EUROPA – Profughi: interviene l’Ue. Scontri a Mantova e in Germania, tragedia in Austria

Slogan minacciosi, offese reciproche, tensione che si taglia con il coltello. Finché non arrivano anche le botte: qualche pugno dei manifestanti di estrema destra colpisce gli agenti della polizia e questi, per tenere i neofascisti a distanza, alzano i manganelli e li fanno indietreggiare.

Da una parte circa 150 manifestanti scesi in piazza Sant’Isidoro per dire no all’accoglienza dei profughi ospitati all’ex hotel Maragò, dall’altra una quarantina di esponenti di associazioni di sinistra (La Boje, Mantova Antifascista). In mezzo gli agenti della polizia in tenuta antisommossa. Fuori dal palcoscenico della serata di violenza  sono rimasti loro, i profughi: un convitato di pietra attorno al quale si è sviluppata una serata che la città non è certo abituata a vivere.
La questura aveva autorizzato entrambe le manifestazioni ma con un veto preciso: nessun contatto tra i due gruppi né, naturalmente, tra i neofascisti e la struttura che ospita i migranti. Ma che non tirasse una buona aria si era capito già quando, in favore di telecamera, erano partiti i primi slogan da destra. In piazza – al di là del sedicente comitato apartitico per “Mantova ai virgiliani” – esponenti di Fronte Skinheads e Forza Nuova, guidati dal coordinatore del Nord Luca Castellini, e più di una voce che inneggiava al leader della Lega Nord, Matteo Salvini. Gruppi che, lo avrebbero spiegato loro stessi nel corso della serata, muovono soprattutto da Brescia e Verona e si spostano di città in città per protestare contro l’accoglienza dei profughi.

Poco dopo le 21 il momento di maggior tensione. I neofascisti hanno provato a superare il limite imposto dalla questura per procedere lungo via Stazione: in quella direzione avrebbero incontrato prima l’hotel dei profughi e poi, poco oltre, il presidio di La Boje. Quando si sono frapposti, alcuni agenti sono stati colpiti: inevitabile a quel punto la reazione della polizia che ha colpito i manifestanti con una rapida serie di manganellate. Non una carica prolungata o particolarmente violenta, ma sufficiente a far arretrare i manifestanti (uno dei quali, riferiscono, sarebbe rimasto ferito alla testa). Una notizia però non confermata. «Vogliamo andare dal titolare dell’hotel e dirgli che è un pezzo di m… – dicono alla cronista della Gazzetta – perché si arricchisce con i soldi dell’accoglienza dei profughi, con i soldi degli italiani».
All’inizio della serata era presente anche Luca De Marchi, consigliere comunale ex leghista. Che poi, visto il tenore della manifestazione, se n’è andato. I neofascisti lo hanno accusato di codardia, ma lui prende nettamente le distanze: «Io sono un uomo delle istituzioni: se la questura dice di rimanere in piazza Sant’Isidoro, io non vado oltre. Sono rimasto lì con il mio popolo, fatto di gente comune che i profughi non li vuole ma che non si scontra con la polizia. Sono volati pugni e manganellate? È una roba penosa che Mantova non merita».
Sempre a distanza la quarantina di simpatizzanti di La Boje e Mantova Antifascista: «Questi neofascisti replicano lo stesso schema in tutte le città in cui vanno – attacca Enrico Lancerotto di La Boje – provano a convogliare la rabbia della gente contro delle persone che hanno la sola colpa di scappare dalle guerre».

Angela Merkel bacchetta Italia e Grecia sull’emergenza profughi: i centri di registrazione dei profughi nei due Paesi vanno realizzati rapidamente, entro l’anno. Parigi e Berlino ritengono che, nell’emergenza attuale, i ritardi siano inaccettabili. Anche sulla gestione dei profughi, una situazione «straordinaria» in cui si trova l’Europa, Angela Merkel e François Hollande hanno accordato le voci, lanciando a Berlino un documento di lavoro comune, affidato ai reciproci ministri dell’Interno. Oltre a un richiamo all’unisono ai Paesi membri che non rispettano la piena comune applicazione del diritto d’asilo in Europa. La bilaterale col presidente francese ha preceduto di poco un incontro a tre con il presidente ucraino Petro Poroshenko sulla situazione nell’Est del Paese per rilanciare gli accordi di Minsk.

