rossini e Giuliani vengono presentati da Nando Citarella e dalla voce di Valeria Tersetti. Chi invece predilige la musica può venire al Mons, in via della Fossa 16 (in pieno centro, vicino Piazza Navona) per Female Songwriters Night – La notte delle cantautrici, in cui si esibiranno tre nomi del cantautorato emergente come Renza Castelli, Charlotte Cardinale e Giulia Pratelli. Molti si ricorderanno quest’ultima per la sua partecipazione al tour di Marco Masini “la mia storia piano e voce”, in cui è stata un’ospite fissa. Tutte e tre suoneranno brani unicamente per voce e chitarra. Degno di nota è anche il ritorno di Femminarium, uno spettacolo unico, riproposto in una versione speciale per l’8 marzo: traendo ispirazione dal bestiario medievale, unisce musica, danza e teatro. Le musiche originali di Umberto Papadia saranno accompagnate dalle narrazioni di Martina Barboni, Lisa Recchia e Giorgia Valeri (autrice anche delle coreografie). L’evento premiato come Miglior Testo al  Testaccio Comic Off 2016 e che ha passato la selezione del Milano OFF2017 si svolgerà al 931 Club in Via Passo Corese 11, in zona Arco di Travertino.

Uno dei più interessanti eventi al femminile è senza dubbio Female in March, che avrà però luogo sabato 9: giunto alla decima edizione, riunisce ben 50 artiste tra musica, design, arte e fotografia. La location è il Lanificio 159, in Via Pietralata 159/A. Inizierà per le 19:00, al suo termine ci sarà un party che coinvolgerà ben 20 artiste romane tra electro, house, techno, rock, funk ed elettronica.

Per quel che riguarda Milano, vi segnaliamo il concerto delle Cameriste ambrosiane al Belvedere Jannacci di Palazzo Pirelli, organizzato dal Consiglio regionale della Lombardia. Si tratta di un complesso di musiciste che può arrivare fino a 15 elementi, tutte con strumenti ad arco. In occasione della giornata della donna, il repertorio che presenteranno sarà incentrato sulla riscoperta delle compositrici per il cinema. Al Forum di Assago suonerà Giorgia: la celebre cantante romana torna a calcare i palchi italiani per un tour che toccherà Roma, Milano e Padova. La data dell’8 sarà una delle due nel territorio milanese, la scaletta conterrà diversi brani tratti dal suo ultimo disco “Oronero”. Segnaliamo anche l’esibizione delle Sorelle Marinetti al Teatro Leonardo da Vinci in Via Ampere, 1. Con il Trio Lescano ispiratore – che ricordiamo essere stato il primo gruppo vocale femminile in Italia a proporre il canto armonizzato – da un lato rappresentano lo stile di vita di “signorine per bene” degli anni Trenta, dall’altro conferiscono spessore a un genere e allontanano pericolosi luoghi comuni sul travestitismo. Se invece avete voglia di ballare al 55Milano di Via Piero della Francesca c’è l’International Women’s day, con selezioni musicali a cura dei dj del locale.

 

 




Un’analisi sociologica: le musiciste nella storia e nella lotta per i diritti sociali

In Occidente, fin dal Medioevo, furono numerose le compositrici attive nella creazione musicale, nella vita sociale e politica, ma l’Enciclopedismo Universale del ‘700 e la specializzazione delle diverse discipline cancellarono del tutto la loro esistenza e di conseguenza nei manuali di storia della musica.

Oggi è possibile rintracciare e definire anche un numero approssimativo della loro presenza: nel New Grove of Music se ne contano 900, la Fondazione “Donne e Musica” registra 27.000 presenze tra compositrici, interpreti, pedagoghe, musicologhe presenti in 108 paesi e 84 associazioni. Presenze dimenticate nei conservatori e nella storia della musica, nel sapere formalizzato e istituzionalizzato.

Centrale e sicuramente sorprendente è il fatto che molte compositrici furono riconosciute e ammirate in vita dai loro contemporanei  –  editori, circoli intellettuali, comunità scientifiche, personaggi istituzionali  –  i loro nomi sono continuamente presenti nelle recensioni, nella fitta rete degli scambi epistolari con i maggiori intellettuali e artisti del tempo.

