ITALIA – Xylella a Torchiarolo, mentre è in attuazione il Piano Silletti. Primi casi in Corsica

I tre focolai di Torchiarolo sono ora considerati parte integrante della “zona infetta” da Xylella Fastidiosa. Ai sette alberi al confine tra le province di Brindisi e Lecce è stato quindi riservato un trattamento differente rispetto agli uliveti di Oria, così come già annunciato dalla Regione e ora posto nero su bianco nel testo di una determina del 31 luglio scorso.
La zona cuscinetto di conseguenza non è stata ampliata, in quanto i dieci chilometri già individuati oltre il limite dell’area “rossa” del profondo Salento sono stati ritenuti sufficienti.
Torchiarolo si aggiunge così ai 27 siti già localizzati e identificati nelle mappe regionali come luoghi in cui ci sono ulivi contagiati. La nuova delimitazione delle aree, che differisce di pochissimo rispetto a quella già stabilita nelle scorse settimane, è cosa fatta, nel rispetto delle direttive del decreto ministeriale del 19 giugno scorso che rendono esecutive in Italia e principalmente in Puglia (dove c’è l’emergenza) le misure europee adottate con la decisione di esecuzione del 18 maggio. Una zona infetta e una cuscinetto, almeno 10 chilometri attorno a quella “clou”.
Gli alberi di Torchiarolo per i quali il 27 luglio scorso sono stati comunicati – a seguito di analisi di conferma – risultati positivi alla Xylella, per la loro distribuzione territoriale, costituiscono secondo il servizio Agricoltura della Regione Puglia «tre focolai puntiformi che ricadono nell’area cuscinetto già delimitata il primo giugno 2015».
È stata perciò aggiornata la “zona infetta” e deciso che «non è necessario ampliare la zona cuscinetto in quanto risulta sostanzialmente rispettato il limite di 10 chilometri stabilito».
La cartografia è consultabile sul sito istituzionale della Regione Puglia, e in particolare nel portale dedicato all’emergenza Xylella. Sarà ora il dirigente dell’ufficio Osservatorio fitosanitario a trasmettere copia del provvedimento ai presidenti delle province di Lecce, Brindisi e Taranto, al sindaco di Torchiarolo, alle organizzazioni professionali di categoria e al commissario straordinario Giuseppe Silletti che sta provvedendo alla redazione del piano stralcio “bis” con il quale saranno programmati i prossimi interventi. Il Consiglio dei ministri ha prorogato di sei mesi, e quindi fino a febbraio 2016, lo stato di emergenza e ha conferito a Silletti il potere di indennizzare gli agricoltori che provvederanno in proprio all’eradicazione del batterio e all’abbattimento delle piante colpite dalla “peste degli ulivi”.

Firmato il decreto che dichiara lo stato di calamità e attiva il Fondo di solidarietà nazionale, per la prima volta in Italia per un’emergenza fitosanitaria.Ora si possono attivare le procedure per ripartire gli 11 milioni stanziati con il decreto agricoltura del 2 luglio. Gli interventi previsti con la dichiarazione di stato di calamità sono: spese rate dei mutui e dei contributi assistenziali e previdenziali- Risarcimenti per mancato reddito- Prevista compensazione per abbattimento degli alberi, in base alla stima del valore che verrà resa definitiva nei prossimi giorni.  Le aziende potranno presentare domanda alla Regione Puglia per gli indennizzi. Secondo le leggi europee possono accedere a queste misure le aziende agricole che dimostrano una perdita superiore al 30% della loro produzione lorda vendibile.

2. Rimborsi da piano Silletti

Una parte dei 13 milioni di budget del Commissario di protezione civile vengono impiegati per la copertura dei danni subiti dalle Aziende vivaistiche non agricole, dalle Aziende agricole con danni sotto il 30% e dai Proprietari di uliveti non agricoltori. Sono previsti risarcimenti per ogni eventuale albero abbattuto. Per i vivaisti vengono previsti anche contributi per una serie di investimenti che aiutano a certificare indenni le piante, come ad esempio quelli in sistemi di protezione contro insetto vettore.

3. Potenziamento della ricerca con focus su soluzioni

Per la lotta al batterio si potenzia la ricerca con uno studio europeo a guida italiana e uno nazionale che si rapporti con il primo. Sul primo fronte nel Comitato Horizon 2020 è stata approvata una ricerca europea specifica sulla Xylella che sarà coordinata dal Cnr di Bari con un finanziamento di quasi 7 milioni. A livello nazionale si prevede la creazione di un programma che coinvolga un gruppo di università a partire da quelle pugliesi, con la creazione in Salento di un campo sperimentale dove testare le possibili soluzioni contro la fitopatia.

4. Potenziamento analisi: obiettivo 80 mila analisi in tutta Italia

Per il monitoraggio in Italia e in Puglia il Mipaaf sta attivando convenzioni con più reti di laboratori. Obiettivo: 10 mila analisi a livello nazionale e 70 mila analisi in Puglia entro un anno

5. 500 tecnici del Corpo forestale diventano agenti fitosanitari

Per aumentare l’attività di monitoraggio 500 tecnici del Corpo forestale vengono qualificati come agenti fitosanitari. Aumenta anche la dotazione del personale del Corpo forestale in Puglia.

6. Finanziamento buone pratiche agricole con Psr

Il Ministero lavora in stretto contatto con la Regione Puglia per prevedere nel Psr di prossima approvazione il finanziamento stabile delle buone pratiche agricole e di misure volte al contenimento dell’insetto vettore.

