Napoli, città rifugio

Un porto del Mediterraneo è aperto per definizione all’arrivo di genti da ogni dove. 

Napoli stessa è una città fondata da migranti. Il suo nome di “città nuova” è tale rispetto all’Acropoli di Lindos, madrepatria dei Rodii, giunti dal mare Egeo, che qui vollero stabilirsi.

Le presenze di tanti popoli di ogni origine e nazione si affollano e sgomitano: tanto numerosi da ricordare, se non in maniera arbitraria e casuale. 

Lungo il decumano maggiore si incontrano via e piazzetta Nilo, rimembranze del Vicus alexandrino, quartiere egizio, e a San Ferdinando  via Serapide, divinità egizia. 

Foto 1

La santa Patrizia, co-patrona di Napoli, che nella chiesa di via San Gregorio Armeno, straniero lui pure, regala il miracolo dello scioglimento del sangue ogni martedì, giunse da Costantinopoli: dopo aver donato i beni ai poveri scampò alla tempesta che la conduceva verso la Terra Santa e qui trovò rifugio. 

Foto 2

E molte altre sante straniere si fermarono qui: Brigida di Svezia, “che si prende il disturbo di venire a salvare Napoli”, o Maria Lorenza Longo, catalana di Lleida, fondatrice del complesso degli Incurabili. 

Tante vie del centro antico raccontano delle innumerevoli presenze e dei continui nuovi arrivi a Napoli dall’antichità a oggi.

Foto 3

Le strade raccontano degli scambi commerciali: loggia dei Pisani, la rua (lemma catalano per strada) Francesca frequentata dai francesi e poco distante proprio la rua Catalana. 

Dei diversi regni e governi che portarono con sé l’autorità e il dominio straniero, ma anche l’inevitabile commistione di usi tradizioni e culture diverse, ci restano viale degli Svevi, via Aragonesi e i” Quartieri Spagnoli”, i Fondaci di San Paolo, dei Bianchi, di San Sossio e Severino, Speranzella rivelano la loro origine orientale fin dal nome fondaco – dal funduq arabo per albergo, acquartieramento. 

E poi i nomi di rifugiati famosi in città: Michelangelo Merisi da Caravaggio e la portoghese Eleonora Pimentel de Fonseca, che a lungo abitò in via Santa Teresella degli Spagnoli. E ancora, i residenti illustri: i pittori della scuola fiamminga, Anton van Pitloo e la famiglia di architetti e artisti van Vittel più conosciuti come Vanvitelli, gli studiosi polacchi in città, tra cui i Gustaw Herling genero di Croce, lo scrittore ungherese Sandor Marai che abitò a Posillipo, le famiglie svizzere e viennesi di pasticcieri tra cui spiccarono Caflish e van Houten. E si potrebbe non finire mai. 

Foto 4

Napoli ha un sindaco, Luigi de Magistris, che conosce bene la toponomastica cittadina, e che condivide la stessa battaglia culturale della sindaca di Barcellona, Ada Colau. Le due città, in controtendenza rispetto a un sentimento di chiusura diffuso in tutta Europa, sono città rifugio per i migranti. 

Lo scorso 19 gennaio 2018, un protocollo d’intesa promosso dal Comune di Napoli e firmato dal sindaco – con la Comunità di Sant’Egidio, gli atenei Federico II e l’Orientale di Napoli, gli Ospedali AORN Santobono-Pausillipon e l’Ospedale evangelico Betania, la Fondazione Pausillipon, la GVC onlus e l’Associazione “Chi rom… e chi no”, la Fondazione evangelica Betania, la Chiesa cristiana del Vomero e la Chiesa metodista di Napoli – ha stabilito l’elaborazione e la sperimentazione di un nuovo modello di accoglienza che punta sull’autonomia delle persone ospitate, rendendo Napoli un porto e un approdo sicuro. 

Napoli resta ancora una porta spalancata sul Mediterraneo.

http://napoli.repubblica.it/cronaca/2016/12/13/news/citta_rifugio_da_napoli_il_progetto_umanitario_per_aleppo-154028012/




Barcellona, XIX Fira Modernista in onore di Lluïsa Vidal

Dal 1 al 3 giugno, all’interno della festa rionale della Dreta de l’Eixample, si è tenuta la XIV Fira Modernista di Barcellona, quest’anno dedicata alla pittrice Lluïsa Vidal,  in occasione del centenario della sua morte.