Gli spazi di affermazione pubblica si chiudono paradossalmente quando i processi di democratizzazione del sapere – l’illuminismo e l’enciclopedismo del ‘700, l’istituzionalizzazione delle diverse discipline, la scolarizzazione di massa – impediscono gli accessi all’alta formazione delle donne, per evitare che divenisse prassi consolidata e generalizzata l’esempio di un’artista autonoma, creativa, geniale. Tutt’oggi le musiciste sono oggetto di censura, pregiudizi e stereotipi ghettizzanti e marginalizzanti, tanto da stigmatizzarle in una tripla devianza: quella di essere donne ribelli ai costumi dell’epoca, di esercitare un’arte ancora oggi considerata marginale rispetto ad altre espressioni artistiche, quella di essere artiste e dunque per tradizione individui devianti, o stravaganti nel migliore dei casi.

Una, tra le storie di vita delle compositrici, che più di altre emerge a fine ‘800, nella lotta per i diritti civili e politici, è quella di Ethel Mary Smyth, (Londra 1858- 1944 – foto di copertina),Ethel Mary Smyth, (Londra 1858- 1944) si impegnò attivamente nella lotta per i diritti civili e politici delle donne, compose la famosa “March of the women”; riscuotendo un tale successo: per anni fu suonata per le strade inglesi. Scrittrice e saggista, fu proclamata Dama dell’Impero Britannico e le sue pubblicazioni furono diffuse e vendute anche in America e in Germania. Purtroppo, ad oggi le sue musiche sono state dimenticate, non solo non é citata nei manuali di storia della musica, ma anche la sua famosa “Marcia per le suffragette” resta tutt’oggi anonima anche nei titoli di coda dei film in cui viene utilizzata.Scrisse Smyth: “Ciò che mi sta davvero a cuore è quanto accade nel campo della musica. Durante la guerra divenne impossibile proseguire senza introdurre donne nelle orchestre e, detto spassionatamente, poche cose mi impressionarono maggiormente del nuovo suono ottenuto, più brillante e caldo. Si percepiva uno spirito nuovo e fresco – senza dubbio il risultato, almeno in parte, di una rivalsa di ‘genere’, nel miglior senso del termine. (…) L’atteggiamento degli Inglesi verso le donne nei vari settori artistici è ridicolo e incivile. Non c’è sesso nell’arte. Come si suona il violino, come si dipinge o si compone è ciò che veramente conta. Nei paesi in cui l’istinto estetico è grande, e coltivato – in Francia, per esempio – il giudizio è pulito e oggettivo, e una donna che pratichi un’arte è semplicemente un’artista fra gli artisti. Qui in Inghilterra, dove l’istinto langue, e non viene educato, il primo e l’ultimo giudizio sulla sua opera provengono dal sesso […]”[1].

Pierre Bourdieu, ispirato da Virginia Woolf, svelò pienamente i meccanismi dell’ordine stabilito dal potere maschile: il rapporto di dominio, il modo in cui viene imposto e subìto è l’esempio per eccellenza di sottomissione paradossale alla violenza simbolica, invisibile alle stesse vittime, e che si esercita attraverso l’uso della comunicazione e della conoscenza, in cui la doxa è doppiamente paradossale quando smonta la trasformazione della storia e dei costumi culturali in qualcosa di naturale.[2]

La giustizia sociale deve essere dunque ridefinita, re-immaginata e condivisa, utilizzando nuove narrazioni, ricostruendo universi simbolici.

Se la storia delle compositrici non entrerà a pieno diritto nei programmi di studio dei Conservatori, nei libri di storia, non si farà altro che confermare un ordine naturale dominato da una costruzione storica oramai inverosimile.

Per rispondere a questo vuoto istituzionale, è in corso di stampa il primo volume di una collana editoriale “Voci di Musiciste”, (a cura di Luca Aversano, Milena Gammaitoni, Orietta Caianiello, Angela Annese), per le Edizioni Italiane di Musicologia; ci aspetta un grande lavoro di formazione e di divulgazione nel quale impegnarci e coinvolgere le nuove generazioni a partire dal linguaggio[3]: in Wikipedia, l’enciclopedia più consultata nel web, e principalmente dai giovani, le compositrici rispondono alla definizione: “Compositori donne”. A chi verrebbe mai in mente di cercare la storia delle musiciste scrivendo la parola chiave al maschile?

 

 

[1] E. Smyth, Streaks of life (trad. Stralci di vita, secondo dei volumi dell’autobiografia di E. Smyth a cura di Orietta Caianiello), London, Longmans, Green, 1921, pp. 237-240.

[2] Pierre Bourdieu, Il dominio maschile, Feltrinelli, Milano, 1998,  p. 22.

[3] La Presidente della Camera dei Deputati, On. Laura Boldrini, dall’inizio del suo mandato ha promosso il bisogno di declinare la lingua italiana al femminile in ogni ambito della vita pubblica e privata; l’Associazione Toponomastica femminile sta collaborando attivamente con Wikipedia per un cambiamento radicale del linguaggio.