Merkel e Hollande hanno chiesto, incontrando la stampa in un primo momento da soli, che la Commissione europea «prema sui Paesi che non rispettano le condizioni del diritto d’asilo, per fare in modo che finalmente si verifichi». «Si tratta della registrazione, degli standard minimi dei centri di accoglienza e degli standard minimi sulle forniture sanitarie», ha puntualizzato la cancelliera. Poi il passaggio che riguarda Roma e Atene: «I capi di governo hanno stabilito che vengano allestiti dei centri di registrazione nei Paesi colpiti dai primi arrivi, come la Grecia e l’Italia, mettendo a disposizione personale comune. Questi centri devono essere fatti velocemente, entro l’anno. Ritardi non possono essere accettati», ha avvertito la cancelliera.
Le ha fatto subito eco Hollande, che ha rivendicato «un’accelerazione» su questo fronte. «È indispensabile» – ha insistito a sua volta il presidente- «che questi centri vengano realizzati, per registrare chi arriva sulle nostre coste e che qui si prendano le doverose decisioni su quelli che hanno diritto e quelli che non possono essere accettati». L’inquilino dell’Eliseo ha poi ribadito l’allarme generale che vive il continente, alle prese con una sfida «molto difficile»: «Ci sono volte in cui l’Europa si trova di fronte a situazioni straordinarie. Questa è una situazione straordinaria», ha affermato, e «nessun Paese può risolvere da solo» il problema. Serve una stretta cooperazione europea. È Stata invece Merkel a ricordare che nell’Ue la «distribuzione (dei profughi) non è ancora equa».
TUMULTI IN GERMANIA – Gli ammonimenti arrivano a ridosso di un week-end difficilissimo in Germania, dove si sono verificati gravi tumulti in Sassonia, con 30 agenti feriti e panico fra i rifugiati. Merkel è alle prese con i numeri inattesi dei richiedenti asilo nel suo Paese – oltre 800 mila quelli stimati per il 2015, il doppio della cifra calcolata fino a qualche giorno fa – e l’insofferenza di frange di popolazione innescate dai populisti anti-immigrati di Pegida e dagli estremisti di destra.

BUDAPEST – Tragedia dell’immigrazione in Austria: da 20 a 50 rifugiati sono stati trovati morti in un tir abbandonato lungo l’autostrada orientale A4 tra il Burgenland Neusiedl e Parndorf. I migranti sarebbero rimasti asfissiati nel cassone. L’episodio arriva dopo l’ennesima strage nel Canale di Sicilia: ieri sono state trovate morte 51 persone su un’imbarcazione diretta dalla Libia all’Italia e nello stesso giorno in cui un nuovo dramma si concretizza in mare, con numerose vittime per un naufragio al largo delle coste nordafricane.

In una conferenza stampa, gli inquirenti austriaci hanno spiegato che c’è il sospetto che i profughi fossero morti già da un giorno e mezzo o due. Sarebbero morti prima di varcare il confine tra Ungheria e Austria. Il camion era fermo su una piazzola d’emergenza sull’autostrada orientale A4, tra le città di Neusiedl e Parndorf. Alla guida non c’era nessuno. La polizia sta dando la caccia al conducente del veicolo, del quale non si ha alcun indizio. Il camion ha richiamato l’attenzione degli agenti perchè da varie ore era fermo. Il capo di Gabinetto del premier ungherese Viktor Orban ha fatto sapere che la targa del veicolo è ungherese, intestata ad un cittadino romeno. La polizia ungherese sta lavorando con le autorità austriache per scoprire che cosa sia accaduto e chi sia responsabile dei decessi dei migranti.

Appello all’unità dalla Ue –  a Vienna i leader europei erano riuniti per un vertice sui Balcani occidentali. E in serata la cancelliera tedesca Angela Merkel ha annunciato: “Abbiamo raggiunto con Italia e Grecia l’accordo sul fatto che i cosiddetti centri di registrazione o Hot Spots debbano essere allestiti entro la fine dell’anno”. Merkel ha anche detto che “Italia e Grecia potranno accettare centri del genere, soltanto se altri Paesi sono pronti ad accogliere la loro quota di asilanti.

Da parte della Commissione Ue, nel pomeriggio, era arrivato un appello all’unità, davanti alla tragedia austriaca. In una nota si invocano “azioni comuni e solidarietà tra tutti”: “C’è la necessità urgente che tutti gli Stati membri sostengano le proposte avanzate dalla Commissione, anche chi sinora è stato riluttante”. Si sottolinea inoltre come ci si trovi di fronte “non a una crisi italiana, greca, franco-tedesca ungherese, ma europea”.

Il ministro dell’Interno austriaco, Johanna Mikl-Leitner, ha chiesto all’Ue di istituire subito dei centri di accoglienza sui confini dell’Unione europea “per permettere il trasferimento in sicurezza di profughi nei 28 stati membri”. Poi ha aggiunto: “Questo è un giorno buio, è necessaria tutta la forza e tolleranza zero contro i trafficanti di esseri umani”.

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha espresso la propria solidarietà, amicizia e vicinanza al Cancelliere austriaco Werner Faymann di fronte alla drammatica notizia dei morti asfissiati nel camion. “Una morte assurda, che sconvolge la coscienza di ognuno di noi e che sottolinea, una volta di più se ce ne fosse ancora bisogna, la centralità e l’urgenza del tema dell’immigrazione in una Europa dove tornano ad erigersi muri”.