I risultati del contrasto alla diffusione del batterio Xylella:

Trentatrè mila analisi in tutta Italia – nessun Paese europeo ha fatto tanto.  Dichiarato indenne da Xylella il territorio italiano ad esclusione delle province di Lecce e Brindisi. Sessantadue mila ettari lavorati con buone pratiche agricole nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto, grazie alla partecipazione imponente degli agricoltori.1200 km lineari di interventi nelle strade, ferrovie, aree pubbliche. Analisi e ricerca sul fenomeno di disseccamento con le migliori esperienze scientifiche italiane e con un forte confronto con ricercatori esteri.

PARIGI – Sale a ventidue il numero di ritrovamenti di xylella fastidiosa su piante nel sud della Corsica. Altri nove casi di contaminazione sono stati confermati nelle scorse ore dalle autorità locali, per le quali si tratta di sottospecie diversa da quella comparsa in Puglia.

Per ora il batterio è stato individuato solo su piante di poligala, piccoli arbusti dai fiori violacei usati a scopo ornamentale, in giardini e aiuole pubbliche. “Tutti gli altri prelievi effettuati, anche su piante sensibili al batterio, sono risultati finora negativi”, ha precisato la prefettura. Il microrganismo individuato, inoltre, appartiene a una sottospecie “molto diversa” da quella che ha colpito gli ulivi pugliesi, detta “multiplex”.

Sull’isola è stata avviata un’indagine epidemiologica, coordinata dalle autorità dipartimentali insieme a specialisti dell’Istituto nazionale di ricerche agronomiche. L’obiettivo è determinare l’origine delle piante contaminate e comprendere le modalità e i tempi del loro arrivo in Corsica. Nel frattempo, “le misure adeguate sono state immediatamente messe in atto per isolare i vegetali colpiti”.

Si spiega ancora: “Sono state definite zone infettate del raggio di 100 metri, e zone tampone da 10 chilometri, per contenere la possibile diffusione, mentre i proprietari delle piante sono stati invitati a disinfestarle e sradicarle subito, poi conservarle in sacchi ermetici fino al termine del divieto estivo di accendere fuochi”.

Il mese scorso il ministero dell’agricoltura francese aveva annunciato il ritrovamento del batterio killer sulle foglie di una pianta simile al mirto, presente sempre in Corsica.




ITALIA – L’inferno romano: un caso politico

“Le sterpaglie in alcuni parchi sfiorano le ginocchia, i lavoratori della metropolitana, scontenti, hanno rallentano il servizio a passo d’uomo, un incendio ha reso il più importante scalo della città (si parla dell’aeroporto di Fiumicino), caotico e affollato, gli arresti di funzionari pubblici si accumulano rendendo evidenti le infiltrazioni criminali nel governo della città”. Questo è il bigliettino da visita che il New York Times offre di Roma, un lungo reportage che parla del degrado della capitale. “Il degrado dei servizi, degli edifici, della qualità della vita e alla sensazione generale che la loro antica città, ancora più del solito, stia cadendo a pezzi” continua il pezzo dedicato a Roma. Tutto questo accadeva più di una settimana fa.

C’è chi queste parole non le ha digerite, come riporta Repubblica.it, e sulla pagina Facebook “Io sto col sindaco Marino” c’è chi posta le foto di una New York con l’immondizia per la strada scrivendo “De Blasio dimettiti”. I fan della pagina scatenati chiedono ai cronisti americani di guardare il loro degrado prima di puntare il dito contro Marino. Anna Rosaria Erriquez, ad esempio, scrive: “Parlare male dell’Italia in genere e di Roma in particolare fa sentir superiore gentucola che vede la classica pagliuzza negli occhi degli altri e ignora la trave che lo acceca……. è tutta invidia….. sempre e comunque, ciò non toglie che dovremmo tenere di più al nostro Paese anche mantenendolo pulito con l’esempio e quando occorre anche protestando contro chi lo sporca”.

Ma se da un lato c’è chi cerca di salvare la dignità della Città Eterna, dall’altra parte sono quasi 90000 le persone che seguono la pagina Facebook di “Roma fa schifo” dove giornalmente si denuncia una città sempre più allo sbando. Dai video della stazione Termini in mano alle bande di scippatori, ai paragoni tra il decoro di città come Varsavia messa a confronto con Via Veneto dove i marciapiedi sono pieni di foglie e sporcizia, fino alle infrazioni dei singoli cittadini, come chi sale sul marciapiede con lo scooter per fare un prelievo del bancomat.

Nel frattempo in queste ore rimbalza in tutti i siti la provocazione dell’attore Alessandro Gassman il quale lancia un appello: “Roma sono io. Armiamoci di scopa, raccoglitore e busta per la mondezza e ripuliamo ognuno il proprio angoletto della città”. Con l’hashtag #romasonoio sono migliaia i fans dell’attore che hanno accolto la sua richiesta e sono pronti a rimboccarsi le maniche. Anche Gigi Proietti dice la sua: “Non c’è un solo settore che funzioni bene dai trasporti alla pulizia delle strade. E’ un momento molto doloroso e è il risultato di qualcosa che si è succeduto negli anni – sottolinea l’attore – Forse noi romani avremmo dovuto presagirlo, ma la verità è che Roma non è molto amata, né dai romani né dai turisti. E invece è una straordinaria capitale e meriterebbe di essere amata di più”.