BURKINA FASO – Con Beacon Waves, Bruna Montorsi, una donna con la musica nel cuore

Ogni radio ha i propri artisti, “Beacon waves” ha la fortuna di avere “Le cence allegre”. Bruna Montorsi è nata a Castelnuovo Rangone con la passione per il canto. Nel 2005,con la supervisione di Antonella Talamonti, ha fondato un gruppo femminile di canto sociale, il coro “Le cence allegre”. Bruna  è un’insegnante modenese in pensione dal 2015, che ha scelto di andare in Burkina Faso per dedicarsi ad alcuni progetti educativi, tra cui un progetto sperimentale di lettura e scrittura per bambini di prima e seconda elementare. Dialogano con lei le ragazze e i ragazzi della 3A AFM.

D – Cos’è per Lei la musica? Cosa l’ha portata a cantare? Da dove deriva la sua passione per la musica? Ha sempre sognato di fare la cantante? Da quanti anni canta? Per Lei cantare è un hobby o un lavoro?

R- Ho sempre cantato, sin da piccola, quando in colonia cercavano dei bambini per cantare al microfono. E in chiesa, imparando i canti a più voci da mia madre. Poi da adolescente in un gruppo beat, poi da adulta nel Collettivo Gianni Bosio, anni 70-80, dove facevamo riproposta di canti popolari. Qui ho conosciuto la ricerca etno-musicologica dell’Istituto Ernesto de Martino e molte delle figure che vi hanno preso parte, Giovanna Marini in testa. Dopo gli anni 90 mi sono dedicata alle musiche dei popoli, studiando i ritmi e i canti tradizionali della cultura africana, afro-cubana e afro-brasiliana. Non è mai stato un lavoro, sempre una passione.

D – Quanto tempo dedica alla sua passione? Coltiva altre passioni oltre alla musica?

R- Una sera alla settimana per le prove. Molte ore a domicilio per ricerca, ascolto e produzione di testi. Altre passioni? Molte… L’insegnamento, la montagna, l’arte, la letteratura, la cooperazione internazionale.

D – L’arte del canto la si ha dalla nascita o la si acquista con il tempo? Secondo Lei, qualsiasi persona può diventare cantante con allenamento?

R- Penso che esista una componente ereditaria (entrambi i miei genitori cantavano benissimo), ma è importante avere occasioni di esercitare questa competenza fin dalla prima infanzia. Necessario lo studio e l’allenamento, soprattutto per gli aspetti armonici.

D – Oggi è difficile diventare e svolgere il mestiere di cantante?

R- Non conosco gli ambienti del professionismo…

D – Perché si è interessata e ha aderito a “Beacon Waves”? Cosa si aspetta da questo progetto?

R –  Ho trovato interessante la scelta del canale radio per comunicare, soprattutto da parte di voi giovani, tempestati come siete dai mezzi multimediali. Amo la radio, molto più della TV.

D – Cosa sono le Cence?

R – Molto in sintesi: un gruppo di amiche che condividono anche la passione per il canto popolare, e cercano di trasmetterne forme e contenuti.

D – Cosa trasmettono a Lei i canti femminili?

R- Forza, ribellione, resilienza, opposizione al potere.

D – Chi è il suo cantautore preferito?

R – Fabrizio de André

D – Perché ha deciso di entrare in un gruppo?  Come è nato questo gruppo musicale? Quando?

R- Ho fondato questo gruppo nel 2005, quando stava scemando l’energia di Ritmondo, il gruppo di riproposta delle musiche dei popoli.

D – Chi compone le musiche e chi scrive le parole?

R- Il nostro repertorio è prevalentemente di riproposta di canti di tradizione orale. Per i canti di nostra produzione utilizziamo esclusivamente musiche già facenti parte del repertorio di tradizione orale, spesso moduli da cantastorie. Molti testi sono miei, ma c’è sempre il contributo del gruppo. Il senso di questa operazione è quello di riattualizzare forme espressive del passato per raccontare il presente.

D – E’ difficile lavorare insieme? Quanto vi esercitate? Dove vi esibite?

R- E’ difficile, sì, ma a volte anche molto divertente, è un modo per stare insieme, condividendo idee e valori. Ci esibiamo in diverse rassegne un po’ di “nicchia”, spesso fuori Modena, ma capita anche che ci chiamino a cantare in piazza o in piccoli teatri in occasioni dedicate alle donne e alla loro storia. Anche in occasione del 25 aprile ci chiamano spesso a cantare…

D – Le sue canzoni sono tutte di protesta? A chi sono rivolte?

