Cagliari. Una guida di parità nasce a scuola

Una guida turistica al femminile colma ovunque un vuoto di oblio e di dimenticanza di tante donne che, con le loro azioni, con le loro scelte politiche, sociali e di vita si sono distinte in molti settori, contribuendo al progresso democratico e civile del nostro Paese. 

A Cagliari ci si è arrivate attraverso un lavoro didattico assolutamente originale. La guida proposta costituisce la sintesi di un percorso realizzato in tre anni dalla classe 5^A della scuola primaria Santa Caterina, che ha partecipato alle diverse edizioni del concorso nazionale Sulle vie della parità indetto da Toponomastica femminile.

Che cos’è la toponomastica? Questo il problema posto alle bambine e ai bambini che frequentavano la seconda classe. Semplici e divertenti le risposte date: è l’onomastico dei topi, è la domestica dei topi, è il topo che va in discoteca, è la città dei topi… Da qui è partita l’avventura nel mondo delle pari opportunità in generale e della toponomastica femminile in particolare e sono state passate al setaccio le vie e le piazze del quartiere per ricostruire la biografia delle donne che hanno avuto l’onore di un’intitolazione. 

Fig. 1. Città toponomastica

In terza il lavoro di ricerca è proseguito con lo studio delle figure femminili di un altro quartiere cittadino: il Villaggio Pescatori.

In quarta il tema delle pari opportunità ha portato la classe a verificare se fossero state rispettate, nel libro di grammatica in uso, le linee guida indicate nel codice di autoregolamentazione Polite, promosso in Italia dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le pari opportunità. Dalla ricerca, rigorosa e oggettiva, scaturisce una consapevolezza: il genere maschile è maggiormente rappresentato rispetto a quello femminile, i ruoli attribuiti alle donne non corrispondono ai ruoli che oggi svolgono nella realtà, mentre a livello linguistico, l’uso del maschile inclusivo è pervasivo.

Fig. 2. Intitolazione a Joyce Lussu nel Villaggio Pescatori

Queste attività convogliano, nell’ultimo anno, nella produzione della guida. 

A partire dalla toponomastica si è dunque cercato da un lato di ricostruire la biografia di molte figure femminili più o meno note – Santa Caterina e Sant’Eulalia, Mercede Mundula e Grazia Deledda, Anna Marongiu Pernis e Maria Piera Mossa, Joyce Lussu e Rosa Luxemburg, Mafalda di Savoia ed Eva Mameli Calvino – dall’altro di conoscere il contesto storico in cui le strade e le piazze si trovano, per ricostruire la storia della città, del suo passato, dei suoi monumenti, delle donne e degli uomini che le hanno attraversate.  

Fig. 3. Ritratto di Mafalda di Savoia e Maria Piera Mossa

Viene presentato un sistema di itinerari studiati sulla base della specificità di ciascun quartiere e proposti alle viaggiatrici e ai viaggiatori attraverso un incontro dinamico, coinvolgente ed evocativo, in modo tale da tenere sempre desta la loro curiosità e la voglia di conoscere.

La guida presenta al suo interno diversi percorsi, ognuno dei quali, rappresentato da un colore specifico, corrisponde a un quartiere storico della città di Cagliari – Castello, Stampace, Marina, Villanova e Villaggio Pescatori. Bambine e bambini prendono per mano turiste e turisti per accompagnarle/i, passo dopo passo, in scenari ricchi di atmosfere e magie e nella storia millenaria di Cagliari, dalla fondazione da parte dei Fenici agli invasori che si sono succeduti nel corso dei secoli: Cartaginesi, Romani, Vandali, Bizantini, periodo Giudicale, Pisani, Aragonesi, Catalani, Spagnoli, Piemontesi.

Grazie Deledda nel testo poetico Noi siamo sardi, riportato nella guida, ben descrive le conquiste dei vari invasori che si sono avvicendati sul territorio isolano, evidenziando soprattutto la fierezza del popolo sardo.

Fig. 4. Bastione Saint Remy e Torre pisana

Il primo itinerario parte dal quartiere Castello, dove è ubicato l’istituto che le alunne e gli alunni hanno frequentato tutti i giorni da ben cinque anni.

Proprio davanti al piazzale scolastico si trova Via Bastione Santa Caterina, viene pertanto ricostruita la biografia della santa che ha dedicato tutta la sua breve vita ai poveri, agli ammalati e ai carcerati.

Cara e caro turista,

via Bastione Santa Caterina fa angolo con via Canelles. Se proseguiamo in direzione di Piazza Palazzo, arriviamo in una suggestiva piazzetta dedicata a Mercede Mundula, dalla quale si ammira un paesaggio mozzafiato che spazia dal quartiere Villanova, a Monte Urpinu, alla laguna di Molentargius.

Viene così ricostruita la biografia della scrittrice delle donne, Mercede Mundula che, come espressamente dicono bambine e bambini, “si è distinta ed è riuscita a fare cose che a quell’epoca poche donne si sognavano di fare”.

Mercede Mundula scrive articoli sulle figure femminili presenti nelle opere di Grazia Deledda, studia personaggi come Eleonora d’Arborea e Santa Teresa d’Avila, pubblica diverse raccolte di poesie, scrive su riviste per bambine e bambini e romanzi per adulti.

Fig. 5. Intitolazione a Mercede Mundula

Tra le “Curiosità”, che chiudono tutte le biografie, riportiamo ciò che l’artista scrive su Grazia Deledda, con la quale aveva intrecciato un’amicizia ventennale:

Grazia Deledda fu non solo scrittrice originalissima, ma donna singolare, e della specie più insolita, che è poi quella di non aver l’aria di esserlo; il che, per una donna che scrive, è fenomeno assolutamente raro.

La ventennale, fedele amicizia che mi legò a lei è stata anch’essa cosa originale. C’era fra noi come una tacita intesa: parlare poco di letteratura e molto dei fatti veri della vita, tanto che a voler dare un titolo alle nostre lunghe conversazioni sceglierei senz’altro questo: “Meditazioni sulle cose”.

Continua quindi il dialogo con la passeggiata nella rocca di Castello:

Gentile turista,

proseguendo in via Martini, dopo circa cinquanta metri arriviamo nella piazzetta dedicata a Mafalda di Savoia.

Attraverso fonti scritte, visive e iconiche, le scolare e gli scolari hanno ricostruito la biografia di Mafalda di Savoia. Ecco le loro parole:

Mafalda di Savoia era nata principessa con i camerieri e i servitori. Aveva come padre il re d’Italia e come madre Elena di Montenegro. Mafalda aveva un sacco di nomi. Si sposò con un principe tedesco che si chiamava Filippo.

Durante la seconda guerra mondiale, il re si alleò con i tedeschi che iniziarono a bombardare gli inglesi, allora gli inglesi, insieme agli americani cominciarono a bombardare i tedeschi.

Il re d’Italia, visto che voleva far finire la guerra, firmò un trattato di pace con gli americani, ma i tedeschi non volevano. Mafalda fu catturata dai tedeschi e portata in un campo. 

Gli americani e gli inglesi lanciarono bombe “a manetta”, una sfiorò Mafalda e le bruciò il corpo. Prima di morire disse: Ricordatemi come una donna normale.

Mafalda aveva sofferto molto, ma era molto coraggiosa e generosa e l’ammiriamo tanto. Hanno fatto bene ad intitolarle una piazza.

Fig. 6. Castello

Divertenti e interessanti le notizie inserite nella voce “Curiosità gastronomiche”. Ci sono, infatti, diversi tipi di alimenti che portano il nome di Mafalda: le Mafalde, un tipo di pasta caratteristico della Campania, la Mafalda siciliana, un pane tipico siciliano e la Mafalda di Galatina, un gelato artigianale del Salento (Puglia), a base di cioccolato. 