Non più una città di cui essere orgogliosi ma, parafrasando il titolo del film del collega Paolo Sorrentino, ‘La grande tristezza’. Dopo Alessandro Gassmann è Gabriele Muccino a sfogarsi su twitter. Con foto che documentano il degrado, il regista romano non usa mezzi termini e se la prende con Ignazio Marino: “Un sindaco faccia il sindaco – cinguetta – Non si chiuda nel surgelatore aspettando che la tempesta sia passata. Governi. Oppure vada a casa”.

Nel frattempo resta sempre esasperato il clima all’aeroporto di Fiumicino. Tensione in particolare al Terminal 3 dello scalo romano dopo i ritardi e le cancellazioni dovute all’incendio di mercoledì. Nell’aeroporto Da Vinci “persiste una situazione di criticità nonostante tutti gli operatori presenti in aeroporto stiano continuando a lavorare a pieno regime per contenere i ritardi” afferma l’Enac facendo il punto sui disagi dall’incendio e del blackout, precisando che permane una situazione di criticità soprattutto per i voli low cost.

Osservatore Romano, “Fiumicino ultima frontiera” – Titola così l’Osservatore Romano un articolo dedicato a quanto avvenuto all’aeroporto, “ennesimo, nuovo capitolo della lunga crisi che sta soffocando la città di Roma”. “Tuttavia – scrive il giornale vaticano – Fiumicino è solo la punta dell’iceberg. Dopo Mafia capitale, la crisi dell’Ama e dell’Atac, gli scandali che hanno colpito la pubblica amministrazione, come testimoniato anche dalla relazione del prefetto Gabrielli, e il cambio della terza giunta comunale in poco più di un anno e mezzo, Roma è ormai un caso politico”.

Un centinaio di persone hanno “assediato” la biglietteria della Vueling in cerca di spiegazioni per i continui ritardi. Per riportare la calma tra i passeggeri sono intervenuti carabinieri e Guardia di Finanza.

“Diteci cosa dobbiamo fare, siamo esasperati. Chiamate i responsabili, è da stamattina che siamo qui in fila, fatela finita”, le parole di uno dei passeggeri diretto a Palermo. “Quello che sta succedendo è ai limiti del reale”, gli fa eco un signore che invece sarebbe dovuto partire alla volta di Praga. Le forze dell’ordine stanno cercando, non senza difficoltà, di riportare la calma. In fila ci sono anche famiglie con bambini.

L’Enac ha spiegato: “A Fiumicino persiste una situazione di criticità nonostante tutti gli operatori presenti in aeroporto stiano continuando a lavorare a pieno regime per contenere i ritardi”, che colpiscono in particolare i voli low cost.

Sarebbe partito da un cumulo di rifiuti l’incendio di Fiumicino: lo ha reso noto il Corpo forestale. La zona in cui si è generato è in via del Pesce Luna, a bordo strada, in un’area fortemente degradata e disseminata da rifiuti abbandonati, sia domestici che industriali. Le fiamme sono poi state trasportate dal forte vento. Il punto sulle indagini relative all’incendio che è divampato ieri a Fiumicino nella Pineta di Coccia di Morto è stato fatto in una riunione nella Procura della Repubblica di Civitavecchia, tra il Procuratore Capo Gianfranco Amendola e il Capo del Corpo forestale dello Stato Cesare Patrone accompagnato dal Comandante Regionale per il Lazio e dal Comandante Provinciale di Roma. Le fiamme, trasportate dal forte vento, hanno rapidamente percorso prima gli arbusti della macchia mediterranea limitrofa, per poi interessare la vicina pineta raggiunta in più punti da faville incandescenti prodotte dagli arbusti e dalle canne, che hanno dato origine a diversi focolai. Verosimilmente, dunque, secondo la Forestale il vento ha determinato la rapida propagazione delle fiamme.

“Serve un maggiore rinforzo di personale per le riparazioni e la manutenzione dello scalo”. Sono le parole del presidente dell’Enac, Vito Riggio, che ha parlato del blackout che ha coinvolto l’aeroporto di Fiumicino, già messo a dura prova lo scorso maggio dall’incendio che devastò gran parte del Terminal 3. E’ stato un corto circuito presso una cabina di media tensione a causare il black out durato venti minuti. “Occorre una vigilanza costante e continua di tutti gli apparati – ha sottolienato Riggio -. AdR deve supplire alle carenze di qualche handler in difficoltà”.

Durante il blackout elettrico le operazioni della torre di controllo all’aeroporto di Fiumicino sono proseguite regolarmente grazie ai gruppi di continuità assoluta di cui il sistema operativo dell’Enav è dotato. Pertanto, decolli ed atterraggi degli aerei, a quanto si è appreso, si sono svolti regolarmente anche durante i circa venti minuti di interruzione dell’elettricità.

Sono ancora diverse però le aree al buio come alcuni esercizi commerciali della zona Arrivi e Partenze ed anche uno dei controlli dei bagagli fuori misura nella zona Partenze dello stesso T1. Sono ancora fuori uso anche alcune scale mobili che collegano le aree del Terminal. Restano in piena funzione invece tutti i desk dei check-in così come le aree di imbarco alla loro piena operatività in una giornata considerata con il più alto tasso di arrivi e partenze a Fiumicino.