Siamo tutti sconvolti dalla notizia agghiacciante dei profughi morti nel tir. Questo è un ammonimento all’Europa a offrire solidarietà e a trovare soluzioni”, ha affermato la cancelliera tedesca Angela Merkel, per poi aggiungere: “Troveremo il modo di distribuire il carico e le sfide in modo equo”. Poco prima era intervenuto anche il ministro dell’Interno tedesco Thomas De Maiziere che ha ribadito in una conferenza stampa a Berlino “l’urgenza dei centri in Grecia e Italia” da allestire entro la fine di questo anno. Un invito che era arrivato pochi giorni fa anche dalla stessa Merkel e dal presidente francese Francois Hollande.

“Abbiamo un obbligo morale e legale di proteggere i rifugiati” e serve un “approccio europeo” alla gestione della crisi in corso, ha affermato l’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini, che ha rivelato che si sta lavorando a nuove proposte, con l’elaborazione di “una lista comune di Paesi d’origine sicuri e un meccanismo di ricollocazione”.

Record di arrivi in Ungheria. Intanto la rotta balcanica continua ad essere presa d’assalto dai migranti. Le previsioni espresse dall’Unhcr nei giorni scorsi sembrano trovare conferma nella realtà: nelle ultime 24 ore, secondo quanto riferito dalla polizia magiara, tremila migranti (tra cui 700 bambini) hanno raggiunto l’Ungheria. Si tratta del numero maggiore di arrivi in un solo giorno in Ungheria, dove dall’inizio dell’anno sono entrati 140 mila migranti della rotta balcanica, più del doppio rispetto all’intero 2014. Secondo il governo ungherese si potrebbe arrivare alla cifra di 300mila migranti alla fine dell’anno.

Nonostante la decisione di Budapest di erigere la barriera metallica lungo il confine con la Serbia (nei piani del premier Orban dovrebbe essere terminata il 31 agosto) i migranti riescono comunque ad oltrepassare il confine, e per questo le autorità hanno disposto l’invio di ulteriori 2.100 poliziotti alla frontiera, con cani, cavalli e l’appoggio degli elicotteri.

Il partito del premier Viktor Orban intende inoltre chiedere al Parlamento l’autorizzazione all’invio dell’esercito per bloccare l’enorme flusso migratorio. Secondo la polizia tale incremento di arrivi si spiega con il desiderio dei migranti di raggiungere l’Ungheria prima del completamento del muro “difensivo” previsto entro la fine di agosto.

Ieri la polizia ungherese ha lanciato gas lacrimogeni contro i profughi siriani nell’affollato campo d’accoglienza di Roszke, presso la frontiera con la Serbia. Gli scontri sono scoppiati dopo il rifiuto dei migranti di farsi registrare e prendere le impronte digitali, nel timore di essere poi costretti a chiedere asilo a Budapest, mentre il loro obiettivo è raggiungere il nord Europa.

Il grande afflusso di migranti sulla rotta balcanica, iniziato con l’approdo di migliaia di persone sull’isola greca di Kos, ha messo a dura prova Serbia e Macedonia, chiamate a fronteggiare un evento di difficile gestione. Oggi Belgrado e Skopje hanno chiesto un piano d’azione all’Unione Europa per rispondere alla crisi. “A meno che non abbiamo una risposta europea a questa crisi, nessuno si deve illudere che possa essere risolta”, ha detto il ministro degli Esteri macedone, Nikola Poposki, intervenendo al vertice, in corso a Vienna, tra la Ue ed i Paesi balcanici.

La questione dell’immigrazione è ovviamente al centro del “Western Balkans Summit”, secondo vertice del “Processo di Berlino” avviato con la conferenza dello scorso agosto. Vi partecipano capi di Governo e ministri di 6 Paesi dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Serbia), di Germania, Austria, Francia, Italia, Croazia e Slovenia, ed inoltre il presidente della Commissione Ue, l’Alto Rappresentante Ue per gli Affari Esteri e il Commissario UE per l’Allargamento. Per l’Italia è presente il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni.




LIBIA – Quaranta muoiono in mare mentre in Italia sfrattano i profughi

Mentre  alcune decine di migranti – una quarantina secondo le testimonianze dei superstiti – affrontavano il  mare e sarebbero annegate in seguito al naufragio di un gommone avvenuto davanti alle coste libiche (lo hanno riferito alcuni dei sopravvissuti sbarcati ad Augusta dalla nave militare tedesca Holstein che ha soccorso complessivamente 283 profughi), i vertici di Forza Nuova  hanno trovato una nuova missione: allontanare i circa 200 profughi ospitati in una tenuta di Costagrande di Avesa (Verona). A chiamare i militanti della destra estrema, scrive il Corriere del Veneto, sono stati i residenti di Avesa: “Ho visto cosa hanno fatto a Treviso e mi è sembrata una cosa valida. Così li ho chiamati e loro mi hanno detto che verranno lunedì sera”, dice uno degli abitanti della zona contrario alla presenza dei richiedenti asilo nella periferia veronese.

In piazza anche i militanti di Christus Rex, gruppuscolo veronese di ispirazione ultracattolica e tradizionalista. Alle 19, ma nella piazza di Avesa, protesterà la Lega Nord per lo spostamento dei richiedenti asilo.