Foto 1

La fiera nasce come rievocazione storica di un periodo particolarmente fecondo per la città, l’epoca del Modernismo, a cavallo tra XIX e XX secolo, coincidente con la Belle Époque e che nel contesto iberico, in particolare nella capitale catalana, assume delle connotazioni precipue, sull’onda di una piccola rivoluzione industriale e commerciale che vide protagonista Barcellona. La trasformazione interessò la società intera, modificandone struttura e stili di vita, come riflette l’arte e l’urbanistica: la fiera viene riproposta annualmente  nell’Eixample, sede delle tracce artistico-architettoniche più evidenti del movimento modernista catalano; il quartiere è diviso in esquerra (sinistra) e dreta (destra, guardando la città dal mare), e fu concepito in funzione delle nuove necessità della popolazione al fine di migliorarne condizioni di vita e di salute. 

Il Modernismo intersecò nuovi movimenti quali il socialismo e il femminismo, di cui la dedicataria di questa edizione della Fiera fu un’esponente attiva anche in senso pacifista.

Lluïsa Vidal fu la prima pittrice a dedicarsi all’arte come professionista, a fianco ai grandi nomi della tradizione modernista catalana (uno fra tutti, Ramon Casas). Dopo il recente restauro del primo monumento pubblico dedicato a una donna (l’artista Pepita Texidor), con l’omaggio a Lluïsa Vidal, Barcellona si riconferma una città sensibile alla questione femminile e al recupero, nella memoria collettiva, del ruolo delle donne nella storia e in società.

La Fira, che si configura come occasione per valorizzare l’artigianato, le attività commerciali dell’Eixample e varie attività culturali della città, quest’anno ha visto la partecipazione di negozianti e gente comune in costumi d’epoca. Le teatranti del Teatre Dona (promotrici di uno spettacolo dedicato a Vidal) e Les Descabellades hanno anche riproposto una piccola marcia femminista, vestite da suffragette. 

Foto 2

Tra artigianato, gastronomia, turismo, arte, danze e varie attività creative per tutte le età, la Fira ha visto la partecipazione di ‘La merienda’, una delle associazioni che si occupa di fornire supporto ai senzatetto della città (presso cui era possibile comprare un berretto stile retrò i cui proventi sono stati devoluti per la causa). 

In piccolo, l’evento ha dimostrato come sia possibile organizzare una manifestazione che possa dirsi veramente ‘collettiva’ chiamando a raccolta, il più possibile, le istanze di tutti e tutte, tra storia, gioco, festa e impegno sociale. 




SPAGNA – Sulle strade di Barcellona

Di Ina Macina

1. BARCELONA SKYLINE

FOTO 1 – BARCELLONA (skyline)

Barcellona ha celebrato l’8 marzo con una serie di iniziative che mantengono viva l’attenzione, solitamente già alta, sulle questioni femminili.

A livello istituzionale, oltre ad associazioni e centri che non operano in una esclusiva prospettiva di genere ma che comunque la includono sotto l’ombrello del loro attivismo civico, la città accoglie una spaziosa costellazione di organismi, spesso in congiunzione tra loro, che lavorano su tutti gli aspetti della condizione femminile.

Ricordiamo, tra gli altri, l’Observatori Cultural de Gènere, il Centre de Cultura de Denes Francesca Bonnemaison, il Centre Dona i literatura (sede della Cattedra Unesco Donne, Sviluppo e Cultura, all’interno della Universitat de Barcelona) e l’Institut Català de les Dones-Generalitat de Catalunya.

Quest’ultimo è stato promotore del progetto ‘Carrers de dones’, uno strumento di mappatura digitale che raccoglie tutti i luoghi pubblici dedicati a donne e consente di effettuare ricerche nominative e approfondire la storia della dedicataria.

2. barcelona

FOTO 2

Il giornale LaVanguardia ha stilato inoltre un elenco online con le donne che si sono particolarmente distinte nella storia e nella vita culturale del Paese, tra cui emergono i casi di ‘Josefa Sol – la paisana’ (Josefa Subirats), ‘Curandera de personas y animales’ e della scrittrice Caterina Albert, autrice del magniloquente ‘Solitudine’, che si firmava con il maschile Víctor Català. Il libro, di una scrittura potente, è un monumento alla cultura e alla lingua catalana percorso da vene di vibrante femminismo. La dittatura franchista ne ha vietato per decenni la diffusione.