Ci sono ancora code di disagi e ritardi all’aeroporto di Fiumicino per le ripercussioni legate all’incendo che ha colpito prima la zona di Pesce Luna e poi la pineta di Focene, che si trovano non distanti dalla pista numero uno. Dopo che, durante la notte, si erano ancora prolungati forti ritardi nei voli, anche di diverse ore, con lamentele dei passeggeri, costretti a lunghe attese e alla ricerca di informazioni, anche la prima mattinata è stata segnata da diverse situazioni analoghe.

ENAC convoca Adr e Alitalia – L’Enac, dopo l’incendio di ieri all’aeroporto di Fiumicino ha convocato per il giorno 6 agosto gli Accountable Manager di Aeroporti di Roma e di Alitalia. Lo si legge in una nota secondo cui intende “verificare la rispondenza delle azioni poste in essere a quanto previsto dalla normativa vigente e di ribadire obblighi e competenze a carico delle due figure”.

Ryanair: “Se Alitalia lascia aumenteremo aerei e rotte”

Alitalia pronta a mollare Fiumicino? Noi invece no, anzi raddoppiamo. E’ questo il messaggio che la compagnia low cost irlandese ha lanciato all’indomani del ventilato addio della compagnia di bandiera italiana al Leonardo Da Vinci. Troppi i problemi degli ultimi mesi secondo Alitalia. Per RyanAir invece l’aeroporto romano sembra essere strategico.

“Sin dall’apertura della propria base a Roma Fiumicino nel 2013 (la seconda a Roma)”, fa sapere la compagnia, “Ryanair ha continuato ad accrescere il numero di rotte, ad aumentare traffico e posti di lavoro a Fiumicino. Ryanair continua a lavorare a stretto contatto con ADR per accrescere turismo, traffico e posti di lavoro a Roma, in un momento in cui sia Easyjet sia Vueling stanno tagliando il proprio traffico a Fiumicino e Alitalia sta facendo i capricci e minacciando di fare tagli o di andare via”.

Robin Kiely, direttore della comunicazione di Ryanair poi spiega: “Ryanair prende atto dei commenti di Silvano Cassano e aggiungerà più aeromobili, voli a tariffe basse e rotte da e per Roma Fiumicino se Alitalia dovesse effettuare tagli o lasciare l’aeroporto”.

Secondo “quale maggiore compagnia in Italia, Ryanair sta contribuendo alla crescita del turismo italiano, del traffico e dei posti di lavoro, in un momento in cui Alitalia minaccia Fiumicino, e Easyjet e Vueling stanno tagliando il proprio traffico a Roma, e restiamo impegnati a crescere presso gli aeroporti sia di Roma Fiumicino sia di Roma Ciampino, offrendo ai consumatori e ai visitatori una scelta di 56 rotte da Roma, alle tariffe più basse”.

Non manca la frecciata alla compagnia di bandiera: “Forse è tempo che Alitalia provi ad abbassare le sue tariffe e faccia in modo che piloti e assistenti di volo non scioperino anziché incolpare ingiustamente gli aeroporti italiani che stanno lavorando duramente per accrescere turismo e posti di lavoro in Italia”.

Intanto gli autisti e macchinisti dell’Atac hanno protestato in divisa tutto il giorno sotto il Campidoglio. Un ‘assedio sonoro’ a Palazzo Senatorio con fischietti e cori. Tutti in piazza per dire ‘no alla privatizzazione’, possibile progetto annunciato dal sindaco di Roma Ignazio Marino per evitare il fallimento della municipalizzata che si occupa di trasporti. In camicia blu dell’Atac hanno manifestato senza nessuna bandiera né di partito né di sindacato, ma solo con addosso la divisa di servizio. Poi dalla piazza si è alzato un coro: “Siamo tutti Christian Rosso”, inneggiando al collega sospeso a tempo indeterminato per aver fatto un video-denuncia postato su Facebook dove spiega i motivi dei disservizi nei trasporti capitolini. “Atac mi ha sospeso perché non ci sono mezzi per circolare, non per colpa dei lavoratori”, ha spiegato Christian Rosso presente alla manifestazione. Al suo annuncio è esplosa la rabbia dei colleghi che gli hanno espresso solidarietà.

“Stanno creando un martire e lo stanno creando loro, allargando a macchia d’olio questa vicenda. Io sono stato sospeso a tempo indeterminato dal prossimo 27 agosto non prenderò più lo stipendio perché ho informato i cittadini” ha aggiunto Rosso in piazza. “Due minuti prima del turno – ha spiegato – sono venuti a notificarmi la sospensione, ci sono anche rimasti male loro perché nemmeno ho letto il foglio che mi hanno consegnato. Non mi interessa, io voglio davvero che i cittadini sappiano”.

Dura la reazione del sindaco Ignazio Marino a chi gli chiedeva della sospensione: “Questa domanda la poteva fare a un politicante del secolo scorso, non a me. Io non mi occupo di amministrazione delle aziende ma di selezionare le persone che devono poi avere la responsabilità strategica delle aziende come gli assessori che a loro volta scelgono i dirigenti e i cda delle aziende di loro competenza. In questa città, purtroppo, in passato è accaduto e continua ad accadere che quando qualcuno deve essere punito o licenziato arrivi la telefonata del politico che dice ‘No, ha fatto la campagna elettorale’. A me non me ne frega niente che ha fatto la campagna elettorale di uno di destra o di sinistra. Se fa bene fa bene, se fa male viene giudicato per quello che fa”. Diversa la reazione di Stefano Esposito, neo assessore comunale ai Trasporti: “Invito l’amministratore delegato dell’Atac a valutare forme diverse di sanzioni”. E dalla piazza gli autisti hanno scritto un messaggio diretto al sindaco: “Raccolta fondi per un biglietto di sola andata per Genova per Marino”, posizionato sotto l’ingresso del Campidoglio. Poi, poco prima delle 18, il presidio di protesta, che andava avanti da questa mattina, si è sciolto.