Ogni itinerario si conclude con la voce “Cos’altro potrete scoprire nel quartiere…”. Ed ecco che bambine e bambini indicano i monumenti e le bellezze artistiche e architettoniche presenti, ad esempio, nella rocca di Castello: torri pisane poste a guardia del quartiere, la monumentale Cattedrale di Santa Maria, il Bastione di Saint Remy dal quale si ammira uno dei paesaggi più suggestivi della città che abbraccia il mare, lo stagno, le montagne e l’entroterra; il tutto reso allegro e accattivante dai disegni realizzati “dal vero” da tutta la classe.

Fig. 7. Cattedrale

Appena superate le bianche mura che circondano il quartiere Castello, entriamo immediatamente nel quartiere Stampace, contraddistinto nella guida dal colore verde, scelto per la collocazione al suo interno dell’Orto Botanico. Qui ha inizio il secondo itinerario. E poi il terzo e il quarto.

All’interno della guida, è possibile rintracciare altri percorsi che arricchiscono le conoscenze: dagli itinerari turistici letterari – con le poesie di Grazia Deledda, Bertolt Brecht, Garcia Lorca, e gli scritti di Joyce Lussu e di Mercede Mundula – agli itinerari turistici storici che ricostruiscono la storia di Cagliari e dei suoi quartieri; dagli itinerari turistici paesaggistici, che spaziano dall’Orto Botanico al Bastione Saint Remy, dalla Laguna di Santa Gilla al Villaggio Pescatori, agli itinerari turistici archeologici e turistici artistici – con l’iconografia di Santa Caterina e di Santa Cecilia, le acqueforti realizzate da Anna Marongiu Pernis, la scultura di Pinuccio Sciola dedicata al grande pensatore Antonio Gramsci.

Fig. 8. Al lavoro

Di grande rilevanza, per la costruzione di un linguaggio di genere, sono gli itinerari turistici linguistici che si ricavano soprattutto dalle professioni svolte dalle donne delle quali è stata ricostruita la biografia: la turista, la visitatrice, la viaggiatrice, la poeta, la santa, la figlia, l’autrice, la scrittrice, la principessa, l’artista, la pittrice, l’arredatrice, la caricaturista, l’illustratrice, l’acquafortista, l’incisora, la botanica, la direttrice, la matematica, la chimica, l’insegnante, la regista, l’operaia, la documentarista, la partigiana, la traduttrice, la rivoluzionaria, la politica, la filosofa, la pacifista, la vergine, la martire. Le bambine e i bambini, applicando le regole della grammatica italiana, che consente sempre la declinazione al femminile di tutte le professioni indicate nella guida, utilizzano un linguaggio rispettoso delle professioni svolte dalle donne oggetto d’indagine, donne che offrono modelli diversi in cui identificarsi per costruire un’immagine positiva di sé e per aspirare a professioni di prestigio. 

Il prezioso lavoro al servizio della comunità, della cittadinanza e delle turiste e dei turisti – on line e sfogliabile – rappresenta un utile strumento per informarsi e orientarsi nei quartieri storici cittadini.

Realizzato dalle alunne e dagli alunni della classe 5^A del plesso di scuola primaria Santa Caterina e dalla classe 1^E della scuola secondaria di I grado di Via Piceno, Cagliari.

https://www.sfogliami.it/fl/167784/81btmmhrm6s3kqjuv9r7ubbumfc9rtjn




ITALIA – A Cagliari, tra regnanti, artiste e letterate di Villanova

Di Agnese Onnis

 Nella prima metà del XX secolo, la città di Cagliari ha visto espandere il suo abitato a partire dai due quartieri storici di Villanova, ad est di Castello, e Stampace, ad ovest, che già da secoli accoglievano le famiglie contadine emigrate dalla vicina pianura del Campidano.

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FOTO 1. MAPPA

La parte più antica di Villanova si riconosce dalle sue casette basse e colorate, che nascondono orti e giardini interni, e da ciò che resta delle minuscole botteghe artigianali sopravvissute alla crisi. Le vigne e i frutteti che circondavano l’area fino alla prima metà dello scorso secolo hanno lasciato gradualmente posto dapprima a villini liberty e palazzine discrete, e infine ad alti edifici abitativi e chiassose strade.

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FOTO 2. VILLANOVA VECCHIA

A fungere da raccordo fra il quartiere arroccato di Castello e il piano di Villanova è il Terrapieno, utilizzato nel XVIII secolo come avamposto delle fortificazioni militari legate ai Savoia e trasformato, negli anni Trenta, in passeggiata panoramica, a un metro e mezzo di altezza al di sopra del viale Regina Elena.

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FOTO 3. TERRAPIENO

La regina Elena è dunque la prima figura femminile che s’incontra nel percorso, cara al popolo e rispettata per la sua generosità. Non amava la vita di corte: indossava il grembiule per dirigere le cameriere, curava personalmente tutti i particolari dei ricevimenti, insegnava alle figlie a cucire, a lavorare a maglia, a fare i dolci. Aveva un gran senso del dovere e della dignità, tanto che per il tragico terremoto di Messina del 1908, si dedicò personalmente ai soccorsi. Durante la prima guerra mondiale fece l’infermiera a tempo pieno e trasformò il Quirinale in un ospedale.  Si interessò alla medicina, fino a meritare una laurea ad honorem; ancora oggi molti ospedali e reparti ospedalieri portano il suo nome. Finanziò opere benefiche e sembra fosse anche intervenuta presso il re a favore degli ebrei, ai tempi delle leggi razziali.

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FOTO 4. VIALE REGINA ELENA

Il Terrapieno si chiude con l’ingresso ai Giardini pubblici, dove, nella palazzina della ex Polveriera, ha sede la Galleria Comunale d’arte diretta da Anna Maria Montaldo, che l’ha valorizzata e fatta emergere a livello nazionale guadagnandole, per la buona gestione, il titolo di secondo museo civico.

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FOTO 5. GALLERIA COMUNALE D’ARTE

La Galleria espone, tra le tante opere, alcune produzioni di artiste. Al piano terra sono in mostra diverse tele della pittrice umbra Deiva De Angelis (Veduta romana, Paesaggio con alberi, Nudo femminile).

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FOTO 6. TESTA DI CONTADINA

Al primo piano sono presenti lavori di Antonietta Raphael Mafai (Testa di contadina, foto 6), Rosanna Rossi (Composizione), Mirella Mibelli (Bagnante), Maria Lai (Ritratto di Salvatore Cambosu), Rita Thermes (Coro a tre voci, foto 7).

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FOTO 7. CORO A TRE VOCI

Per ritrovare tracce femminili nella toponomastica dell’area bisogna procedere a ritroso e percorrere viale Regina Elena in direzione della piazza Costituzione. Da lì, imboccata via Garibaldi e voltato subito a destra su via San Lucifero, s’incrocia la strada dedicata alla grande giudicessa Eleonora d’Arborea, a cui è peraltro intitolato anche l’Istituto Magistrale, oggi Liceo psico-pedagogico.

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FOTO 8. ELEONORA (foto di Daniela Serra)

Alla morte di suo padre, il giudice Mariano IV, Eleonora esercitò il ruolo di reggente per i figli minorenni nel giudicato di Arborea.

La sua forte personalità le permise di ottenere il consenso popolare e di imporsi come legislatrice saggia e capace che alla ‘sardesca repubblica’’ applicò nuove regole e leggi incorporate ai Codici paterni, nella famosa Carta de Logu.