R- No, sono espressione dei sentimenti del popolo, quindi anche di festa, d’amore…

D – Qual è il motivo per il quale avete scelto dei temi forti come l’emigrazione, la Resistenza?

R- Il tema della Resistenza ci è molto caro, tante persone che hanno dato la loro vita per la nostra libertà ci continuano a commuovere… E il tema dell’emigrazione, la lotta per il riconoscimento della dignità di persone che hanno il solo torto di essere nate (non certo per scelta) nella parte più sfortunata del mondo, è ancora una lotta di resistenza.

D – Da chi è stata trasmessa la maggior parte di questi canti?

R- Alcuni canti del repertorio contadino locale ci sono stati trasmessi in famiglia, dalle nostre nonne; la maggior parte dei canti del nostro repertorio sono frutto di ricerche etno-musicologiche.

D – In che scuola ha studiato? In quale ramo si è specializzata?

R- Ho studiato pedagogia, sono specializzata alla scuola ortofrenica (per l’insegnamento agli alunni handicappati) e diplomata in counsellor scolastico. Ho conseguito un attestato per la didattica della musica e ho fatto parte per 20 anni della SIEM (società italiana educazione musicale)

D – Perché ha scelto di far studiare questi canti ai ragazzi?

R- Credo che lo studio della storia non possa prescindere dalla visione delle classi subalterne, che non trovano mai spazio nei libri di storia.

D – Qual è il suo rapporto con i giovani? Cosa vorrebbe trasmettere loro? Che emozioni vuole suscitare nei giovani attraverso il suo coro?

R- Ho un bellissimo rapporto coi giovani, che frequento soprattutto all’interno delle attività di cooperazione internazionale. Attraverso l’attività del coro cerchiamo di trasmettere alcuni valori di democrazia e giustizia sociale, con un linguaggio rivisitato ma portatore di canoni estetici delle culture subalterne.

D – Quale linguaggio bisognerebbe utilizzare per rivolgersi al meglio alle nuove generazioni?

R- Si dovrebbe trovare un linguaggio che, pur rispettando gli stilemi tipici del canto di tradizione orale, riuscisse ad arrivare ai giovani. Ma le operazioni di contaminazione tra stili e generi è assai complicata, e spesso detrae forza anziché aggiungere. Inoltre, purtroppo, l’elemento ritmico tipico delle culture del sud (es. pizzica, tarantella…), è praticamente assente nella musica di tradizione orale del nord-Italia. Questo rende difficile arrivare alle nuove generazioni. Su questo nodo stiamo molto riflettendo e studiando, con l’aiuto di esperti in materia.

D – Cosa pensa della musica odierna?

R- Dopo il Rock anni 70-80, ivi compreso il combat-rock, non ci sono stati a mio avviso grandi novità interessanti… Molto interessante il lavoro della Real World coordinato da Peter Gabriel.

D – Preferisce la musica di oggi o quella di un tempo? Quali differenze nota? Come immagina la musica del futuro?

R- Mi interessano le forme musicali più autentiche, anche se di nicchia, in particolare mi interessa molto la musica etnica di ogni parte del mondo. La musica del futuro? Purtroppo prevarranno i generi più consumistici, ma credo sia in atto una nuova epoca di riscoperta di linguaggi, lontani nel tempo e nello spazio.

D – Ascolta spesso la radio?

R- Sempre, in Italia sono perennemente sintonizzata su RAI Radio 3. Ma anche qui in Burkina (dove vivo 6 mesi all’anno) ho una radiolina che ascolto, quando c’è sintonia…

D – Quali generi musicali vorrebbe ascoltare dalla nostra radio?

R- Musica d’autore, musica contemporanea (Nono, Berio, Ligeti…), musica etnica, musica sperimentale

D – Suona qualche strumento?

R- Strimpello chitarra e flauto, a scopo didattico. Ho studiato molti anni le percussioni del mondo, in particolare Africa, Cuba, Brasile.

D – Ha mai vinto dei premi per la sua musica?

R- No!

D – Perché ha scritto sull’eccidio di Modena? Perché sono usate musiche e strutture di canti popolari? Perché ha deciso di scrivere alcune canzoni in dialetto modenese?

R- Le canzoni in dialetto modenese sono tutte di tradizione orale. Ho scritto l’eccidio di Modena per raccontare un fatto perlopiù sconosciuto, su una vicenda che ancora oggi presenta molte ombre. Ho utilizzato un modulo da cantastorie, molto adatto alla narrazione di fatti precisi.

D – Qual è la traduzione della canzone intitolata Mariuleina?