Tra gli striscioni portati in piazza anche ‘Lavoratori e utenti a difesa della Roma-Lido’, ‘Per nascondere la verità c’hai messo contro l’intera città’, ‘False promesse e videomessaggi, son stati questi i veri disagi’. “Ieri il neo assessore Esposito ha detto che si prenderà tre mesi di tempo – hanno spiegato i lavoratori – ma tre mesi non ci sono. Lui e Marino vogliono dare Atac in pasto ai privati dopo averci fatto firmare un accordo vergognoso ma che prevedeva la permanenza di Atac – ha aggiunto – in house (con società interamente a capitale pubblico ndr) fino al 2019: il trasporto è un servizio pubblico e ha bisogno di rimanere tale. Il nostro obiettivo è che il servizio rimanga pubblico, Marino scenda e venga a parlare con noi lavoratori e utenti o riceva una delegazione, perché se è in buona fede è disinformato”.

“Abbiamo scelto il Campidoglio per la nostra protesta perché le dichiarazioni di Marino sono imbarazzanti – ha detto Micaela Quintavalle, presidente del sindacato Cambia-Menti – Ci ha scaraventato contro l’utenza, volendo dimostrare che la colpa è degli autoferrotranvieri. C’è un macabro disegno, la colpa dei disservizi è della ‘troika romana’: governo locale e attuale, organizzazioni sindacali più rappresentative e dirigenza. I disservizi finirebbero se venissero assunte mille unità sul personale viaggiante, operai e meccanici, e se venissero sostituiti e mezzi, che sono vecchi e con tanti km”. Secondo Quintavalle, la privatizzazione “non aiuta nessuno, né i lavoratori né i cittadini. Il privato deve guadagnare. Il trasporto pubblico può funzionare solo se si mettono a governo dell’azienda persone competenti” che, secondo Quintavalle, non è stato fatto: “Serve disconitinuità, e non questa paventata da Marino, che mette in azienda persone che ignorano come funziona un autobus e un treno e parla solo con le organizzazioni più rappresentative. Deve parlare con noi”.
Una vera bomba è deflagrata all’interno del Porto turistico di Roma, ad Ostia sul Lungomare Duca degli Abruzzi, 84. I finanzieri del Comando Provinciale di Romahanno eseguito 4 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti dei componenti di un’ampia associazione criminale, facente capo a Mauro Balini presidente del Porto Turistico di Roma.

I 4 arrestati sono accusati di “associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, riciclaggio, impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita, trasferimento fraudolento di valori”.

Oltre Balini, in manette sono finiti due “testa di legno” e un avvocato con studio nella Capitale. Altre 9 persone sono state denunciate a piede libero. Numerose le perquisizioni presso i domicili delle persone coinvolte, le sedi di diverse società e gli studi professionali di due avvocati e di un commercialista.

Nell’operazione eseguita dalle Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma sotto la direzione della Procura della Repubblica della Capitale sono stati sequestrati beni mobili e immobili, quote societarie e conti correnti bancari ed il “diritto di superficie su oltre 1300 beni demaniali”, all’interno del porto turistico di Ostia, ossia posti barca, parcheggi, strutture amministrative, commerciali e aree portuali, nonché, per alcuni di essi, il relativo diritto di utilizzo. Il valore commerciale di tutti i beni sottoposti a sequestro è stimato “in oltre 400 milioni di euro”.

Le indagini, avviate nel 2012, per una “ipotesi di bancarotta”, hanno consentito di accertare come i quattro complici avessero “scientemente portato al fallimento la A.T.I. S.p.a.​”, società che aveva curato la realizzazione del Porto Turistico di Roma e che, sino al 2008, era concessionaria dell’infrastruttura, appartenente, peraltro, ad un gruppo di imprese riconducibili allo stesso Balini.

Proprio quest’ultimo, con la complicità di fidati collaboratori e professionisti e grazie a “prestanomi” e “società schermo”, aveva realizzato un “complesso schema societario volto a distrarre fraudolentemente ingenti risorse, patrimoniali e finanziarie, in pregiudizio della fallita A.T.I. S.p.a., dei creditori e dell’erario, per un passivo finale di oltre 155 milioni di euro”.

Balini, secondo gli inquirenti, sembrerebbe essere al centro di tutto. All’imprenditore è stato, inoltre, “contestato il reato di trasferimento fraudolento di valori, per aver intestato a società apparentemente terze, il prestigioso attico sul litorale ostiense in cui vive, anch’esso sottratto fraudolentemente alla A.T.I.”, e un lussuoso catamarano, nella sua esclusiva disponibilità, acquistato, in larga parte, “con risorse sottratte alla fallita mediante il descritto sistema di frode”.

