Yoryanis Isabel Bernal Varela

I popoli indigeni dell’America Latina stanno combattendo una battaglia impari contro gli ingenti interessi economici delle multinazionali che sfruttano e distruggono il loro ambiente naturale, spesso con la connivenza dei governi locali che si spartiscono “la torta”. Donne e uomini, leader nella difesa delle loro terre e dei diritti umani, lottano per una sopravvivenza culturale che diventa sempre più anche fisica: è solo di venti giorni fa l’assassinio di Olivia Arevalo Lomas, ma le persone uccise sono centinaia e per la maggior parte di esse non c’è stata giustizia.

Una Giusta è stata senz’altro Yoryanis Isabel Bernal Varela, leader della comunità indigena Golkuche del popolo Wiwa, uccisa il 26 gennaio 2017, a soli quarantatré anni, con un colpo di pistola alla testa (anche questa, come altre, una vera e propria efferata esecuzione) vicino a Valledupar, città situata nella Sierra Nevada, all’estremità settentrionale delle Ande, nel nord della Colombia.

Nella Sierra Nevada di Santa Marta il territorio è ordinato da bacini, l’acqua è sacra, i cicli della Madre Terra vanno rispettati e l’equilibrio dell’universo va mantenuto. Gli indios devono prendersi cura del cuore del mondo (per esempio si oppongono con forza alle dighe idroelettriche che già esistono o che sono progettate nella loro regione, perché interferiscono col ciclo naturale dell’acqua, minacciando le colture e il bestiame delle tribù), devono ricompensare la natura di ciò che viene tolto per il sostentamento umano… se la natura viene saccheggiata, derubata, colpita… ciò è vissuto come un sacrilegio. Contro tutto ciò, mantenendosi fedele alla grande spiritualità del suo popolo, lottava Isabel Varela e per questo è stata assassinata.

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Il segretario dell’organizzazione Wiwa Golkuche, José Gregorio Rodríguez,ha denunciato fortemente tutte le intimidazioni e le minacce che subiscono i popoli indigeni, e ha affermato: “Hanno assassinato una nostra compagna e violato i nostri diritti. Gli altri leader devono essere protetti.” Infatti le ricchezze naturali della Sierra Nevada attirano sempre di più pericolosi progetti di “sviluppo”, che occidentalizzano quei popoli, militarizzano alcuni gruppi per farsene degli alleati, distruggendone l’atavica cultura e impossessandosi anche di tutti i profitti. Isabel difendeva i diritti delle donne, tutt’uno con l’origine, il nutrimento, la cura del mondo. “Hanno portato via una grande leader, e quando questo accade, la nostra cultura corre gravi pericoli, perché non ci sono molte persone abbastanza coraggiose da affrontare i nostri problemi di ordine pubblico, rischiando la vita”, ha detto il capo del consiglio tribale dell’Arhuaco, Kogui e popoli Wiwa, Jose de los Santos.

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“Si vive una violenza selettiva, che colpisce esponenti politici ed attivisti e che molto si accanisce sulle donne: quelle che hanno conquistato visibilità sono uno schiaffo in faccia a chi storicamente in Colombia ha mescolato l’azione criminale con la sottomissione psicologica e morale della popolazione. Il corpo della donna e il territorio, violare il primo per sottomettere il secondo: è stato il tratto distintivo anche di questa guerra, che ha lasciato almeno 300.000 morti e cinque milioni di sfollati. Metà delle vittime sono donne. Innumerevoli i casi di stupro – almeno 550.000 – perpetrati per la stragrande maggioranza da paramilitari (67%), seguiti da esercito (23%) e guerriglia (8%)di cui solo il 10% fra quelli denunciati ha avuto un processo.” Così si legge in un interessante articolo uscito su Il manifesto del 18 aprile 2017 (http://www.yaku.eu/2017/05/02/la-pace-sul-corpo-delle-donne-in-colombia/)

E noi che cosa possiamo fare? Continuare l’informazione, la denuncia, non dimenticare…