Ma dal canto loro gli stessi profughi vorrebbero essere portati altrove: nella mattinata di lunedì hanno inscenato una protesta contro le condizioni delle tende dove dormono, invase secondo i racconti dagli scorpioni e dai serpenti. “Non vogliamo vivere in uno zoo”, hanno ripetuto prima di cedere e tornare alla tenuta di Costagrande.

Anche l’arrivo di 101 profughi a Quinto di Treviso aveva scatenato la furia dei residenti che nella notte tra mercoledì e giovedì scorsi si sono introdotti negli appartamenti destinati ai richiedenti asilo, hanno portato in strada i mobili e infine hanno dato fuoco alle masserizie in segno di protesta.

Secondo la Tribuna di Treviso, ci sarebbe stata anche una rissa tra alcuni abitanti della zona e due operatori della cooperativa incaricata di gestire i profughi. Luca Zaia, governatore del Veneto, ha commentato: “La gente ha fatto bene. Questa è una situazione intollerabile. Ora dichiaro guerra al Prefetto”. Pronta la replica del prefetto Maria Augusta Marrosu: “I residenti che hanno fatto danneggiamenti verranno denunciati. Chi si è comportato male sono gli italiani, non gli stranieri”.

Ad accendere gli animi è stato il fatto che ai migranti sono stati consegnati in via temporanea 30 appartamenti in varie palazzine di Quinto dove già vivono dieci famiglie italiane. Gli alloggi, scrivono i quotidiani locali, erano già pronti e arredati, provvisti anche di televisori, vestiti, ciabatte infradito e sigarette. Scrive il Corriere del Veneto:

Nella notte un gruppo di cittadini ha aperto un alloggio destinato ai richiedenti asilo portando fuori letti e televisori e dandogli fuoco. I residenti sono furiosi: «Hanno trasformato le nostre case, che abbiamo pagato col mutuo, in un campo profughi. Devono andarsene di qui».
In molti sono preoccupati per la sicurezza del quartiere. «Come può essere garantita? Ci sono famiglie, con bambini e ragazze, chi controllerà che non succeda niente? Siamo noi gli ospiti da oggi, visto che 30 appartamenti su 40 verranno dati ai profughi». In mattinata è stato necessario anche l’intervento di un’ambulanza, per soccorrere una donna colpita da un malore. Sono volate urla all’indirizzo dei profughi che si trovavano in alcune terrazze dello stabile.
Nel mattino Luca Zaia si è recato a visitare il luogo dell’assalto e ha usato parole durissime contro la Prefettura di Treviso, lodando la resistenza dei cittadini contro l’arrivo degli stranieri: “Se ne devono andare”. Matteo Salvini ha annunciato che visiterà il quartiere di Quinto sabato.

La situazione non si è ancora calmata. I migranti si trovano attualmente all’interno del complesso residenziale ex Guaraldo. I residenti hanno annunciato che le iniziative di protesta continueranno ad oltranza fino a che i profughi non saranno allontanati.

La tensione sale di minuto in minuto. Anche i militanti di Forza Nuova hanno allestito un presidio permanente accanto alle tende dei residenti. Polizia e carabinieri sorvegliano l’area e i residenti si ostinano a non voler tornare in casa dopo che molti di loro hanno passato la notte all’aperto, dormendo in tenda.

Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha di fatto annunciato l’allontanamento del prefetto del capoluogo veneto Maria Augusta Marrosu. Una scelta presa dopo la ferma volontà espressa dal premier Matteo Renzi, che ha probabilmente inteso mandare un segnale forte anche ai sollevamenti popolari cavalcati dalla Lega Nord del governatore Luca Zaia.

«Al prossimo Consiglio dei ministri sostituirò il prefetto di Treviso», ha dichiarato Alfano, ribadendo «il grande sforzo di accoglienza da parte del governo» nei confronti dei migranti». «Io mi chiedo», ha proseguito il ministro, «rispetto ad alcuni disguidi verificatisi in alcune realtà del Veneto, quanto saremmo stati agevolati dalla partecipazione e cooperazione delle Regioni e altri enti locali». Per questo, ha concluso, «dobbiamo mettere in campo sempre maggiore efficienza» e se anche «abbiamo avuto sempre da parte delle prefetture uno sforzo straordinario, alcune cose non hanno funzionato anche per responsabilità delle Regioni».
Da parte sua, il sindaco di Treviso, Giovanni Manildo, ha espresso soddisfazione per la prossima sostituzione del prefetto: «Ero al corrente di questa intenzione. Il governo manifesta vicinanza al nostro territorio, come dimostrato anche dalla telefonata che avevo ricevuto dal premier. Apprezzo la tempestività della decisione. Ora auspico che il nuovo prefetto sappia interpretare il ruolo di necessario coordinamento di tutto il territorio della Provincia per la soluzione dei problemi e dei temi legati all’accoglienza».