Secondo la Finanza, il disegno criminale nasce nel 2005, quando Balini si “precostituì un ingente credito nei confronti della A.T.I. S.p.a. per oltre 28 milioni di euro, simulando, tra l’altro, l’accollo di un debito in capo alla fallita originato dalla ricezione di false fatture emesse da società riconducibili a suoi fedeli sodali”.

Giustificando le operazioni come “restituzione finanziamento soci”, Balini aveva, quindi, potuto “prelevare ingenti somme dalle casse aziendali nonché distrarre beni immobili dal patrimonio sociale in favore di altre imprese a lui riconducibili”.

Nel 2008, in perfetta sintonia con il piano criminale in atto, la Porto Turistico di Roma S.r.l., posseduta proprio da Balini, aveva ottenuto, dalla A.T.I. S.p.a., la “voltura della concessione sull’intera infrastruttura portuale, ed era, così, subentrata nella possibilità di realizzare l’ampliamento del porto, poi autorizzato nell’agosto 2013, incassandone i conseguenti ingenti profitti”.

IL PORTO DI OSTIA – La struttura attuale si sviluppa su una superficie di circa 22 ettari e dispone di 840 posti barca per lunghezze comprese fra gli 8 e i 60 metri. L’ampliamento del porto ne aumenterà la capienza sino a 1419 posti barca, mettendo a disposizione dei natanti circa 611 nuovi punti di ormeggio per imbarcazioni da diporto lunghe tra i 12 ed i 70 metri”

Ma non finisce qui. Estate, gente in vacanza, case vuote, a Roma, tra i pericoli, specie negli appartamenti popolari, c’è quello di ritrovarsi la casa occupata. Un pericolo che rischiava di diventare la triste realtà in due appartamenti Ater di Fonte Ostiense. Qui la polizia locale, guidata dal Comandante Massimo Fanelli, è intervenuta due volte per evitare gli abusi.

La prima in via Paolo Buzzi. Qui una donna anziana, al suo rientro da una commissione, aveva trovato all’interno del suo appartamento un’altra donna che dichiarava di esserne la titolare. Agli agenti è bastato fare rapidamente le necessarie verifiche per restituire l’appartamento alla legittima titolare, in lacrime per la gioia, e denunciare l’occupante abusiva all’Autorità Giudiziaria.

La seconda segnalazione, sempre nella stessa strada, ha di fatto permesso di sventare una occupazione in corso d’opera. La rapidità di intervento dei vigili ha messo in fuga gli occupanti che avevano già forzato la porta di ingresso, smurandola. Durante la perlustrazione gli agenti hanno trovato nell’appartamento tracce di più persone e attrezzi, che sono al vaglio per le doverose indagini.




ITALIA – Xylella: nuovi tagli a Oria (Br). Fiaccolata in attesa del Commissario europeo

Il rumore sordo delle motoseghe è tornato a farsi sentire in contrada Frascata, a Oria. Un cordone di sicurezza protegge le motoseghe dalle possibili contestazioni.

Ma in attesa dell’incontro tra i vertici della Regione Puglia, gli scienziati e il  Commissario Europeo Vytenis Andriukaitis in visita in Puglia il prossimo 20 luglio il comitato #difendiAMOgliulivi, per il quale “la responsabilità della devastazione del patrimonio olivetato compiuta a Oria ricade sulla Commissione Tecnica Regionale”, che “agisce sulla base di teorie e ipotesi scientifiche senza tuttavia aver mai prodotto alcuna pubblicazione ufficiale riguardante il ceppo pugliese del batterio Xylella, l’eventuale patogenicità dello stesso ed una diagnosi che consideri tutti i fattori inerenti al complesso del disseccamento rapido degli olivi”, ha organizzato  la fiaccolata “Fuori la mafia della Xylella dallo Stato”.

Mentre infine la Procura leccese ha chiesto altri sei mesi di proroga per le sue indagini, sembra che la partita politico-istituzionale sulla Xylella si stia invece giocando proprio in queste settimane, se non in questi giorni. Tant’è che il commissario europeo per la Salute, Vytenis Andriukaitis, lunedì prossimo verrà qui in Salento a vedere la situazione. Ma lo hanno già “blindato”: ad ora le autorità italiane non hanno permesso alla Ong “Peacelink” (accreditata a Bruxelles) e neanche ai comitati locali d’incontrarlo.