Eleonora detiene, insieme a Grazia Deledda, il primato di intitolazione di strade e piazze nei comuni sardi.

A Cagliari, tra le due protagoniste della storia e della cultura isolana, la distanza è breve.

Imboccata la via Iglesias verso piazza Gramsci, e attraversata via Sidney Sonnino (un tempo via Nuova), s’incontra via Grazia Deledda, di poco esterna all’area originaria di Villanova.

Merita una piccola nota la prima traversa di via Iglesias (oggi via Oristano), un tempo conosciuta come arruga de is Panetteras, la via delle panificatrici, di cui purtroppo non è rimasta traccia.

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FOTO 9. DELEDDA (foto di Daniela Serra)

 Con la Deledda l’Isola entra a far parte dell’immaginario europeo, scrive Dino Manca nella sua introduzione critica e filologica al romanzo L’edera.

Grazia, premio Nobel per la letteratura, nacque nel 1871 a Nuoro. La sua biografia è nota e i suoi libri sono stati tradotti in tutto il mondo.

Quale riconoscimento alla fama della scrittrice, la città di Nuoro ha trasformato la sua casa natale nel bel Museo Grazia Deledda.

Anche Cagliari, con l’intitolazione della strada, testimonia il suo omaggio alla grande scrittrice.

La passeggiata si conclude con un’altra dedica letteraria che compare nella seconda traversa destra di via Deledda.

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FOTO 10. ADA NEGRI

Beneficiaria ne è Ada Negri, lodigiana di umili origini che rivolse gran parte delle sue liriche ai temi sociali, tanto da essere definita la poetessa del Quarto Stato. Vicina alle posizioni mussoliniane, e dunque intellettuale di regime, non rinnegò mai le sue idee. Morì nel 1945 a Milano.

Seppure esuli dal tema del percorso e non abbia riferimenti diretti al mondo femminile, va segnalata, a breve distanza dall’ultima meta, la basilica di San Saturnino e l’adiacente necropoli, considerata uno dei più importanti complessi paleocristiani dell’isola. Anche qui, come sempre, si cela una presenza femminile significativa: furono soprattutto tre donne – Renata Serra, Tatiana Kirova, Letizia Pani Ermini – a fissare e divulgare la datazione della fabbrica originaria tra il V e il VI secolo.

Villanova conserva molti edifici di culto interessanti per la storia e l’architettura cittadina, ma nessuno dei tanti è intitolato a donne. Sarà invece il quartiere di Stampace, oggetto della prossima passeggiata, a riportarci nel mondo delle sante.

 




ITALIA – A Cagliari, tra le donne di Castello

Di Agnese Onnis

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FOTO 1. Castello

Posta a sud dell’isola, di cui è capoluogo, Cagliari si caratterizza per i suoi sette colli da cui prendono nome alcuni quartieri: Castello, Tuvumannu/Tuvixeddu, Monte Claro, Monte Urpinu, Colle di Bonaria, Colle di San Michele, Calamosca/Sella del Diavolo e da zone pianeggianti laddove a partire dall’Ottocento sono sorti quelli nuovi.

Anche le targhe delle strade e delle piazze – una vera risorsa per la memoria della città insieme ai suoi luoghi, ai suoi monumenti, ai segni lasciati dai popoli antichi e dominatori – consentono una lettura curiosa della storia delle città attraverso fonti scritte nel circuito urbano.

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FOTO 2. Porta Cristina

Nel quartiere medioevale di Castello si entra attraverso la porta Cristina, costruita nel 1815, quale omaggio del re Carlo Felice di Savoia a sua moglie Cristina di Borbone, regina del Regno di Sardegna.

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FOTO 3. Targa Porta Cristina

Carolus Felix Rex viam planiorem brevioremque a Castro Caralis ad portam arcis regiam aperuit Maria Cristina Regina – Porte egressus in apertam viam nomen suum imposuit – MDCCCXXV. Januario Rotario regni Praeside. “

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FOTO 4. Scuola Santa Caterina

In Castello domina sul bastione Santa Caterina l’edificio della scuola pubblica di quartiere che assume lo stesso nome, costruita nel 1910 sui ruderi del vecchio convento domenicano. La scuola si affaccia sulla piazza Santa Caterina, verso il panorama del porto, della laguna e del mare del Poetto. A destra della scuola, salendo verso la via Fossario, si trova la piazza Palazzo con la cattedrale di Santa Maria edificata in stile romanico-pisano nel 1258, sulle rovine della più antica chiesa di Santa Cecilia, e rimaneggiata alla fine del ‘600 in stile barocco.

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Foto 5. Cattedrale di Santa Maria

Attraversata la piazza Indipendenza verso via Lamarmora, al civico 63 di un palazzo settecentesco una targa ricorda l’abitazione della nobildonna Francesca Sanna Sulis, la prima imprenditrice del ‘baco da seta’ in Sardegna. Nelle sue proprietà terriere del Sarrabus avviò e consolidò le bachicolture produttive fin dalla metà del Settecento ricavando una seta di qualità e di pregio.

Francesca Sulis agli inizi dell’800 anticipò nuove formule d’impresa nell’isola. Nei suoi laboratori di Quartucciu, la cui Biblioteca comunale oggi è a lei intitolata, predilesse la manodopera femminile, introdusse nei suoi progetti sociali la scuola per le operaie e organizzò i corsi professionali di filatura e tessitura. La sua produzione venne valorizzata da creazioni di alta sartoria.

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Foto 6. Francesca Sanna Sulis

Dal mondo lontano dei fili di seta di Francesca Sulis ad un’altra grande artista sarda, Maria Lai, creatrice dell’arte dei fili di telai.

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Foto 7. Maria Lai

Il progetto espositivo “Ricucire il mondo” ha ospitato numerose sue opere nelle stanze del Palazzo di città, sede municipale dal medioevo fino ai primi anni del XX secolo e oggi spazio museale.

La città le ha intitolato l’aula Magna del Dipartimento delle Facoltà giuridiche, un edificio contiguo all’anfiteatro e all’Orto botanico della città.

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Foto 8. Palazzo di città

Ciò che appare del mio lavoro, cioè la cultura contemporanea, che senz’altro ho acquisito fuori dalla Sardegna e che mi permette un dialogo col mondo, è solo la punta dell’iceberg… Ho dietro di me millenni di silenzi, di tentativi di poesia, di pani delle feste, di fili di telaio.

Il sole illumina una piazzetta di Castello dedicata alla poetessa Mercede Mundula, nata nel 1890 a Cagliari e ivi vissuta nei suoi anni giovanili con le sorelle.

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Foto 9. Piazzetta Mercede Mundula

Le altre città secondarie d’Italia hanno più o meno vicina la grande città che le fa impallidire: Cagliari no, Cagliari, città madre dell’Isola, si specchia solitaria nel suo mare che le dà una specie di “splendid isolation” per suo uso e consumo.

Con il matrimonio si trasferisce a Roma, approfondisce i suoi interessi artistici e culturali, frequenta diversi circoli letterari ricchi e stimolanti e collabora con alcune riviste nazionali. Svolge una ricca attività letteraria, recensisce libri e pubblica saggi tra cui spiccano le protagoniste delle opere di Grazia Deledda, di cui fu amica per vent’anni. Mercede pubblica monografie su Eleonora d’Arborea e Adelasia di Torres; scrive racconti per ragazzi e soprattutto poesie, di cui molte in lingua sarda.

Dopo il disastro dei bombardamenti del 1943, volle rivedere la sua amata città natale, che le appare come un bel viso con dolorose cicatrici ma dove il sangue già rifluiva copioso (…). Una buona plastica facciale fatta da eccellenti chirurghi, e sarebbero spariti i segni delle ferite.