La vicenda di Treviso, con la rivolta dei residenti e le manifestazioni incrociate di Forza Nuova e centri sociali, aveva portato al trasferimento dei 101 profughi dai condomini di Quinto di Treviso all’ex caserma Serena, vicino Casier (Treviso), dove si trovano tuttora E proprio il prefetto Marrosu era stata criticato da più parti per il modo in cui aveva gestito la questione. Di fronte al clima incandescente creatosi davanti al residence trevigiano, la prima reazione della prefettura era stata dura: i profughi – si disse – non potevano «che rimanere dove stanno». Salvo poi, sotto la pressione dei sindaci trevigiani e del governatore Zaia, decidere due giorni dopo il loro trasferimento nell’ex caserma Serena. Dal prefetto, finora, nessuna reazione dall’annuncio di Alfano. Da domenica 19 luglio Maria Augusta Marrosu risulta ufficialmente in ferie.




ITALIA – Sbarchi e terrorismo: l’Ue deve comportarsi in modo solidale. Salvini: “Controllare i luoghi di ritrovo islamici”

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Tunisia, Francia, ma anche Kuwait e Somalia. La jihad si scatena nel venerdì del Ramadan colpendo tre continenti quasi simultaneamente. Gli attentati hanno dimostrato come il terrorismo possa colpire ovunque senza preavviso. E che proprio su questo fatto gioca per scatenare la paura nei cittadini. Ma senza dubbio il periodo è particolare, e fra Expo e Vaticano l’Italia ha molti obbiettivi sensibili. Per questo motivo il ministro degli Interni Angelino Alfano, intervenendo a un convegno sulla legalità a Milano, ha annunciato: “nessun paese a rischio zero, abbiamo elevato il livello di allerta per risensibilizzare le unità a presidio dei luoghi sensibili. Abbiamo diramato l’allerta a prefetture e questure”. Nonostante questo, però, le polemiche non sono mancate. In particolare con la Lega Nord.

Il più critico è stato Matteo Salvini, che dal suo profilo Facebook ha sparato due bordate contro la gestione del ministro dell’Interno. “Ci hanno dichiarato guerra? – scrive in un primo post – Controllare le presenze e i luoghi di ritrovo islamici in Italia. Ritirare le truppe Nato dai confini con la Russia, e dislocarle in Nordafrica e in Medioriente. Ritirare buona parte dei soldati italiani in missione nel mondo. Bloccare ogni sbarco sulle coste italiane, e difendere i confini”. Venti di guerra insomma, che secondo Salvini né il Governo né tantomeno Alfano sono in grado di gestire: “A Roma è stato arrestato un pakistano, che avrebbe a sua volta ospitato un altro terrorista islamico. Ma noi abbiamo Renzi e Alfano che ci proteggono. Siete tranquilli vero?”, ironizza ancora il leader della Lega. A mettere il carico da dodici ci pensa poi Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato: “Chi si scandalizza quando chiediamo i controlli alle frontiere capirà che far entrare illegalmente una cifra enorme di persone nel nostro paese e lasciare che girino indisturbate, magari scroccando vitto e alloggio a spese nostre, è un rischio enorme, non solo per la nostra sicurezza, ma per la sopravvivenza stessa dell’intera civiltà occidentale?”.

Nonostante le critiche della Lega Alfano ha difeso il suo operato, dimostrando come non ci sia nesso fra aumento dell’immigrazione e criminalità o terrorismo: “nel 2014 c’è stato un calo dei reati del 7,7%, nel primo quadrimestre del 2015 un calo tra il 14 e il 15%. Nel 2014 c’è stato un aumento del flusso migratorio dovuto principalmente all’instabilità della Libia. È indimostrabile che vi sia stato un aumento dei reati in conseguenza di un aumento dell’immigrazione. Questa è la realtà, poi c’è la percezione dovuta anche a certe campagne politiche che sollecitano le paure più profonde dei cittadini”.

Non si contano più le imbarcazioni stracariche di disperati in cui molti di essi trovano la morte, soffocati da altri corpi ammonticchiati, gettati in mare da scafisti senza pietà, sfiniti dagli stenti.

E ogni volta che un battello affonda o si trasforma in trappola esiziale, si accendono discussioni acide sulle capacità italiane di soccorrere adeguatamente chi è in pericolo. Si fanno sempre gli stessi discorsi, si tirano in ballo i soliti argomenti. La Lega sostiene che i popoli affamati vanno aiutati nei luoghi di nascita e dove soffrono come se fosse semplice farlo: con quali soldi? I negoziati tra Italia e Libia, che ai tempi di Gheddafi prevedevano un controllo delle partenze dall’Africa, sono stati azzerati, cosicché i migranti seguitano a giungere numerosi sulle nostre coste; e noi con gli scarsi mezzi di cui disponiamo siamo obbligati ad ospitarli inadeguatamente dopo averli tratti in salvo.