Nella sua “Relazione sullo stato di attuazione delle misure di contrasto alla Xylella fastidiosa in Italia”, datata 6 luglio 2015, il ministero per le Politiche agricole certifica che dall’ottobre 2014 al giugno scorso sono stati effettuati 26.755 analisi campionarie su piante in provincia di Lecce e a Oria (Brindisi), l’87 per cento delle quali su ulivi, il resto su mandorli, oleandri e viti. E tra quelle piante esaminate, 23.867 non mostravano sintomi di contagio da Xylella. Risultati? La positività è stata riscontrata in 612, la negatività in 24.381.
A proposito, annota poi il ministero che “complessivamente in tutta Italia sono state portate a termine quasi 33.600 ispezioni” e “si può dichiarare l’intero territorio italiano ufficialmente indenne da Xylella, a eccezione delle aree delimitate delle Province di Lecce e Brindisi”.
Così adesso si spiega un certo, crescente, malumore a Bruxelles e la richiesta, che stanno mettendo a punto in Commissione, di dettagliati chiarimenti sull’intera faccenda.
Là qualcuno non pensa certo, almeno a stretto giro, di farlo sapere ufficialmente, ma comincia a sentirsi preso in giro. E non solamente per questi numeri. Perché, ad esempio, fin dal maggio scorso l’esito delle analisi effettuate su cinque dei sette ulivi tagliati a Oria il 13 aprile perché “infetti” era risultato sorprendente: solamente due avevano tracce di Xylella e solamente sulle fronde.
E allora, proprio sulla base di queste analisi, a Bruxelles ci si chiede quale senso avesse spedire a far diventare legna da ardere altri quarantacinque ulivi sempre di Oria. Poi, caso Oria a parte, l’Ue si domanda soprattutto perché si sia parlato d’epidemia, di milioni di ulivi da tagliare e di catastrofe agricola. Perché, insomma, il governo italiano descriva, appunto, una “situazione di emergenza non fronteggiabile con mezzi e poteri ordinari”.
La domanda ovviamente resta tutta: cosa sta disseccando parecchi ulivi salentini? Visto pure che sempre il nostro governo e sempre nella sua Relazione mette nero su bianco che è stata “esclusa qualsiasi forma inquinante del terreno e dell’ambiente” a fronte del “quadro sintomatologico fitosanitario alquanto complesso tale da definire un nuovo temine tecnico Complesso del disseccamento rapido dell’olivo”.

Sono in ballo finanziamenti da milioni di euro.

E le associazioni sostengono una “verità diversa da quella “finta” e “gonfiata” ufficiale”. Affermano che non si tratta di una epidemia che richiede uno stato di emergenza, che richiede aiuti per centinaia di milioni di euro.

​Il sipario va alzandosi. E la scena via via è sconfortante. Che nemmeno il 2 per cento (quasi l’1,8) del campione degli ulivi salentini analizzati sia risultato positivo alla Xylella ha dovuto adesso metterlo nero su bianco il governo italiano, nella sua relazione ufficiale consegnata una settimana fa alla Commissione europea. Eppure annota anche “la notevole criticità per la gestione di questa emergenza fitosanitaria, unica per la sua specificità” e, addirittura, una “situazione di emergenza che, per intensità ed estensione, non è fronteggiabile con mezzi e poteri ordinari”.

Fonti ufficiali sostengono che l’estensione dei focolai in Puglia è stata aggravata dalle condizioni climatiche dell’inverno 2013-2014, la cui particolare mitezza non è stata in grado di compiere un abbattimento di massa del vettore sufficiente a contenere la diffusione dell’infezione. Come concausa viene segnalato l’eccessivo sfruttamento agronomico del suolo, il cui humus si è impoverito; che nel 2015 alla distribuzione puntiforme dei focolai della provincia di Lecce se ne è aggiunto anche uno in provincia di Brindisi, nel comune di Oria, che attesta il travalicamento a nord dei precedenti limiti territoriali.

La Xylella è fortemente dannosa e, essendo anche non nativa dell’Europa, i protocolli la classificano come un patogeno da quarantena.

In California, ma anche in altri stati americani e in altri paesi come il Brasile, la Xylella è un problema rilevante, responsabile di numerosi danni agronomici. Non esistono cure.

L’ Europa non ospitava la Xylella  anche se ci fu una segnalazione non confermata in Kosovo nel 1998.

Non si sa come sia sbucata in Italia. Con i traffici commerciali è possibile che un microrganismo possa essere trasportato oltremare mentre tutti sono ignari. La pista investigativa ha poi negli anni successivi portato al Costa Rica, perché la Xylella analizzata ha un profilo genetico che appartiene a quello della sottospecie pauca, proveniente proprio da lì, a quanto pare arrivata tramite una pianta da caffè. Il batterio è trasportato da un insetto particolare che funge da vettore.

Qualcuno ipotizza che ci sia lo zampino della Monsanto.

La magistratura ha anche aperto un’indagine sul fatto che a fini sperimentali sia stato importato un ceppo a Bari, che non si sa come non si sa quando sarebbe stato rilasciato per sbaglio nel Salento. Il fenomeno ha iniziato a manifestarsi nel 2009/2010 nell’entroterra di Gallipoli e nella parte occidentale della penisola salentina. Focolai puntiformi molto virulenti del Complesso del disseccamento rapido dell’olivo sono segnalati su ulivi in tutto il Salento e nella provincia di Lecce, con centinaia di impianti già appassiti e morti.

Vedremo cosa concluderà, mentre il parere degli esperti è che non ci siano stati rilasci.

Immediatamente le autorità scientifiche si sono concentrate su di essa e hanno disposto l’allarme per la contaminazione, che si potrebbe estendere rapidamente, e per la ricerca del vettore. L’esportazione delle barbatelle da vigna è stata proibita in via precauzionale, per esempio. La Regione Puglia ha iniziato a emettere comunicati, forse poco cauti dato che nella popolazione si diffondono agitazione e allarmismo.

La rilevazione di Xylella fastidiosa nei tessuti vegetali viene effettuata presso il laboratorio Basile Caramia di Locorotondo, con un protocollo dell’Istituto di virologia vegetale, dal Cnr e dall’Università di Bari.

Ogni risultato positivo viene messo poi a conferma presso il laboratorio di riferimento a Bari. In media vengono analizzati 150 campioni al giorno, ciascuno pagato 10 € dal Servizio Fitosanitario Regionale. I test per la presenza di Xylella sono stati confermati non solo per gli ulivi, ma anche per verbena odorosa, oleandro, ciliegio, mandorlo, alcune varietà di mirto, ranno lanterno e rosmarino (generi Aloysia, Nerium, Prunus, Myrtus, Rhamnus, Rosmarinus). Si contano numerosi focolai sparsi a macchia di leopardo. Anche per questo le reazioni degli agricoltori del luogo sono contrastanti: alcuni lamentano morie impressionanti, altri praticamente cascano dalle nuvole.