Un’altra piazzetta di Castello ha per protagonista una donna. Si tratta di Mafalda di Savoia.

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Foto 10. Piazzetta Mafalda di Savoia

Mafalda figlia di Vittorio Emanuele III e di Elena del Montenegro, benchè fosse figlia del re d’Italia, fu principessa tedesca per matrimonio con Filippo Kassel d’Assia, principe ma anche ufficiale tedesco. Nel 1943 dopo l’Armistizio e il disarmo delle truppe italiane, Mafalda, di ritorno da Sofia attraversa pericolosamente l’Europa con aerei per diplomatici, raggiunge Roma ma qui in circostanze poco chiare viene arrestata dal comando tedesco e deportata nel lager di Buchenwald. Nell’agosto del ‘44 il campo fu bombardato dagli anglo-americani e la baracca dove alloggiava fu distrutta, la principessa subì ustioni e ferite su tutto il corpo. Dopo quattro giorni di atroci dolori, operata per cancrena, ormai abbandonata e priva di soccorsi, morì dissanguata nel campo. Il suo corpo oggi è sepolto nel cimitero del castello degli Assia vicino a Francoforte sul Meno.

 




ITALIA – Regioni del Sud al limite sul fronte accoglienza: decessi e proteste

Trecentonovantacinque migranti di diverse nazionalità, tra cui siriani e subsahariani, sono sbarcati  a Crotone dal rimorchiatore di altura norvegese “Siem Pilot St Avangar”. Tra loro 150 minori, tanti bambini e alcuni neonati, 24 donne di cui due incinte. Dopo il controllo da parte degli agenti della polizia, gli immigrati sono stati prima accolti dai volontari per il primo soccorso e poi trasferiti al centro d’accoglienza di Sant’Anna.

La Prefettura di Crotone, che ha coordinato le procedure per il primo soccorso e l’accoglienza, informa che sono già stati fermati 10 presunti scafisti.

Temporaneamente ospitati presso il C.D.A./C.A.R.A. di Isola di Capo Rizzuto ai fini della pre-identificazione, saranno nei  trasferiti – secondo un piano di riparto del Ministero dell’Interno – in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Campania.

PUGLIA – E’ stata eseguita  nell’Istituto di Medicina legale del Policlinico di Bari l’autopsia sul corpo del 52enne tunisino morto martedì scorso in un’azienda di Polignano a Mare. Il pm Grazia Errede ha affidato l’incarico al professor Francesco Introna il quale dovrà stabilire le cause del decesso e se siano la conseguenza di un infortunio sul lavoro. Stando alla ricostruzione l’uomo si è sentito male alla fine del turno di lavoro nei campi dove caricava cassette di uva.

Al termine di un turno di otto ore all’aperto, avvertendo un malore l’uomo ha deciso di prendere un caffè al distributore dell’azienda. Giunto davanti alla macchinetta, il 52enne si è accasciato al suolo privo di sensi.

Soccorso da una collega, all’arrivo del 118 per il bracciante non c’era più nulla da fare. Residente a Fasano da diversi anni, dai primi accertamenti l’uomo risultava assunto con regolare contratto dall’azienda, anche se i Carabinieri stanno eseguendo verifiche sul contratto per verificarne la validità. Il gip ha disposto l’autopsia sul corpo del 52enne per verificare l’origine del malore che ha causato la morte e capire se poteva essere evitata.

LECCE – Tre persone sono state iscritte nel registro degli indagati della Procura di Lecce per la morte di Mohamed, il 47enne sudanese stroncato da un malore mentre lavorava come bracciante irregolare, sotto il caldo torrido – la temperatura sfiorava i 40 gradi – in un campo di pomodori fra Nardò e Avetrana. Gli indagati sono i titolari dell’azienda agricola Mariano, marito e moglie, e il caporale sudanese che avrebbe svolto il ruolo di intermediario fra gli imprenditori e i lavoratori.

Il sostituto procuratore Paola Guglielmi ipotizza per ora il solo reato di omicidio colposo, ma è probabile che altre ipotesi si aggiungeranno presto all’elenco delle imputazioni: i primi controlli effettuati dai carabinieri della compagnia di Campi Salentina – guidati dal maggiore Nicola Fasciano – stanno portando alla luce un quadro di diffusa illegalità. Mohamed, stando alle prime ricostruzioni, era in possesso di permesso per stare in Italia in quanto richiedente asilo, ma non aveva un contratto di lavoro.

Irregolari anche altre due braccianti straniere, che quando l’hanno visto accasciarsi sulla terra hanno cercato di soccorrerlo. In regola con il contratto, ma non con altre norme sulla sicurezza sul lavoro, le altre 28 persone che lavoravano nella stessa porzione di terreno. Per questo gli accertamenti saranno effettuati a 360 gradi, sia sotto il profilo penale sia sotto quello prettamente professionale, tramite una serie di verifiche affidate anche agli ispettori dell’Inps.

L’azienda in cui è avvenuto l’incidente, del resto, già nel 2012 era finita nel mirino della Procura con l’arresto del titolare Giuseppe Mariano, coinvolto nell’operazione ‘Sabr’ sullo sfruttamento dei braccianti nei campi, insieme con tutti i più grossi imprenditori della zona. Da allora, e nonostante gli arresti, nulla è cambiato nelle campagne di Nardò e dell’hinterland.

I migranti continuano a lavorare in condizioni disumane, i caporali a fungere da intermediari e molti imprenditori a non rispettare completamente le regole. La situazione in cui lavoravano Mohamed e i suoi compagni lo dimostrerebbe in pieno: per ore chinati sotto il sole, con temperature che nei giorni scorsi hanno toccato i 40 gradi. Quelli che segnavano appunto i termometri nelle campagne verso Avetrana.

Cordoglio per la scomparsa del 47enne è stato espresso dal governatore Michele Emiliano: “Si tratta dell’ennesimo incidente sul lavoro, questa volta ancora più angosciante per la dinamica, visto che il bracciante, cittadino sudanese, probabilmente è morto a causa del gran caldo che imperversa in questi giorni, ancor di più sensibile nei campi di pomodori del Salento dove stava guadagnando la giornata. Il tragico episodio ci ricorda che a svolgere determinati lavori sono in gran parte immigrati da Paesi lontani”.

“Mohammed aveva i documenti in regola e faceva proprio il bracciante per professione – ha proseguito il governatore – Lo vogliamo ricordare a chi guarda a questi operai come ladri di lavoro, mentre con il loro sacrificio fanno funzionare pezzi di un’economia che vogliamo sempre più sana e sicura”. Emiliano si è detto sicuro “che magistratura e investigatori faranno luce sulle condizioni di lavoro in quella azienda agricola, perché a volte l’intreccio fra manodopera irregolare e poca chiarezza sulle imprese è fatale per gli anelli più deboli della catena”.

Sulla vicenda interviene anche Stefania Crogi, segretario generale Flai Cgil: “Questa morte non può restare un fatto di cronaca estiva, è un atto di accusa verso un mercato del lavoro agricolo colpito in modo forte dalla piaga dello sfruttamento”.

SALENTO – A Torre Chianca due salentini si sono accaniti su un ambulante 17enne in spiaggia: indagati per tentato omicidio, uno è sorvegliato speciale. Cori razzisti dei bagnanti contro la vittima e i poliziotti

Prima gli hanno rubato un paio di occhiali. E quando l’ambulante diciassettenne originario della Nuova Guinea ne ha chiesto la restituzione, lo hanno picchiato selvaggiamente, trascinato in mare e tenuto con la testa sott’acqua per diversi minuti. Il tutto sotto gli occhi dei bagnanti, che non solo non hanno aiutato il ragazzo, ma all’arrivo della polizia hanno circondato le volanti, facilitando la fuga di uno dei due aggressori e inveendo contro gli agenti e la vittima con frasi pesanti dal chiaro contenuto razzista.