R- Si tratta di un canto un po’malizioso che parla di relazioni amorose…

D – Avete mai scritto e poi cantato canzoni in lingua straniera?

R- No, ma abbiamo alcuni canti di lotta internazionali nel nostro repertorio, in lingue diverse.

D – Per lei la musica internazionale è più bella di quella italiana?

R- Se parliamo di musica leggera ammetto la mia esterofilia…

D – Cosa è per Lei la questione femminile?

R- E’ la storia di una consapevolezza raggiunta con sofferenza e fatica, pagata con prezzi altissimi. Il fenomeno del femminicidio è uno di questi prezzi. E’ una storia da conoscere e da ripensare, possibilmente assieme al genere maschile. Se la discriminazione di genere non conosce latitudine né longitudine, c’è molto, molto da fare…

D – Quanti album ha inciso? Dietro le canzoni c’è sempre una realtà o sono il frutto della vostra fantasia? Si ispira a un cantante?

R- Veramente abbiamo inciso un solo album, che però non abbiamo mai prodotto, per varie ragioni. Le canzoni che scriviamo sono sempre racconti di storie vere e parlano di problemi attuali. La mia maestra (e amica), che mi ha insegnato molto sul canto popolare, la riproposta e la rifunzionalizzazione, è Giovanna Marini.

D – Qual è stata la canzone che ha avuto più successo?  Qual è la canzone a cui è più legata?

R- Tra quelle che ho scritto sono molto legata a “Il tragico naufragio del 18 aprile 2015”

D – Che messaggio vuole tramandare alle persone che ascoltano le sue canzoni?

R- Tento di raccontare la storia delle classi subalterne. Tento di ricreare un collegamento con le nostre radici attraverso la memoria. E di parlare dei temi più attuali che mi stanno a cuore, utilizzando un linguaggio musicale che rivisita ma rispetta gli stilemi del canto di tradizione orale.

D – Quale sarà la sua prossima tappa? E quando?

R- Per ora si continua a studiare. A febbraio avremo uno stage sul cantastorie, proprio sul tema delle donne, nella storia e nell’attualità.




ITALIA – Un Jingle per “Beacon Waves”. A sorprendere il Liceo di Roberta Pinelli

MODENA – Sarà il Liceo musicale Carlo Sigonio a comporre il jingle per Beacon Waves, un progetto coinvolgente in continua espansione. Il gruppo di improvvisazione guidato dal professor Ivan Valentini è già al lavoro e ha promesso di sorprendere. La collaborazione con il Liceo musicale  condurrà gli ascoltatori alla scoperta di nuovi itinerari storici nel territorio modenese. L’intervista, della 3A AFM dell’Ites Barozzi, alla preside Roberta Pinelli, storica e toponomasta.

D – Perché ha deciso di collaborare al progetto Beacon waves?

Perché credo che sia un progetto valido per avvicinare in modo consapevole gli studenti all’uso dei mass media.

D – Ha scelto una canzone da abbinare al progetto?

Il gruppo di improvvisazione del Liceo Musicale sta componendo il jingle per la radio.

D – Perché ha deciso di far parte dell’associazione Toponomastica femminile? Di cosa si occupa l’associazione Toponomastica?

L’associazione Toponomastica Femminile si occupa della condizione delle donne nel mondo di oggi, condizione che giudico ancora troppo discirminante. Questo è il motivo per cui ho aderito all’associazione.

D – Perché ha deciso di intraprendere la carriera di dirigente scolastica? Esercita altre professioni? Prima di fare la preside ha fatto qualche lavoro? Da quanti anni è preside? Preferirebbe insegnare ai ragazzi? Perché si, perché no?

20 anni fa ho deciso di tentare il concorso da Dirigente perché avevo in testa un’idea di scuola e volevo provare ad attuarla. Ho superato il concorso al primo tentativo e da allora sono Dirigente, prima in un Istituto Comprensivo in provincia di Reggio E., poi per 5 anni a Vignola in un Istituto Tecnico e infine, dal 2003, al liceo Sigonio. Ho iniziato la carriera come maestra e ho insegnato nella scuola primaria per 13 anni; sono poi passata alle superiori come docente di lettere (8 anni) e infine sono diventata Dirigente. L’insegnamento mi piaceva molto, soprattutto quello di Storia, ma non mi manca perché comunque il contatto con gli studenti per me non è mai venuto meno.

D – È difficile coordinare la scuola? Quali problemi riscontra nella direzione generale della scuola? Cosa pensa del sistema scolastico italiano? Come pensa che possa migliorare?