Lo stesso quotidiano, nell’ottobre 2014, ha lanciato un appello alla cittadinanza affinchè emergessero altri nomi di donne cui dedicare nuove vie. http://www.lavanguardia.com/participacion/20140929/54416457074/mujer-mereceria-calle-nombre.html

Nelle strade del centro cittadino dominano incontrastate le intitolazioni a figure religiose. Sant’Eulalia è la dedicataria della cattedrale di Barcellona, cuore pulsante del Gotico, area completamente restaurata nel corso del Novecento e oggetto di un’efficace promozione turistico-culturale.

Eulalia (‘colei che parla bene’) è venerata come la patrona di Barcellona; nell’omonima ‘baixada’, una vicina strada in forte pendenza, si dice che abbia subito un martirio chiusa dentro una botte con pezzi di vetro.

3. Baixada de Santa Eulalia.ridotta

FOTO 3. BAIXADA DE SANTA EULALIA.

A santa Caterina è intitolato uno dei mercati di Barcellona. Dei trenta mercati alimentari della città, è stato il primo coperto, e forse tra i più famosi, e prende il nome dall’antico convento domenicano che sorgeva nello stesso luogo.

4.SantaCaterina

FOTO 4. MERCATO DI SANTA CATERINA

La via dedicata a Santa Lucia costeggia la cattedrale e si innesta in un tessuto viario su cui sorgono numerosi edifici di rilevanza religiosa (chiese e conventi) e civile (palazzo del comune e della ‘Generalitat’). Sulla strada insiste anche l’archivio storico della città di Barcellona, tra il Palazzo Episcopale e l’Archivio Capitolare della Cattedrale; tutti questi edifici godono di cortili e chiostri magnifici.

A dicembre, la piazza antistante la cattedrale ospita un mercato dedicato alla stessa santa.

5.Barcelona_Christmas_Market

FOTO 5. FIERA DI SANTA LUCIA

Come proporre nomi se non si conosce la loro storia?

Barcellona si è attivata su questo versante, inaugurando, per esempio, un ciclo di incontri, conferenze e documentari dedicato alle donne che hanno avuto un ruolo nella storia della città.

La toponomastica fa emergere, dunque, delle dinamiche strettamente legate tra loro: partendo da un problema di percezione, ovvero lo squilibrio della presenza femminile anche nei luoghi pubblici, solleva a sua volta il problema della conoscenza, dell’informazione e del mancato riconoscimento; fenomeni che rimandando anche alla resistenza nei confronti del femminile, una sfiducia che, nel tempo, ha cercato di ricacciare le donne all’interno dell’ambito domestico, ostacolandone la presenza nel mondo della storia, della cultura, della scienza, della politica…

Resta tuttavia più frequente, ovunque, l’incontro con intitolazioni religiose piuttosto che laiche.

Juliana Morell, definita ‘umanista’ per la sua imponente formazione umanistica, laureata in giurisprudenza, prese i voti nel 1610.

La piazza a lei dedicata si trova in una zona poco frequentata anche se vicina a un grosso centro commerciale.

6. Plaza juliana morell

FOTO 6 JULIANA

La vicenda di Madrona si colloca tra leggenda e storia. Nata a Salonicco (o, secondo altre fonti, approdatta nella città greca da Barcellona) nel III secolo D.C., la ragazza comincia a lavorare presso la casa di una signora i cui maltrattamenti culmineranno con la morte di Madrona, cristiana devota. In odore di santità, le reliquie diventano oggetto di culto da parte dei fedeli fino al X secolo, quando, per arginare le forme di devozione cristiana, vendono vendute a dei mercanti in viaggio verso la Francia. Durante la navigazione, una tempesta costringe l’imbarcazione a riparare sulla costa nelle vicinanze di Barcellona; gli uomini leggono nella tempesta la volontà della santa di rimanere in territorio iberico, e quindi il corpo viene trasladato in un eremo da cui si diffonde il culto. Secondo alcune fonti la diversa dislocazione del luogo di culto delle due sante più venerate (insieme alla Mare de Déu de la Mercè) ha un significato ‘spaziale’ preciso, in quanto Sant’Eulalia si trova nel centro della città mentre il primo luogo di culto di Madrona si trova in una zona limitrofa – a Montjuïc, l’altura che ‘protegge’ Barcellona.