Il pomeriggio di ordinaria follia ha avuto come teatro la spiaggia di Torre Chianca (a pochi chilometri da Lecce) e come protagonisti due giovani del capoluogo già noti alle forze dell’ordine, Federico Ferri e Mirko Castelluzzo, rispettivamente di 25 e 37 anni, arrestati per tentato omicidio al termine di un’indagine lampo della squadra volante della polizia di Stato, guidata dalla dirigente Eliana Martella. Entrambi vengono ritenuti vicini a gruppi della criminalità leccese che operano nel capoluogo: Castelluzzo è un sorvegliato speciale con obbligo di dimora, che non aveva remore a scontare sulla spiaggia in compagnia degli amici.

I due uomini, stando alla ricostruzione effettuata, avrebbero mercanteggiato con il venditore ambulante per qualche minuto e poi avrebbero sottratto un paio di occhiali dalla sua cesta. Il ragazzo se ne sarebbe accorto, chiedendone la restituzione e scatenando così la furia dei due leccesi. Alle botte è seguito il trascinamento in mare e poi quel tenerlo sott’acqua, che ha configurato l’ipotesi di tentato omicidio, condita da minacce rivolte ai presenti affinché si facessero “i fatti loro”.

Il migrante sarebbe poi riuscito a liberarsi e a scappare, chiedendo aiuto ai bagnanti, nessuno dei quali gli ha dato un cellulare per poter avvisare le forze dell’ordine. Una telefonata anonima al 113 ha determinato l’intervento delle volanti, ai cui agenti la vittima ha raccontato tutto con dovizia di particolari: “Mi tenevano con la testa sott’acqua, credevo di morire”.

Quando è riuscito a uscire dall’acqua, il diciassettenne era molto dolorante, essendo stato colpito in diverse parti del corpo (faccia, testa, collo, zigomo sinistro), comprese quelle intime, tanto che è stato condotto in ospedale, dove è stato sottoposto alle cure del caso e poi dimesso con una prognosi di dieci giorni. Al termine della brutta avventura il ragazzo è stato riaccompagnato a casa, dove abita con la famiglia, composta da lavoratori, tutti in regola con i permessi di soggiorno.

Le indagini dei poliziotti hanno inoltre consentito di identificare e denunciare per offese a sfondo razziale altre tre persone (una di loro anche per furto), che durante le fasi concitate di intervento della polizia, hanno inveito contro l’immigrato, rubandogli anche altre cinque paia di occhiali e i 40 euro, magro guadagno di un’intera giornata di lavoro sotto il sole.

Nella notte – poche ore dopo l’arresto di Ferri e Castelluzzo – un ordigno è esploso nei pressi dello stabilimento balneare ‘La Cambusa’ davanti al quale è avvenuta la brutale aggressione, danneggiando gravemente alcune cabine e magazzini. Difficile ipotizzare, al momento, se i due episodi siano collegati e se la presenza della bomba sia stata un segnale intimidatorio rivolto ai proprietari del lido in relazione a quanto accaduto il pomeriggio. Gli investigatori della squadra mobile diretti da Sabrina Manzone, però, non escludono alcuna possibilità e hanno già acquisito le immagini delle videocamera di sorveglianza installate nella zona.

SARDEGNA – Mentre prosegue la protesta a Cagliari dei migranti eritrei che vogliono lasciare l’isola,  sono sbarcati a Sant’Antioco e Teulada altri 15 nordafricani. Secondo i primi accertamenti si trovavano a bordo di due barchini, uno dei quali è stato già trovato, mentre il secondo sarebbe stato avvistato da una motovedetta. Cinque dei profughi sono stati intercettati dai carabinieri a Sant’Antioco, mente gli altri dieci sono stati rintracciati poco più tardi nella zona delle saline di Teulada. Sono tutti giovani nordafricani e in buone condizioni di salute, una parte dei migranti è stata già trasferito al centro di prima accoglienza di Elmas.

PROFUGHI ERITREI – E’ ripresa poco dopo  la protesta dei migranti eritrei davanti agli ingressi dei traghetti al porto di Cagliari. I profughi – 80/100 tra uomini e donne – che si trovavano in piazza Matteotti e nella zona del porto dove hanno trascorso la notte, sono tornati ai cancelli dei traghetti e chiedono di poter lasciare la Sardegna, come fatto  dai 56 connazionali. La Polizia sta controllando la situazione. Per molti di loro la partenza non sarebbe possibile a causa della mancanza di documenti e di denaro per acquistare i biglietti della nave Tirrenia. Chi invece è in possesso di documentazione e biglietto, come già accaduto, in giornata potrebbe lasciare l’isola. Alcuni dei profughi avrebbero già detto di essere disponibili a tornare nelle strutture di accoglienza, visto che molti di loro arrivano da altre province dell’isola.

IN 56 HANNO GIA’ LASCIATO LA SARDEGNA – Sono partiti  con il traghetto della Tirrenia diretto a Civitavecchia, 56 dei 120 migranti eritrei che ieri mattina si sono presentati davanti ai cancelli degli imbarchi del porto di Cagliari, chiedendo di poter lasciare la Sardegna e raggiungere altre nazioni europee. Tra di loro ci sono 25 donne e un minorenne. Quattordici dei profughi erano arrivati nello sbarco del 18 luglio scorso, mentre gli altri fanno parte dei 435 arrivati a Cagliari dalla nave della Marina tedesca sabato scorso. I 56 migranti, che erano ospiti di strutture ricettive nel Cagliaritano, sono in possesso di biglietto e di documenti validi. Da valutare la posizione degli altri arrivati da altre province dell’isola.

Il QUESTORE DI CAGLIARI – “Bisogna prendere atto che si tratta di un fenomeno storico epocale che non riguarda certo l’Italia, ma tutta l’Europa, soprattutto il nord Europa. L’Italia sta dando prova di essere un paese di grande umanità e accoglienza”. Lo ha detto all’ANSA il questore di Cagliari, Filippo Dispenza, commentando la protesta dei profughi eritrei al porto del capoluogo. “E’ un fenomeno epocale e storico dettato da guerre, carestie e condizioni di vita impossibili – ha evidenziato ancora Dispenza – bisogna puntare sui sistemi di sviluppo economici, sociali e politici nei paesi di origine e puntare sulla pacificazione”. In riferimento ai migranti che chiedono di lasciare la Sardegna ha aggiunto: “Sono persone che sono sottoposte a forme di protezione internazionale, non sono prigionieri ma sono ospitati in strutture di accoglienza della Regione e, una volta identificati, sono liberi di uscire e rientrare. Devono rispettare chiaramente certe regole, come l’assenza prolungata (tre giorni) dalle strutture in cui sono alloggiati, per non perdere il diritto all’ospitalità. Devono poi rispettare le norme del vivere civile, le regole e le leggi vigenti”, ha concluso il questore.

CAMPANIA – La Campania è la quarta regione in Italia, dopo Lombardia, Sicilia e Lazio per il numero di profughi da accogliere. L’epicentro della protesta è Varcaturo dove i residenti hanno protestato davanti all’Hotel di Francia, un albergo di lusso, come ricorda linkiesta, trasformato in centro di accoglienza. Lo scenario si è ripetuto a Licola Mare nei pressi dell’Hotel Panorama. Anche lì dopo le proteste dei residenti davanti all’Hotel Panorama è scoppiata una rissa tra profughi che è stata sedata dalle forze dell’ordine. La situazione appare fuori controllo a Giugliano. Circa 900 su 2300 sono concentrati in 8 centri. Il sindaco ha chiesto al Prefetto di Napoli di bloccare nuovi arrivi.