Malta se ne infischia e non si cura di chi crepa in mare. Gli spagnoli attuano il sistema dei respingimenti violenti, le immagini dei quali sono state trasmesse dalla televisione. In sintesi. Nessuno si occupa dei poveri cristi che abbandonano l’Africa attratti dall’illusione di conquistare un mondo migliore. La stessa Europa, di cui il nostro Paese è la propaggine meridionale (la più vicina al Continente nero), dimostra una gelida insensibilità verso i poveri del Sud. E ci ordina: arrangiatevi e cercate di comportarvi umanamente nei loro confronti, altrimenti vi condanniamo. E ci condanna anche quando abbiamo agito al massimo delle nostre potenzialità.

In pratica nel Mediterraneo è impegnata soltanto l’Italia nel gravoso compito di prevenire tragedie o almeno di ridurne la portata. L’Ue non interviene e noi non siamo stati in grado di pretendere dai nostri partner nemmeno un finanziamento da utilizzarsi per realizzare le strutture necessarie ad accogliere decentemente i disgraziati provenienti dall’infelice mondo della fame e del disagio. Oltre a pagare il conto dei salvataggi, dobbiamo anche sopportare gli insulti di chi verso di noi usa atteggiarsi a maestro di civiltà.

È arrivato il momento in cui l’Italia è chiamata a presiedere il vertice delle istituzioni europee. Sarà Matteo Renzi a sedersi sullo scranno più alto e a esercitare una serie di poteri non certo di secondo piano.

Verificheremo se ha la personalità per imporre alla Ue di comportarsi in modo solidale, come si conviene a una comunità di Stati.




ITALIA – Ma Luca era b? Il flop dei Family pride di Forza Nuova e Christus Rex

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Cinque giorni per ‘guarire’ dalla ‘malattia’ dell’omosessualità, al prezzo di 185 euro Iva inclusa. Questo il pacchetto di ‘pronta guarigione’ offerto dalla casa spirituale di Sant’Obizio, Angolo Terme Valcamonica, di proprietà della Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth. Il seminario in oggetto è intitolato ‘Guarigione e liberazione interiore’.

Una storia strana, stranissima, raccontata sulle pagine di Repubblica da Matteo Pucciarelli, che nel centro spirituale è riuscito a intrufolarsi con un nome falso, Matteo Sacchetti. Accolto con una promessa: cinque giorni di messe, canti e preghiere ma pure corsi e slide per guarire dal ‘problema’, dalla ‘malattia’. La malattia dell’essere gay.

Sono tre i ‘professori’, si fanno chiamare ‘leader’. Don Enrico, frate francescano; don Massimo, padre passionista. Ma soprattutto Luca Di Tolve, il “Luca era gay ma adesso sta con lei” della canzone di Povia, autore tra l’altro del libro ‘Ero gay ma a Medjugorje ho trovato me stesso”.

Una full immersion che per Pucciarelli altro non è che “un impasto di psicologia spicciola e fondamentalismo religioso”. Immancabili i continui i riferimenti a Satana e alle sue perverse tentazioni. Anche i titoli dei corsi non sono niente male: su tutti spiccano ‘Ripristinare la mascolinità’, oppure ‘I meccanismi della confusione sessuale’.

Tra i tanti ‘iscritti’ c’è chi è stato mandato, chi è convinto di doversi ‘redimere’. Qualcuno racconta pure una storia curiosa: “So di gente che si è innamorata, qui dentro. Di un altro uomo, ovviamente”. Perché l’amore vince sempre.

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«Invitiamo tutte le persone di buona volontà, che credono ancora in una visione cristiana e cattolica della vita e della società, a partecipare al “Verona Family Pride”, per testimoniare l’attaccamento ai nostri più importanti e irrinunciabili valori morali, civili e religiosi». È con queste parole che, il 6 giugno, una delle tante associazioni aderenti all’integralismo cattolico chiamava a raccolta i suoi in vita dell’evento organizzato da Forza Nuova e dal circolo integralista di estrema destra Christus Rex.
All’appuntamento si è presentata qualche decina di persone ma non c’è voluto molto prima che si inisziasse ad ostentare come a muoverli non ci fossero argomentazioni ma solo tanto odio ed ignoranza. Al grido di «Noi Romeo e Giulietta, voi Sodoma e Gomorra» gli omofobi si sono divertiti a scandire slogan contro gli omosessuali, definendoli invertiti e deviati.
Fra queste persone  anche il presidente del consiglio comunale Luca Zanotto (Lega Nord), l’eurodeputato della Lega Lorenzo Fontana e i consigliere regionali Stefano Valdegamberi e Daniele Polato, di Forza Italia ed esponente di Battiti. Politici che sono scesi in piazza per insultare parte della cittadinanza in un clima d’odio che pare poco compatibile con una funzione pubblica.

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«L’unico diritto per gay e lesbiche -ha dichiarato il leader di Forza Nuova all’Arena– sarebbe quello di poter usufruire per legge di uno psichiatra che li aiuti nei loro problemi mentali. Rivendicano la centralità della famiglia tradizionale, seriamente minacciata, a detta loro, da gay e lesbiche. Certe devianze ci sono sempre state e va bene così. Uno deve manifestare nel proprio letto. Se un uomo vuole andare con un altro uomo o con un animale, lo può fare, però non deve parlare di famiglia, di adozione dei figli. Finché ci saremo noi di Forza Nuova questo non potrà mai succedere».