Dirigente una scuola è come dirigere qualunque altra organizzazione; è faticoso perché mancano i soldi, mancano le norme (oppure ci sono e sono poco chiare), non puoi scegliere i docenti né licenziare quelli che non funzionano, ci scontriamo continuamente con un sistema scolastico rigido e con una struttura organizzativa vecchia, che non è più adatta ai ragazzi di oggi.

D – Ha passioni particolari?

Mi piace moltissimo leggere: leggo in media 10 libri al mese ; compro molti libri ma frequento anche le biblioteche modenesi, che funzionano benissimo e sono abbastanza aggiornate.

D – Sappiamo che ha scritto dei libri, di cosa parlano?

Ho pubblicato quasi esclusivamente libri di ricerca storica, tranne uno, che si occupa dei nomi di persona

D – Suona qualche strumento?

Ho studiato Pianoforte per 4 anni (ai miei tempi per le maestre era obbligatorio) ma non ho mai imparato bene, per cui adesso non riesco più a suonare. In compenso ho sempre cantato come mezzo soprano e poi come contralto, nel coro della Cappella Musicale del Duomo di Modena, poi in una mia band e infine, fino al 2013, in un coro di canto popolare, diretto dalla maestra Bruna Montorsi.

D – Come è nata la sua passione per la musica? Che emozioni Le trasmette? Che generi musicali le piace di più ascoltare?

La mia passione per la musica non è nata in età precoce ma piuttosto tardi. Oggi la musica ha per me un’importanza vitale, non posso non ascoltare musica a qualunque ora del giorno e della notte. Non ho preferenze particolari, la musica mi piace tutta, da quella classica al pop. L’unico genere che non riesco tanto ad apprezzare è il jazz.

D – Musicisti o cantanti che secondo lei hanno rivoluzionato il mondo della musica.

Non sono un’esperta, ma direi che quelli che hanno cambiato di più la musica siano stati i Beatles, i Rolling Stones, David Bowie, Sting, gli U2, Bruce Springsteen. In Italia i cambiamenti più significativi sono stati apportati dai cantautori.

D – Ascolta la radio? Le piace? Quale stazione radiofonica ascolta di più?

Non ho tanto tempo per ascoltare la radio. Di solito la ascolto in auto, limitandomi ai giornali radio e a poco altro. Ascolto quasi esclusivamente Radio 3

D – Secondo lei, con le generazioni future, il trattamento delle donne varierà o rimarrà come oggi?

Posso e debbo sperare che le cose per le donne cambino in meglio, nel senso di una maggiore equità, ma dipende da come educheremo i maschi.




ITALIA – “Beacon waves”: la radio si fa a scuola, tra lavoro e passione. Gli studenti intervistano la giornalista-docente Angela Milella

MODENA – “La radio e la musica fanno parte della mia storia sin dalla nascita”, così la giornalista-docente dell’Ites Jacopo Barozzi, Angela Alessandra Milella,  racconta di “Beacon waves”, nuovo progetto radiofonico da lei ideato, che servirà a potenziare le competenze degli studenti nella cultura musicale, nel cinema e nei media. Questa è l’intervista rilasciata agli studenti della 3AAFM.

D – Il progetto approvato che finalità ha? Ha mai fatto una radio sul web?

R – Il progetto serve a potenziare le competenze degli studenti nella pratica e nella cultura musicale, nel cinema, nelle tecniche e nei media di produzione e diffusione delle immagini e dei suoni anche mediante il coinvolgimento degli altri istituti pubblici e privati operanti in tali settori. Ho collaborato con alcune radio in passato, web e non.

D – Come è nata questa idea? In cosa consiste e qual è l’obiettivo? E’ stata aiutata da qualcuno in questo progetto? Durante la realizzazione si è avvalsa di qualche collaboratore? Da dove ha tratto ispirazione? Chi ha aderito e partecipato con lei a questo progetto?

R – E’ nata in Veneto nella primavera del 2016, quando, gironzolando tra Mestre, Padova, Venezia e Verona, sperimentavo la didattica dei media con un altro progetto e studiavo per mettere a punto altri strumenti. Nella ideazione, nella predisposizione dei metodi, delle strategie e degli obiettivi non mi ha aiutato nessuno. Per la realizzazione mi servirà l’aiuto di molte persone. Il titolo e il brand sono modenesi, per idearli mi sono ispirata alla città, alla Ghirlandina, ero in Piazza Grande quando ho sentito tornare nella mente la parola waves, radio waves, che ho voluto legare al termine beacon: “Onde dal radiofaro”. Amo molto la musica non solo il giornalismo e la letteratura. Ho subito lanciato l’idea. E’ piaciuta alla preside Roberta Pinelli del Liceo musicale Sigonio e alla professoressa Antonella Battilani del Liceo artistico Venturi. Il progetto si rivolgerà a tutte le scuole modenesi.