“Il Prefetto, su mia sollecitazione, – ha dichiarato Poziello – ha escluso il Comune di Giugliano dalle nuove gare in corso per la collocazione in strutture ricettive di migranti richiedenti asilo. Ciò in considerazione dell’elevato numero di richiedenti già presenti sul territorio”. Intanto altri venti immigrati sono stati “dirottati” sabato scorso per motivi di ordine pubblico da Acerra all’Hotel Bella Mbriana, altro centro di accoglienza nel giuglianese, dopo che gli acerrani avevano protestato per l’arrivo del bus carico di profughi. “Siamo stanchi e spaventati, – affermano alcuni cittadini giuglianesi a Linkiesta – è un’invasione. Ormai loro sono diventati più di noi e quindi si sentono forti, non è la prima volta che avvengono episodi del genere come la rissa di martedì”. La rabbia degli italiani e dei campani diventa sempre più pressante.




ITALIA – Il 5 Maggio, docenti in piazza contro la “Buona scuola” di Renzi

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In sciopero almeno mezzo milione di docenti e Ata. Dopo 10 anni la protesta proclamata per la giornata del 5 maggio ha diviso il personale della scuola, che da una parte organizza flash-mob e la manifestazione contro il ddl scuola, dall’altra spera di ottenere dal Governo le richieste dei docenti precari senza scioperare.

Lo sciopero generale nazionale della Scuola. È stato indetto unitariamente dai sindacati maggiormente rappresentativi del comparto FLC CGIL, CISL scuola, UIL scuola, SNALS e GILDA.

In sette grandi piazze si terranno altrettante manifestazioni: Aosta, Bari, Cagliari, Catania, Milano, Palermo, Roma vedranno sfilare lavoratori e anche studenti, che in un appello hanno chiesto ai loro docenti di aderire allo sciopero proclamato dai sindacati.

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Di seguito i percorsi e le mappe dei cortei:

AOSTA: ore 9.30 ritrovo in Piazza Chanoux.

BARI (Basilicata, Calabria e Puglia): ore 9.00 concentramento delle delegazioni in Piazza Castello (piazza Federico II di Svevia) con successiva partenza del corteo che proseguirà lungo il seguente percorso Via S. Francesco d’Assisi, Via Latilla, Via Quintino Sella, Via A. Gimma, Corso Cavour, Corso Vittorio Emanuele e raggiungerà Piazza Prefettura dove si svolgerà il comizio conclusivo.

CATANIA (Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Ragusa e Siracusa): ore 9.00 concentramento delle delegazioni in Piazza Europa con successiva partenza del corteo che sfilerà per Corso Italia, Piazza Verga per arrivare a Piazza Roma dove si svolgeranno i comizi.

CAGLIARI (Sardegna): ore 9.30 concentramento delle delegazioni in Piazza Giovanni XXIII, Via Dante, Via Paoli, Via Sonnino, Via XX settembre, Via Roma, Via Sassari, arrivo del corteo in Piazza del Carmina e inizio interventi dal palco.

MILANO (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Trentino, Veneto): ore 9.30 concentramento delle delegazioni in Piazza Repubblica (di fronte alla stazione centrale; fermata metropolitana M3 (gialla). Ore 10.00/10.15 partenza corteo con il seguente percorso V.le M.te Santo, Via G. Galilei, Via M.te Santo, P.ta Nuova, XXV Aprile, F. Crispi, P.ta Volta, Piazza Lega Lombarda, V.le Elvezia, Via G. Bayron, Via A. Bertani, Corso Sempione con arrivo del corteo all’Arco della Pace e inizio interventi dal palco.

PALERMO (Agrigento, Palermo e Trapani): ore 9.00 concentramento delle delegazioni in Piazza Marina con successiva partenza del corteo che sfilerà per Corso Vittorio, Via Roma, Via Cavour per arrivare a Piazza Verdi (Teatro Massimo) dove si svolgeranno i comizi. MAPPA

ROMA (Abruzzo, Campania, Lazio, Marche, Molise, Toscana, Umbria): ore 9.30 concentramento delle delegazioni in Piazza della Repubblica con successiva partenza del corteo con il seguente percorso Via V.E. orlando, L.go S. Susanna, Via Barberini, Piazza Barberini, Via Sistina, Piazza Trinità dei Monti, Viale Trinità dei Monti, Via G. D’Annunzio con arrivo del corteo a Piazza del Popolo e inizio interventi dal palco.

Gli articoli del Ddl contestati riguardano:

Il Piano assunzioni

E’ pronto un piano da 100mila assunzioni che si pone come obiettivo la chiusura delle graduatorie provinciali dei supplenti e il definitivo superamento della stagione del precariato scolastico in Italia. Tra i 100.701 insegnanti che a settembre potrebbero coronare il sogno del posto stabile rientrano tutti gli inclusi nelle liste dei precari della scuola primaria, media e superiore e i vincitori dell’ultimo concorso a cattedre. Rinviata per il momento l’assunzione degli insegnanti della scuola dell’infanzia, interessata dalla riforma 0-6 che dovrebbe coordinare i servizi per l’infanzia da zero a sei anni: nidi e scuole materne. In questi ultimi giorni, diversi esponenti del governo non hanno nascosto le proprie perplessità per una protesta che si contrappone anche al mega piano di assunzioni con 100mila posti in palio.
Ma, secondo quanto rilevato da tutti i sindacati, la proposta dal governo è una soluzione solo a metà: dal piano restano fuori gli idonei all’ultimo concorso, in un primo momento assunti anche questi, e migliaia – forse più di 50mila – precari d’istituto, che hanno prestato servizio per anni, cui verrebbe dato il benservito. E, al momento, il governo non dà nessuna risposta alla sentenza che a novembre ha condannato l’Italia per abuso di precariato nella scuola. Anzi, stabilisce che dopo tre anni di supplenze si viene “licenziati”.

Il preside-sindaco

L’idea che ha in mente Renzi è quella di rilanciare la scuola assegnando più potere ai dirigenti scolastici. Tra le competenze del capo d’istituto è prevista la compilazione del Piano triennale dell’offerta formativa della scuola – il documento politico-organizzativo dell’azione educativa – che svuota gli organi collegiali di importanti poteri deliberanti. Passa nelle mani del capo d’istituto la valutazione dei docenti neo immessi in ruolo e toccherà sempre al dirigente scolastico premiare, con un corrispettivo in denaro, gli insegnanti più bravi. Il preside dell’era Renzi potrà inoltre scegliere i docenti dagli albi territoriali in cui verranno piazzati i 100mila nuovi assunti e potrà “strappare” alle altre scuole i docenti migliori.

L’autonomia scolastica

Il piano di assunzioni e il preside “a trazione integrale” serviranno a realizzare, dopo quasi vent’anni, l’autonomia scolastica con risorse di personale ed economiche adeguate. Per queste ultime, oltre ai finanziamenti statali, sono previsti altri due canali: l’eventuale destinazione alla scuola del 5 per mille dalla dichiarazione dei redditi annuale da parte dei genitori e lo “school bonus”, eventuali donazioni in denaro da parte di privati. E gli istituti superiori potranno anche organizzare il curriculum dello studente, con materie aggiuntive da scegliere negli ultimi anni del percorso della secondaria di secondo grado. E’ anche previsto il potenziamento della musica e dell’educazione motoria all’elementare e dell’economia e della storia dell’arte al superiore. E un piano per sviluppare le competenze digitali degli studenti.
Ma sulle nuove modalità di finanziamento sul governo sono piovute critiche feroci. La paura è che, nonostante la quota perequativa del 10 per cento prevista dal disegno di legge, si accentuino i divari tra scuole frequentate dalle élite e gli istituti ubicati in contesti disagiati.