Secondo i militanti di estrema destra, il fatto che i gay abbiano osato calpestare il suolo della loro città sarebbe un fatto inaccettabile: «Sono a Verona perché fa più notizia -dicono- perché questa è una città centrata sull’orgoglio delle famiglie normali». Ed è per questo che Matteo Castagna, portavoce di Christus Rex, è tornato ancora a sostenere la necessità di pregare la Madonna per chiederle scusa se alcuni suoi figli non sono dei neonazisti: «Di fronte allo scandalo pubblico della profanazione della città da parte dei sodomiti conclamati -ha dichiarato- è evidente che i cattolici fedeli alla tradizione faranno un rosario riparatore, per chiedere perdono a Dio per questa ostentazione pubblica del peccato contro natura».

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Le tre Italie dell’astensionismo

Una vittoria di Pirro per il Pd che ha portato a casa un 5 a 2 molto sofferto. La sfida politica regionale ha visto  prendere la Liguria da Forza Italia e il Veneto dalla Lega Nord. Un risultato determinato da un’affluenza al 52,2% e dall’affermazione del Movimento 5 Stelle, che in tutta Italia si stanzia sul 20%, con punte in alcune zone come Genova, dove la più giovane candidata governatrice, Alice Salvatore, sfiora un sorprendente 25%,  e in Puglia con Antonella Laricchia.

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In Veneto il leghista Luca Zaia ha doppiato Alessandra Moretti del Pd e ha lascia molto più indietro il fuoriuscito Flavio Tosi.

La sorpresa è arrivata però dalla Liguria dove il consigliere politico di Silvio Berlusconi, Giovanni Toti, ha vinto con il 34,4%, seguito a una certa distanza dalla Dem Raffaella Paita con la M5S Alice Salvatore terza e Luca Pastorino, candidato della sinistra, quarto. Con il Pd che, come lo stesso premier Matteo Renzi aveva avvertito nei suoi comizi, paga la prima vera scissione a sinistra. “Il cinico disegno di Cofferati, Civati, Pastorino si realizza compiutamente”, ha commentato la candidata del Pd Raffaella Paita.

In Umbria vittoria per Catiuscia Marini (centrosinsitra) anche se nelle prime proiezioni sembrava che potesse aprirsi una chance per il candidato di centrodestra Claudio Ricci.

In Campania, dopo un testa a testa che lo ha visto, comunque, sempre in testa anche se di misura si afferma il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca primo (al 39,9% contro il 38% di Stefano Caldoro), superando di fatto anche la ‘black list’ stilata dalla presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi e ultimo pomo della discordia all’interno del Pd.

In Puglia la vittoria scontata per Michele Emiliano il nuovo governatore e tra i primi a salutarlo il presidente uscente Nichi Vendola: “Complimenti sinceri affettuosi Emiliano per una vittoria così netta, forte, e auguri calorosi di buon lavoro, un lavoro che sarà durissimo, di una complessità incredibile”.

Per cinque regioni la vittoria è sembrata netta già dalle prime proiezioni: in Toscana, Puglia e Marche fa il pieno di voti il centrosinistra.

Ma il dato che va analizzato per comprendere la realtà politica italiana è l’astensionismo.

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L’affluenza alle urne nel nostro Paese – seppur negli anni in costante diminuzione – è sempre stata piuttosto alta. Alle politiche del 2008 superava l’80% e in quelle del 2013 si attestava pur sul 75%.  Ora poco più del 50% si è recato alle urne.

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Quasi 12 punti in meno rispetto al 64,1% delle precedenti consultazioni.

Gli elettori sono sempre più scettici e disillusi di fronte agli schieramenti politici, che per quanto frammentati in molti partiti e correnti politiche sono composti da un ceto politico identico e trasformista a destra e a sinistra. Il cattivo costume è confermato dai risultati delle manovre di governo. La Riforma delle pensioni  e la “Buona scuola” hanno fatto perdere elettori. Nell’Italia del Nord chi non ha votato Pd, se non si è astenuto, ha votato Lega Nord e definito ladroni tutti gli altri.

Alle ultime elezioni europee la vittoria del Pd ha, di fatto, rafforzato la leadership di Renzi nel partito e nel Paese, accrescendo la forza e la convinzione con cui il leader toscano ha perseguito il suo progetto egemonico illegittimo, perchè  non votato dagli italiani.

La stessa cosa è accaduta con il consenso dato al Pd attraverso queste elezioni regionali.