Il vettore invece è stato scoperto dopo pochi mesi: è la sputacchina media (Philaenus spumarius), ordine Rhynchota.

Philaenus_spumarius_03

In Italia ormai l’unica logica che sembra contare è quella che vede come unico fine la sicurezza, nessuno si pone domande e cerca risposte, metodi alternativi all’abbattimento degli alberi.

Qualcuno ha forse pensato che per eliminare la Xylella sia innanzitutto necessario ripulire i terreni lasciati all’incuria dove è possibile che trovi condizioni ideali per riprodursi e diffondersi? Nessuno.

Gli abbattimenti sono ripresi dopo quelli del 13 aprile scorso e guarda caso stanno interessando alcuni alberi piantati nella stessa zona di quelli che, pochi mesi fa, hanno avuto lo stesso destino. Alcuni di questi ulivi erano centenari e le loro coltivazioni sono più che una fonte alimentare ed economica: sono oltre 2000 anni di storia e cultura, simbolo dell’identità italiana e pugliese.

Il Corpo Forestale dello Stato, invece di essere impiegato per far mantenere pulite e in ordine le campagne, che solitamente si trasformano in discariche pericolose perchè facilmente infiammabili, ha predisposto un cordone di sicurezza che impedisce a chiunque di avvicinarsi alla zona delle eradicazioni al fine di evitare eventuali disordini da parte di manifestanti contrari alle misure che si stanno adottando per contrastare la diffusione della Xylella Fastidiosa, il batterio che provocherebbe l’essiccazione degli ulivi.

ulivo

Tutte le vie di accesso ai campi siti lungo la Oria-Carosino, zona in cui le motoseghe stanno abbattendo gli alberi in questo momento, sono bloccate.

Si sa a malapena come contenere la diffusione della malattia e le zone colpite sono solo una parte della produzione olivicola regionale. Il timore è che l’infestazione giunga ai centri di Andria-Cerignola-Bitonto, e da lì in poi continui a propagarsi nella penisola (il che sarebbe una catastrofe).

Per questo il piano proposto fin da subito è totalmente drastico: estirpare le piante in una zona di quarantena con fascia-cuscinetto di sicurezza circostante.  Sono tanti i terreni con ulivi non coltivati  pieni di sterpaglie su cui non si agisce. Mentre vengono  stabilite varie “misure agronomiche da attuare negli uliveti” (arature, potature regolari, falciature) e un “piano di controllo degli insetti vettori e potenziali vettori” mediante l’applicazione di insetticidi sistemici sull’intero ecosistema agrario.

Anche l’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, ha rilasciato un parere tecnico-scientifico che porta a cercare di impedire ogni possibilità di contaminazione al di fuori delle zone colpite, temendo che il vettore non sia contenuto e che le misure agronomiche abbiano effetti deleteri sull’ambiente; mentre l’Unione Europea vuole mettere in quarantena buona parte del Salento. Il caso mediatico cresce.

A opporsi, oltre ad alcuni gruppi di agricoltori, sono i responsabili dei parchi naturali, poiché i trattamenti generali sono eccessivi per le aree protette secondo la legislazione.
Chi ci guadagna? Chi ci rimette?

Ci sono finanziamenti comunitari sia per il miglioramento della condizione di uliveti mal curati (e che facilmente vengono contagiati e quindi destinati all’espianto) sia per il piano di contenimento regionale (“bonifica” delle zone demaniali ed estirpazione, demaniale e privata). Per le estirpazioni non ci sono risarcimenti, mentre i fondi per i ricercatori a Bari languono. Sono domande che rappresentano una situazione di preoccupazione, confusione, timore e sensazione di essere presi in giro, diffusa fra gli abitanti. I produttori locali sono piuttosto sconfortati per varie ragioni:

la gestione del problema ha una cattiva tempistica ed emergono notizie confuse di primi focolai di disseccamento rinvenuti già nel 2010 se non nel 2008 (molto prima dell’outbreak ufficiale);
la prevalenza della Xylella negli alberi affetti dalla malattia manca all’inizio di dati chiari con pubblicazione esclusiva di quelli sui primi campionamenti totali, i quali erano stati fraintesi nei rilevamenti a campione (che confermavano circa 400 campioni positivi su 16.000 campioni casuali totali riguardanti piante sia sane che malate);
c’è impazienza sull’esito dei test di patogenicità;
mancano risposte su una possibile cura e sui stanziamenti per la ricerca i cui fondi languono;
l’ingente utilizzo di insetticidi e l’inquinamento della falde suscitano preoccupazione per la salute pubblica, nonché per il danneggiamento della fauna;
attualmente non ci sono indennizzi per i proprietari di oliveto che stanno andando incontro a espianto forzato.

Intanto il tempo passa e la situazione si fa sempre più caotica nei comunicati: ora eradicare, ora solo trattare, ora estirpare di nuovo, ora lasciar stare. I coltivatori locali si spazientiscono dopo tanti allarmismi. Ma a oggi, il Corpo Forestale definisce la situazione  fuori controllo.