Il legame più stretto tra scuola e aziende

Si tratta della ricetta messa in campo dal governo per combattere l’enorme dispersione scolastica di cui soffre il nostro sistema educativo. Ma si tratta anche di un modo per avvicinare l’offerta formativa delle scuole e la domanda di professionalità delle imprese che spesso non riescono a reperire sul mercato alcune figure. Sarà l’alternanza scuola-lavoro – con almeno 400 ore in azienda nei tecnici e nei professionali nell’ultimo triennio e 200 ore nei licei – lo strumento per realizzare questi obiettivi.
Coloro che criticano l’intero impianto della riforma temono che la scuola venga piegata eccessivamente sul lavoro perdendo, almeno in parte, la dimensione educativa che ha avuto finora. Proprio quando la ministra Stefania Giannini ha iniziato a parlare di questo aspetto della riforma, alla festa dell’Unità di Bologna, è scoppiato il putiferio.

L’edilizia scolastica

E’ uno dei punti centrali, come ha detto nel suo discorso di insediamento il premier, dell’azione di governo. Sono quattro i miliardi di euro che si spenderanno nei prossimi anni per curare il sistema edilizio scolastico del Paese, con 36mila edifici non in regola. Tra gli obiettivi del governo, c’è quello di costruire “scuole innovative” e di prevedere “misure per la valorizzazione e la sicurezza degli edifici scolastici”. Ma, nonostante gli sforzi prodotti in un anno di governo, soffitti e infissi continuano a cadere. E gli scettici si convincono che non è cambiato nulla.

Le scuole paritarie e i benefit per i docenti

Tra le polemiche di coloro che non vorrebbero che lo stato finanziasse neppure con un euro gli istituti privati, arriva la detraibilità delle spese sostenute per la frequenza delle scuole paritarie – dell’infanzia e del primo ciclo – con un tetto massimo di 400 euro ad alunno per anno. Uno scherzetto che costerà alla collettività 100 milioni di euro all’anno
e si aggiungerà ai 472 milioni erogati ogni anno al sistema scolastico non statale. In compenso, ogni insegnante della scuola statale avrà a disposizione una Carta con 500 euro annui per spese culturali: acquisto di libri, software, abbonamenti teatrali ed altro.

le obiezioni dei docenti sono tante e in considerazione delle adesioni allo sciopero e alla nuova protesta che si prepara per lo slittamento delle prove Invalsi nella scuola primaria, il Ministero della Pubblica Istruzione avrà un risparmio di migliaia di euro, e già ci si chiede dove andranno a finire. Sono in molti a sperare che le trattenute dello stipendio siano utilizzate per portare avanti i progetti di miglioramento nelle strutture scolastiche, mentre la maggior parte degli scioperanti attende la copertura economica per avviare le assunzioni per l’a.s.2015/2016.

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La giornata di sciopero del 5 maggio costerà al personale della scuola, docenti e ata, una media di 62 euro circa, importo differente per ordine e grado di scuola, e sono in tanti a non scioperare per non subire la decurtazione dello stipendio. Eppure non sarebbe una cattiva idea se il Ministero della Pubblica Istruzione utilizzasse le somme detratte dalle buste paga dei docenti e ata scioperanti per avviare nell’immediato – considerata la liquidità delle somme – i progetti di ristrutturazione edilizia, le assunzioni per i docenti precari, il pensionamento per il personale della scuola ancora costretto in servizio a causa della Legge Fornero. Se volessimo pensare in numeri, un insegnante della scuola dell’infanzia e primaria avrà una decurtazione dello stipendio di circa 64,50 euro, per salire alle 65 euro degli insegnanti tecno-pratici, alle 70 euro per i docenti della scuola di II grado e fino a 68 euro per i docenti della scuola secondaria di I grado. Il personale ata avrà una decurtazione dello stipendio media di 54 euro. Una trattenuta giornaliera elevata se la si moltiplica per tutto il personale della scuola che aderirà allo sciopero del 5 maggio e che già ha aderito agli scioperi organizzati dall’inizio dell’anno scolastico. A questi importi deve essere sommata anche la trattenuta di alcuni dirigenti scolastici, che come il personale della scuola aderisce alla protesta.

Al momento dunque non è possibile fare una stima precisa delle risorse economiche che il Miur risparmierà, ma si ha la speranza che ‘il sacrificio’ del personale della scuola sia  utile.




L’Italia che crolla. La lezione attuale del Vajont

Ancora un caso di soffitto che crolla in una scuola italiana  a dimostrazione dello stato di fatiscenza in cui versano gli istituti scolastici nel nostro paese. Due bambini sono rimasti feriti nel crollo del soffitto di un’aula della scuola elementare Enrico Pessina di Ostuni, in provincia di Brindisi. Ci chiediamo che fine abbiano fatto il Piano generale di edilizia scolastica che obbligava il Ministero dell’Istruzione ad adottare precisi provvedimenti in materia  e il famoso piano sulle ‘scuole sicure’ annunciato dal premier Renzi che prevedeva 400 milioni di euro per 2400 interventi a partire dal 2015.

Non siamo più al sicuro sulle strade e nemmeno i bimbi tra i banchi di scuola. l’Italia continua a perdere pezzi: dopo il crollo di parte dell’autostrada Palermo-Catania, ora un tratto della Statale che doveva collegare Cagliari alle località turistiche – la “Nuova 554″ – è stato colpito: l’asfalto è esploso e tra le quattro corsie si è creata una voragine di oltre un metro, per colpa di uno smottamento.

Emergono particolari inquietanti sullo scandalo della strada statale 554 che ormai da trenta giorni è vietata al traffico con un’ ordinanza senza tempo”.

Nell’aprile del 2009 i rilevatori georeferenziati di Google rilevavano e registravano in quel tratto di strada crolli evidenti e premonitori di quello che stava per accadere. Qualcosa di più di semplici segnali, vere e proprie trincee  che non potevano certo essere annoverate come assestamenti ordinari della piattaforma stradale. In queste ore il grande crollo si sta trasformando in una vera e propria voragine facendo emergere elementi che costituiscono di per sé una prova evidente della negligenza con la quale si è operato. A questo episodio va legato anche quello del crollo di un pilone di un viadotto sulla Palermo-Catania che da circa 72 ore divide in due l’Isola.

E come se non bastasse dopo le strade continuano a crollare pure le scuole.

In Sicilia si studia un piano di emergenza per rimettere in collegamento i due angoli dell’isola, mentre in Sardegna sarà molto più difficile trovare una soluzione immediata. Di certo non basterà continuare a rattoppare col bitume fresco: l’Anas lo ha già fatto per sei anni, spendendo inutilmente più di 400 mila euro in aggiunta ai 55 milioni iniziali che sono serviti per realizzare la strada: 11 chilometri che ora sono già off limits. Nel frattempo bisogna studiare un percorso alternativo e affrontare deviazioni non segnalate. Un vero e proprio disastro nazionale, denuncia Erasmo D’Angelis, coordinatore della Struttura di missione di Palazzo Chigi e uomo di fiducia di Matteo Renzi e del nuovo ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio che accusa direttamente del disastro il vertice dell’Anas, a cominciare dall’apparentemente intoccabile presidente Pietro Ciucci.
Dopo essere stato di fatto “scaricato” da palazzo Chigi oggi il presidente dell’Anas ha annunciato le sue dimissioni.