D – Cosa potrebbero imparare i ragazzi da questo progetto?

R – Sono previsti obiettivi specifici di apprendimento da raggiungere, ma impareranno anche a far parte di una redazione radiofonica, a utilizzare programmi e supporti informatici ed elettronici, a conoscere un’impresa radiofonica.

D – Oltre a essere un’ insegnante ha altre professioni?

R – Sono giornalista, scrittrice e regista.

D – Riesce sempre a gestire due lavori contemporaneamente?

R – Sì, anche più di due, sono sempre stata una donna molto impegnata.

D – Quando si è laureata e quando è iniziata la sua passione per la letteratura? Quale argomento della letteratura le piace di più?

R – Mi sono laureata con anticipo e brillantemente nel 2004. Ho sempre letto molto e scritto bene. Mio nonno mi ha trasmesso la passione per la lettura, per i libri, i giornali e il telegiornale. Le mie zie mi hanno insegnato a leggere e a scrivere, tra i tre e i quattro anni. Mi piace molto il Verismo.

D – Le piace di più la letteratura o la storia?

R – La storia.

D – Che scuola superiore ha frequentato?

R – Il liceo scientifico

D – Perché ha deciso di fare per professione la professoressa?

Lavoro solo per chi mi paga. Nonostante la crisi mi hanno dato da subito 1.200 euro netti.

D – A che età ha iniziato a lavorare? Dove ha lavorato? Ha mai viaggiato all’estero per lavoro?

R – Per me lo studio è stato un grande lavoro, non ho perso tempo e ho conseguito il massimo dei voti a ogni livello. Avevo 25 anni quando ho iniziato a insegnare e a scrivere per i giornali. Ho lavorato sempre nella scuola statale. Ho partecipato al progetto Erasmus in Belgio e sono stata in Grecia per uno stage in un’impresa turistica.

D – Perché si è appassionata al giornalismo? Ha mai scritto per giornali o magazine?

R – La mia maestra elementare è stata la moglie di un noto giornalista barese. A sette anni leggevo i quotidiani che mio nonno acquistava, seguivo il dibattito in Tv, fumavo e bevevo il caffè. Mi sono iscritta all’Ordine dei giornalisti, non ho più tempo per stare con i miei nonni, non fumo e raramente compro caffè.

D – Ha vinto premi per il suo lavoro?

R – Sì, qualche borsa di studio, una medaglia dal Presidente della Repubblica per l’organizzazione di un premio letterario, il premio internazionale “Tra le parole e l’infinito” per ”Precarious”, il primo premio nazionale in comunicazione per un progetto didattico finanziato da “Bando alle ciance” del Comune di Sommacampagna (Vr).

D – Quando era una studentessa ha mai pensato di fare la professoressa e anche la giornalista?

R – Sì, l’ho dichiarato alla Gazzetta del Mezzogiorno. La mia foto è al centro, in alto, nella pagina che riporta i volti dei diplomati con il massimo dei voti.

Quando lo dissi di fronte alla Commissione degli Esami di Stato, tutti mi risposero che sarebbe stato molto difficile. Oggi posso dire di aver vinto una battaglia.

D – Quanto ha studiato per diventare professoressa?

R – Una vita intera. Più intensamente all’Università e per prepararmi al concorso dato che non avevo raccomandazioni.

D – Dopo la laurea, quanto è stato difficile entrare nel mondo del lavoro?

R – Tanto, non avrei scommesso. Otto anni di precariato con spese notevoli per la formazione continua.

D – Ha dovuto spostarsi dal suo paese di nascita per inseguire i suoi sogni da giornalista e da professoressa?

R – Sì, nella mia città ho lavorato solo per un anno scolastico. Ho lavorato 5 anni in provincia di Foggia, 2 in quella di Bari, 2 in quella di Verona e adesso a Modena, come racconto in “Precarious: quello che della scuola non si dice”.

D – Qual è stato il suo primo articolo di giornale? Su che giornale è stato pubblicato?

R – Ho iniziato stando in redazione, dai taccuini di cultura e spettacolo, e dalla cronaca amministrativa. Dopo ho iniziato a seguire eventi e personaggi da inviata e da corrispondente. Il primo articolo l’ho scritto su “Calici di stelle” un evento enogastronomico pugliese. Sono tornata in redazione con una bottiglia di buon vino! Ho iniziato a scrivere per il Quotidiano Puglia di Mario e Rossana Gismondi.