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

FOTO 7 MADRONA

Merrell, Capmany, Institut Català de les Dones si dislocano in una zona spiccatamente multiculturale, vivace e centrale, il Raval, dove sono sorti molti centri culturali (biblioteche, cineteche, musei, etc..) che hanno agito sulla riqualificazione del quartiere.

8. raquel merrell particolare.ridotto

FOTO 8-9 MERRELL

10. fiorista.ridotta

FOTO 10 FLORISTES DE LA RAMBLA

La Rambla, ancora oggi costellata da chioschetti di fiori e di mercanzia varia, separa questa zona da quella sopra descritta. Poco distante, una stradina ricorda le fioraie che vi lavoravano.

LaVanguardia scrive di Maria Aurèlia Capmany: ‘scrittrice e assessora alla Cultura di Barcellona. Scrittrice prolifica e dai molti registri: romanzi, saggi, attrice e direttrice di teatro e cabaret… La sua opera ha uno spiccato carattere femminista ed il suo linguaggio, in generale, è semplice e diretto. Tra le sue opere, Un lloc entre els morts, Feliçment jo sóc una dona, El comportamiento amoroso de la mujer o Dona, doneta, donota. È stata assessora per la Cultura per il PSC a Barcellona tra il 1983 e il 1983. La città le dedicò una strada a dicembre del 1996’.

12822972_10206630193933177_1734885416_o

FOTO 11 CAPMANY

Sulla mappa digitale viene segnalata anche la piazzetta ‘Anna Murià’, alle spalle del Teatro Principale; purtroppo non esiste nessuna targa – o è stata rimossa e mai più risistemata – a indicare questo slargo secondario e abbastanza degradato.

Sebbene la scelta degli abbinamenti tra strade e personaggi lasci trapelare una residuale marginalità della donna nella memoria collettiva, negli ultimi anni Barcellona sta investendo moltissimo nella lotta agli stereotipi di genere con oculate operazioni di recupero e valorizzazione culturale.

Non è dunque possibile pensare a un’azione che non tragga origine e motivazione da uno sforzo corale e che non pensi a un risultato integrato; la specificità degli ambiti di intervento – come Barcellona dimostra – sono la base solida da cui partire e dare finalmente valore al concetto – tanto nobile quanto abusato – di ‘rete’.

 




EUROPA – Mai più piloti soli in cabina: nuove norme di sicurezza per i voli

Otto interminabili minuti di terrore vissuti da Patrick Sonderheimer, comandante dell’Airbus A320 di proprietà della nota compagnia low cost Germanwings, che in tutti i modi ha cercato di aprire la porta blindata che lo separava dalla cabina di comando. Tutto inutile, il copilota Andreas Lubitz aveva deciso di non aprire quella porta e di condannare a morte le 149 persone a bordo. Il volo di linea era decollato il 24 marzo alle 10,00 da Barcellona ed era diretto a Dusseldorf, ma il copilota, approfittando dell’allontanamento del pilota, ha attivato la discesa programmata del velivolo e alle 10,30 si è schiantato sulle Alpi francesi, mancando per una manciata di minuti la“Via Lattea”, nota pista sciistica. Il pilota, nonostante avesse compreso ciò che stava accadendo, non ha comunicato ai passeggeri il dramma che si stava consumando, facendo in modo che se ne accorgessero solo pochi istanti prima dello schianto.
Dell’aereo resta solo un cumulo di macerie e i soccorsi hanno lavorato in condizioni climatiche avverse, al fine di evitare che i lupi mangiassero i cadaveri. Andreas Lubitz era depresso, assumeva psicofarmaci e un medico gli aveva prescritto un periodo di riposo, ma lui non ha rispettato il divieto di lavorare. Resta da capire, come Lubitz, abbia potuto infrangere i seri controlli a cui i piloti sono sottoposti. Dopo lo shock provocato dall’incidente aereo è tempo di riflettere e di apportare delle modifiche inerenti la sicurezza dei voli, infatti anche in Europa sarà attuata la norma in vigore negli Stati Uniti che impedisce ad un pilota di restare solo nella cabina di pilotaggio.