Ma chi ha scelto di astenersi evidentemente non ha potuto dimenticare  che il Pd ha sostenuto il governo Monti e le sue politiche di austerità , ha fatto inserire il fiscal compact in costituzione, ha varato il jobs act, sta portando a termine una pessima riforma della Scuola e si appresta a firmare il ttip, un trattato di commercio transatlantico che  penalizzerà il nostro paese. Tutto questo in uno scenario di omologazione e totalitarismo dilagante. Ogni tipo di opposizione è bollata come sterile riflessione da contrapporre al “fare”, ogni obiezione valutata con sufficienza e arroganza.  L’astensione si spiega con il venir meno della tensione ideologica che aveva contraddistinto il sistema dei partiti proprio della Prima e della Seconda Repubblica.

Nel M5S, la scelta post-ideoologica ha finito per occultare la mancanza totale di una reale posizione politica: tutta l’attenzione si concentra sulla necessità di moralizzare la vita pubblica (lotta alla “casta”, riduzione dello stipendio, etc.). Anche il reddito di cittadinanza può essere letto come una posizione populista e non politica.

A Destra, spostare tutto sulla lotta contro l’immigrazione sembra una battaglia persa.

Renzi commenta: “Il risultato del voto è molto positivo, andiamo avanti dunque con ancora maggiore determinazione nel processo del rinnovamento del partito e di cambiamento del paese”.




In Libia è guerra, ma Salvini ha la polenta sugli occhi. Non sente, non vede e urla: “Renziacasa!”

A Matteo Salvini, segretario federale del Carroccio, la crisi internazionale e la guerra non bastano e tenta di far cadere il Governo e magari di organizzare un colpo di Stato,  chiamando a raccolta da tutta Italia “i cittadini che vogliono Renzi a casa” e marciando su Roma. L’appuntamento è alle ore 15, a piazza del Popolo, che ospiterà la grande manifestazione già annunciata nelle settimane scorse.

E mentre, in queste ore, tutto il mondo, guardando alla Libia, si chiede: “Che fare?”, la Lega Nord con due grosse fette di polenta sugli occhi, non vede,  non sente e con le poche parole italiane che conosce urla: “Cacciamoli! Renziacasa!”.

“Alla luce degli ultimi tragici eventi di Parigi – dice Salvini – diventa sempre più urgente archiviare l’esperienza fallimentare del governo Renzi” e, sempre per aggravare la situazione, alleandosi con Fratelli d’Italia, la Lega propone un blocco navale davanti alla Libia. l’Italia, secondo la sua ricetta, dovrebbe impedire, con la forza, che i barconi prendano il mare, schierandosi in assetto di guerra davanti alle coste libiche, o addirittura, dopo un’invasione del paese nordafricano, occupare i porti oggi in mano ai trafficanti di uomini.

Salvini: “Ci portiamo a casa potenziali terroristi”. Meloni: “Occupiamo i porti”

Intanto hanno presentato un esposto contro Renzi e Alfano accusandoli di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.

”Bisogna istituire un blocco navale davanti ai porti libici che impedisca l’esodo che qualcuno sta cercando di spingere nell’interesse dei terroristi, delle mafie e di qualche cooperativa che lei conosce bene”, ha detto in Aula alla Camera il deputato della Lega Nord Gianluca Pini, rivolgendosi al ministro degli esteri Paolo Gentiloni che aveva parlato della situazione in Libia.  “Scartata l’ipotesi diplomatica, anche per l’assenza di istituzioni libiche con cui interloquire, non rimane che la strada di una azione militare – ha aggiunto – che preveda non un’azione di terra ma un blocco navale”.

La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, vuole invece proprio sbarcare in Libia. “Si deve intervenire con un missione sulle coste della Libia, occupare i porti ed eventualmente affrontare a monte il problema dell’immigrazione. Aprire lì centri di accoglienza e valutare chi ha i requisiti per avere diritto d’asilo e chi no”.

Il ministro della Difesa, Pinotti: “In Afghanistan eravamo 5mila. Ma la Libia ci riguarda da vicino si dovrà fare di più”.

Ed è il sindacato di polizia Sap a tirare il freno sulle dichiarazioni della Pinotti, spiegando che i numeri ipotizzati porterebbero a una spesa non inferiore al mezzo miliardo di euro l’anno, quando non si riescono a trovare neppure 20 milioni per la sicurezza interna.

Qualcuno poco dopo ha fatto notare a Matteo Salvini che l’ipotesi di schierare navi militari italiane nelle acque territoriali di un altro Paese sembra poco credibile.

“Incredibile è quello che sta succedendo adesso – ha risposto il segretario del Carroccio – , noi ci stiamo portando in casa migliaia di potenziali terroristi e sicuramente migliaia di potenziali delinquenti”. Parlava dei profughi.

Incredibile è che, in stato di allerta, un gruppo di isterici si rechi con il proprio Carroccio sotto palazzo Chigi per mostrare al mondo un Paese diviso invece di un’Italia solida contro le minacce. Ma, in Padania, quando si tratta di pubblica amministrazione, funziona così: predomina sempre l’isterismo.

Noi mantenendo calma e lucidità affermiamo: ” l’Italia è forte e in condizione di reggere, ma non per questo deve avviare avventure belliche”.