D – Sappiamo che ha scritto un libro, ce ne può parlare? Perché l’ha voluto scrivere? Che messaggio voleva trasmettere ai lettori? Da cosa ha preso spunto? Avremo occasione di leggere un altro suo libro?

R – Ho descritto la scuola e i docenti italiani. E’ un libro di denuncia. Volevo e tuttora desidero migliorarla. Ho raccontato la mia esperienza. Nella penna ho una nuova storia da raccontare. Spero di farlo al più presto.

D – Qual è la cosa più affascinante nel giornalismo?

R – La ricerca della notizia, l’indagine, l’inchiesta. Il giornalismo ti permette di cercare e ascoltare gli altri, di osservare e descrivere la realtà, di raccontarla, di orientare l’opinione degli altri e suscitare reazioni, di far conoscere i fatti che vorrebbero tenere nascosti. I giornalisti consegnano il presente alla storia.

D – Le piace insegnare ai ragazzi?

R – Soprattutto a quelli educati, sensibili e intelligenti, che hanno voglia di imparare, di ascoltare, di studiare con e per gli altri, che sono curiosi. Ho scelto di insegnare nella scuola secondaria di secondo grado perché la scelta dell’indirizzo di studi non è obbligatoria e per questo motivo c’è o meglio ci dovrebbe essere, se le attività di orientamento funzionassero, più consapevolezza e motivazione.

D – Cosa La motiva a introdurre i giovani nel mondo giornalistico? Cosa L’ha motivata nella realizzazione del progetto “Beacon waves”? Che soddisfazione Le dà?

R – Il desiderio di un mondo più vero e migliore. La radio e la musica fanno parte della mia storia sin dalla nascita, come la scuola. Il testimone di nozze dei miei genitori era un dirigente scolastico. Pertanto questo progetto mi dà una grande soddisfazione.

D – Da quanti anni insegna?

R – Insegno da 11 anni.

D – In quali scuole ha insegnato?

R – In scuole di frontiera, Istituti di istruzione superiore ai margini della provincia.

D – Se avesse scelto un’altra strada quale sarebbe stata?

R – La ricerca scientifica.

D – In futuro Le piacerebbe continuare a fare questo lavoro o le piacerebbe fare altro? Ha altri progetti?

R – Ho dei conti in sospeso…




ITALIA – Scandalosa e seducente,Tamara de Lempicka a Palazzo Forti di Verona

Viaggiatrice, misteriosa, eccentrica,  Tamara resterà a Verona fino al 31 gennaio 2016.

Sei le sezioni tematiche della mostra monografica dedicata alla musa, diva e grande artista dell’ Art Decò; 200 le opere in esposizione. Da “I mondi di Tamara de Lempicka”, un’esplorazione attraverso tutte le case in cui ha vissuto tra il 1916 e il 1980, tra l’anno del suo matrimonio a San Pietroburgo e l’anno della morte a Cuernavaca, fino a “Le visioni amorose”, che racconta attraverso eccezionali nudi la delicata attenzione riservata a uomini e donne da lei amati. Per finire con la sezione “Scandalosa Tamara”, dove si affronta il tema della coppia: da quella eterosessuale ripresa dal Bacio di Hayez, alle coppie saffiche. Quasi un corollario della mostra, la sezione “Dandy déco” è una “mostra nella mostra”: un’inedita sfilata di abiti calzature e accessori dei decenni Venti e Trenta, scelti rispecchiando i gusti della Lempicka. Per finire, a Verona ha preso corpo anche una inedita sezione che si può definire virtuale: “Seduzione in Musica”. A Palazzo Forti, sede dell’Arena Museo Opera, l’opera di Tamara è letta attraverso la musica: in ogni sala della mostra echeggiano brani e musiche dei tempi e dei luoghi della Lempicka.

La pop-star Madonna – affascinata dalla biografia della pittrice – è divenuta una delle principali collezioniste delle opere di Tamara de Lempicka e ha prestato i quadri della pittrice da lei in possesso a musei e per l’organizzazione di eventi. Questo ha contribuito nei recenti anni alla riscoperta (almeno mediatica) e alla rivalutazione della Lempicka.

Madonna ha presentato le opere della Lempicka nei video musicali di alcuni dei suoi grandi successi, ad esempio in “Open Your Heart” (1987), “Express Yourself” (1989), “Vogue” (1990) and “Drowned World/Substitute for Love” (1998), e durante il Who’s That Girl tour del 1987 e il Blond Ambition world tour del 1990.

Tra gli altri collezionisti delle opere della Lempicka troviamo l’attore Jack Nicholson e l’attrice-cantante Barbra Streisand.