‘Gatta Cenerentola’, dal ventre di Napoli del domani (o di oggi)

Il bouquet di iniziative volte a promuovere la cultura italiana all’estero da quest’anno potrà contare anche sull’omaggio alla sezione cinematografica. Dal 21 al 27 maggio, cento città ospiteranno ‘Fare cinema’, la rassegna frutto della collaborazione di molteplici attori (tra cui il MIBACT, la rete consolare e gli Istituti italiani di cultura), dedicata alle professionalità che si muovono in questo ambito.

Barcellona, presso lo storico Cinema Verdi, ospita la prima edizione all’insegna della tradizione napoletana: ‘Loro di Napoli’ raccoglie dieci lungometraggi legati alla città partenopea.

La proiezione dell’unico lungometraggio animato, Gatta Cenerentola (2017, Rak/Cappiello/Guarnieri/Sansone), viene presentato dal direttore dell’Istituto italiano di cultura e dalla Console Gaia Lucilla Danese. Per il senso della nostra rivista, non è fuori luogo rilevare come la Console abbia parlato di attori e attrici, registi e registe, sceneggiatori e sceneggiatrici e così via, oltre che a definirsi, appunto, ‘la’ Console.

In veste di ambasciatore culturale per l’evento e portavoce della produzione del film, interviene in sala il musicista e compositore napoletano Antonio Fresa che, con Luigi Scialdone, ha curato le musiche del lungometraggio.

Fresa introduce il film come il richiamo a un archetipo – quella della donna sulla via dell’emancipazione – presente in quasi tutte le culture; in occidente, la prima versione scritta si colloca proprio in ambito partenopeo, per opera di Giambattista Basile (1634).

Il film – una favola per adulti – è disseminato di rimandi e citazioni colte o pop, tanto che seguirle tutte trasformerebbe il film in gioco intellettuale (a partire dal nome del padre della protagonista, Vittorio Basile, un omaggio allo scrittore e a De Sica, ma anche per alcuni dettagli come il look di un personaggio minore per cui non ho potuto evitare di pensare a Tomas Millian).

L’anima del film, veicolata dalla complessiva eccellenza tecnica, sta proprio nella musica, naturalmente legata a doppio filo con la tradizione, ed eseguita dal fiore della scena musicale napoletana (tra gli altri, Daniele Sepe, Foja, Di Bella); è la musica che ha creato i personaggi, come ribatte Fresa cui avevo esternato la mia meraviglia per essermi emozionata per canzoni le cui performance sono affidate a personaggi malvagi (un esempio: https://www.youtube.com/watch?v=e3D5-ob5IzU). Fresa afferma che, per quanto riguarda i film di animazione, le musiche in un certo senso precedono la versione finale dei personaggi e questo spiega anche quel contrasto che non è una contraddizione, è arte. Rappresenta, insomma, nel caso di cui sto parlando, quell’attitudine artistica che trascende anche la morale.

‘Gatta Cenerentola’ è una distopia in cui la città è la prima grande protagonista, una città sempre più in preda delle speculazioni edilizie e dell’inquinamento, costantemente contesa tra chi le vuole bene e cerca di agire per il bene comune, e chi la impaluda nel malaffare. La storia ruota intorno a Mia, la gatta Cenerentola, figlia di Basile, imprenditore ricco e dalle buone intenzioni che soccombe all’invidia e ai piani diabolici di Salvatore Lo Giusto, supportato dalla donna appena sposata dall’imprenditore, Angelica. In una Napoli che va ingrigendosi e contaminandosi, la storia si svolge in una grande nave, inizialmente concepita da Basile come una sorta di navicella della scienza e della tecnologia ma anche come memoriale, progetto destinato a fallire subito: la concordia tra passato e futuro diventa subito per la bambina rimasta orfana una prigione, e un sogno svanito per la città. I fantastici ologrammi che animavano la nave prima del fatto di sangue, diventano proiezioni del passato cui Mia, in realtà, non riesce a sfuggire. La bambina cresce e si trasforma in una bellissima adolescente; quindici anni dopo, quindi, ritroviamo gli stessi personaggi: Primo Gemito (doppiato da Alessandro Gassman), fedele collaboratore di Basile, torna per riscattare Mia; Salvatore Lo Giusto è diventato un criminale arricchitosi col traffico di droga, col fedele supporto di Angelica, l’ereditiera della nave che aspetta instancabilmente di coronare il suo sogno d’amore con lui. Se è vero, come dice Fresa, che la rivisitazione della trama sta nel fatto che l’archetipo viene aggiornato nel punto in cui una donna non deve più aspettare di sposarsi per emanciparsi, è Angelica, la cattiva, il vero motore femminile del film, o per lo meno la sua volontà di potenza la rende tale: come Lo Giusto è a capo di un piccolo esercito di criminali all’inseguimento di soldi e di potere, così Angelica lo sostiene con un piccolo esercito di soldate, figlie sue, un gruppetto diabolico in cui spicca Luigi, una transgender (recuperando la figura dei femmennielliintrodotti nella versione teatrale a firma di De Simone del 1976). Le figlie non esitano a prostituirsi e a uccidere per compiacere i disegni della bellissima e perfida madre. Il clan di Angelica umilia e maltratta Mia, fin quando la matrigna capisce di aver perso tutto, compreso il fiore della giovinezza, a rincorrere un sogno d’amore non ricambiato. Finalmente, Angelica si risolve per un atto di libertà estremo, e spingerà Mia a fare lo stesso, ma in modo diverso. L’emancipazione, pur lungo un cammino di passioni torbide e violenza, avverrà per mano di una donna. Passato e futuro avranno una chance per ritrovare il loro corso e lo snodo coglierà le due donne entrambe in abito da sposa, dono non ricevuto per questo scopo, come merli liberati dalle loro gabbie e liberi di tornare a cantare.

Qui il trailer. https://www.youtube.com/watch?v=lwRM12OiZK8