Ciucci – spiega una nota Anas – ha incontrato questa mattina, presso la sede del Ministero a Porta Pia, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio, comunicandogli la sua intenzione di rimettere l’incarico di consigliere e di presidente di Anas a partire dall’Assemblea degli Azionisti per l’approvazione del bilancio 2014, che verrà convocata, nei termini di legge e di statuto, a metà maggio. La decisione, si legge nella nota dell’Anas, è stata presa «in segno di rispetto per il nuovo Ministro al fine di favorire le più opportune decisioni in materia di governance di Anas».
«Anas – aveva detto ieri D’Angelis – non può continuare con lo scaricabarile. A me sembrava già una vicenda incredibile il crollo di Capodanno del viadotto; quest’altro caso, che conoscevano da dieci anni, mi sembra francamente imbarazzante. Mi chiede se Ciucci deve prendere atto e andarsene? Io dico solo che ognuno si deve assumere le sue responsabilità». Per il collaboratore di Renzi certamente c’è il problema di un territorio fragile, maltrattato e malgestito: il 70% delle frane censite in Europa, quasi 500mila, sono in Italia. È il 7% del territorio nazionale. Ma la situazione delle strade è indice speciale dell’incuria. Sì, perché incredibilmente l’Anas – ma il discorso vale anche per le ex strade provinciali, per Autostrade e gli altri gestori della rete autostradale, con l’unica eccezione positiva delle Ferrovie – non effettua un «normale» monitoraggio delle sue strade. E anche se nel nostro paese sono disponibili tecnologie di eccellenza per il controllo di questi fenomeni, l’Anas non ne fa nessun uso. E forse solo nel 2016 si deciderà a dotarsi di un fondo per la protezione dal rischio idrogeologico.
In Italia, tragicamente, «l’ingegneria ha pensato di poter fare a meno della geologia». Come spiega D’Angelis, quasi sempre si realizzano opere infrastrutturali senza fare gli indispensabili studi geologici preventivi. E quando – come nel caso dell’autostrada siciliana – ci si accorge di un potenziale rischio di frana, si preferisce non intervenire. Così ha fatto l’Anas. Il risultato è che si sarebbe potuto consolidare il colle spendendo 30 milioni, adesso si dovrà rifare il viadotto sborsandone ben 350.  Il neoministro delle infrastrutture ha intenzione di intervenire con forza, pare. E a metà aprile la task force di Italiasicura varerà un fondo in collaborazione con la Ragioneria dello Stato e i ministeri di Ambiente e Infrastrutture per far decollare un piano nazionale di contrasti alle frane.

Speriamo non si debba arrivare, come sempre accade in Italia, a una vera e propria tragedia per vedere finalmente diventare fatti le norme di sicurezza.

Non dimentichiamo le 1910 vittime  della diga del Vajont, il torrente che scorre nella valle di Erto e Casso per confluire nel Piave, davanti a Longarone e a Castellavazzo, in provincia di Belluno (Italia).

La storia di queste comunità venne sconvolta dalla  la frana del monte Toc nel lago artificiale. La sera del 9 ottobre 1963 si elevò un’ immane ondata, che seminò ovunque morte e desolazione.

Furono commessi tre fondamentali errori umani che portarono alla strage: l’aver costruito la diga in una valle non idonea sotto il profilo geologico; l’aver innalzato la quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza; il non aver dato l’allarme la sera del 9 ottobre per attivare l’evacuazione in massa delle popolazioni residenti nelle zone a rischio di inondazione.

Il 20 di febbraio 1968 il Giudice istruttore di Belluno, Mario Fabbri, depositò la sentenza del procedimento penale contro Alberico Biadene, Mario Pancini, Pietro Frosini, Francesco Sensidoni, Curzio Batini, Francesco Penta, Luigi Greco, Almo Violin, Dino Tonini, Roberto Marin e Augusto Ghetti. Due di questi, Penta e Greco, nel frattempo morirono, mentre Pancini si tolse la vita il 28 novembre di quell’anno.
Il giorno dopo iniziò il Processo di Primo Grado, che si tenne a L’Aquila, e che si concluse il 17 dicembre del 1969. L’accusa chiese 21 anni per tutti gli imputati (eccetto Violin, per il quale ne vennero richiesti 9) per disastro colposo di frana e disastro colposo d’inondazione, aggravati dalla previsione dell’evento e omicidi colposo plurimi aggravati. Biadene, Batini e Violin vennero condannati a sei anni, di cui due condonati, di reclusione per omicidio colposo, colpevoli di non aver avvertito e di non avere messo in moto lo sgombero; assolti tutti gli altri. La prevedibilità della frana non venne riconosciuta.
Il 26 luglio 1970 iniziò all’Aquila il Processo d’Appello, con lo stralcio della posizione di Batini, gravemente ammalato di esaurimento nervoso.
Il 3 ottobre la sentenza riconobbe la totale colpevolezza di Biadene e Sensidoni, che vennero riconosciuti colpevoli di frana, inondazione e degli omicidi; condannati a sei e a quattro anni e mezzo (entrambi con tre anni di condono). Frosini e Violin vennero assolti per insufficienza di prove; Marin e Tonini assolti perché il fatto non costituisce reato; Ghetti per non aver commesso il fatto.

Tra il 15 e il 25 marzo del 1971 si svolse, a Roma, il Processo di Cassazione, nel quale Biadene e Sensidoni furono riconosciuti colpevoli di un unico disastro: inondazione aggravata dalla previsione dell’evento compresa la frana e gli omicidi. Biadene viene condannato a cinque anni,

Sensidoni a tre e otto mesi, entrambi con tre anni di condono. Tonini fu assolto per non aver commesso il fatto; gli altri verdetti restarono invariati. La sentenza avvenne quindici giorni prima della scadenza dei sette anni e mezzo dell’avvenimento, giorno nel quale sarebbe intervenuta la prescrizione.
Il 16 dicembre 1975 la Corte d’Appello dell’Aquila rigettò la richiesta del Comune di Longarone di rivalersi in solido contro la Montedison, società in cui  confluì la SADE, condannando l’ENEL al risarcimento dei danni subiti dalle pubbliche amministrazioni, condannate a pagare le spese processuali alla Montedison.
Sette anni dopo, il 3 dicembre 1982, la Corte d’Appello di Firenze ribaltò la sentenza precedente, condannando in solido ENEL e Montedison al risarcimento dei danni sofferti dallo Stato e la Montedison per i danni subiti dal comune di Longarone. Il ricorso della Montedison non si fece attendere ma il 17 dicembre del 1986 la Corte Suprema di Cassazione rigettò il ricorso alla sentenza del 1982.
Infine il 15 febbraio 1997 il Tribunale Civile e Penale di Belluno condannò la Montedison a risarcire i danni subiti dal comune di Longarone per un ammontare di lire 55.645.758.500, comprensive dei danni patrimoniali, extra-patrimoniali e morali, oltre a lire 526.546.800 per spese di liti e onorari e lire 160.325.530 per altre spese. La sentenza ebbe carattere immediatamente esecutivo. Nello stesso anno fu rigettato il ricorso dell’ENEL nei confronti del comune di Erto-Casso e del neonato comune di Vajont, obbligando così l’ENEL al risarcimento dei danni subiti, che verranno quantificati dal Tribunale Civile e Penale di Belluno in lire 480.990.500 per beni patrimoniali e demaniali perduti; lire 500.000.000 per danno patrimoniale conseguente alla perdita parziale della popolazione e conseguenti attività; lire 500.000.000 per danno ambientale ed ecologico. La rivalutazione delle cifre hanno raggiunto il valore di circa 22 miliardi di lire.