ITALIA – Periferia romana: donne di spettacolo

di Barbara Belotti

Il III municipio di Roma, con i suoi numerose quartieri, negli ultimi decenni ha visto cambiamenti straordinari. Dalla fine degli anni Settanta sono cresciuti in maniera rapida nuovi insediamenti residenziali che hanno “divorato” in breve un’ampia zona di campagna romana trasformandola in “mattoni e cemento”, come canta Celentano nel “Il Ragazzo della via Gluck”. In questa zona si è deciso di intitolare le strade a figure femminili e maschili del mondo dello spettacolo italiano.

Cercando su Google Map le strade corrono e si snodano sullo schermo del computer formando curve, angoli retti, linee diagonali e i nomi rimandano, nella maggior parte dei casi, a personaggi maschili. Nonostante la recente formazione dei quartieri e dei reticoli viari, la scelta è ancora una volta sbilanciata in favore degli uomini di spettacolo. Si va da via Mario Del Monaco a via Nanni Loy, da via Gian Maria Volontè a via Rino Gaetano, largo Luchino Visconti o viale Antonio De Curtis, poco meno di sessanta nomi per altrettanti spazi pubblici. C’è anche un parco ed è stato dedicato all’attore Angelo Musco.

1.Cavalieri. Foto di Marta Rossi Doria.ridotto

FOTO LINA CAVALIERI di Marta Rossi Doria

2.Borelli.Foto di Marta Rossi Doria.ridotto

FOTO LYDA BORELLI di Marta Rossi Doria

Le protagoniste femminili sono meno della metà. Sono donne che si sono distinte nel canto (Lina Cavalieri), nella rivista (Wanda Osiris) o che hanno contribuito allo sviluppo del cinema muto come Dina Galli, Rina De Liguoro, Maria Melato o Lyda Borelli, considerata l’ideale della femminilità liberty e dannunziana, caratterizzata da gesti e pose enfatiche. I loro volti sono un po’ sbiaditi nella memoria collettiva, eppure la loro carriera è stata importante e alcune di loro sono state vere e proprie dive.

3.Koscina.Foto di Denisa Nistor Podar.ridotto

FOTO SYLVA KOSCINA di Denisa Nistor Podar

Altre figure sono più note e sono quelle che hanno fatto vivere e crescere il cinema italiano nel corso del Novecento. Troviamo fra loro Sylva Koscina: il mondo dello spettacolo le ha ritagliato addosso il ruolo di donna seducente e ammaliatrice; la sua bellezza, gli atteggiamenti da diva, le pagine di cronaca rosa l’hanno consegnata al grande pubblico come un mito senza età. Ma riferendosi a se stessa Sylva Koscina parlava di infelicità e di mancanza di amore, di successo ma anche di scelte sbagliate pagate a caro prezzo.

4.de' Giorgi. Foto di  Marta Rossi Doria.ridotto

FOTO ELSA DE’ GIORGI di Marta Rossi Doria

Fra i nomi presenti anche quello di Elsa De’ Giorgi. Amatissima attrice del Novecento, scrittrice e preziosa testimone del movimento partigiano italiano, Elsa de Giorgi dimostra senza dubbio di avere, oltre che un indiscusso talento recitativo, saldi valori democratici che le consentono di rifiutare apertamente il regime fascista. Per potersi esprimere più liberamente, sceglie di dedicarsi al mondo della prosa, meno soggetto alla censura di Benito Mussolini, e, già famosa per i numerosi successi cinematografici, decide di porre fine alla sua carriera sul grande schermo. Nel 1955 dà alle stampe il libro I coetanei, in cui affronta temi legati alla lotta partigiana intrecciati ai ricordi del mondo cinematografico romano durante la guerra.
È una donna colta, raffinata, dalla personalità complessa e profonda che, negli anni del secondo dopoguerra, riesce ad affascinare Italo Calvino. Lui, che le dedicherà il romanzo Il Barone Rampante, è un brillante e giovane intellettuale poco più che trentenne. Elsa, più grande di lui, è bella, famosa, protagonista della cultura e della mondanità romane. Il loro è un amore clandestino che si scontra con la morale rigida dell’Italia degli anni Cinquanta. È però un amore intenso e complesso, scandito dalle centinaia di lettere che lo scrittore le invia; l’influenza che Elsa ha su di lui è tangibile nelle parole di Italo: “Amore mio, non avrei mai pensato che innamorarmi di te, incidesse così profondamente in me, fino a toccare, ad aprire una crisi anche nella strumentazione più tecnica del mio lavoro, cioè nel mio stile”.

5.Pica.foto di  Marta Rossi Doria.ridotto

FOTO TINA PICA di Marta Rossi Doria

Anche Tina Pica ha una strada in suo onore. Un’attrice dal corpo minuto, al quale si contrappone una voce cavernosa che diviene in breve la sua particolare caratteristica. Simpatia e indubbio talento le consentono di affiancare attori già affermati come, per esempio, Totò. Diventa beniamina del grande pubblico nelle vesti di Caramella, la governante del film Pane, Amore e Fantasia, interpreta negli anni ruoli che le vengono ritagliati addosso quasi su misura. I suoi personaggi sono del tutto diversi dalle dive hollywoodiane e dalle maggiorate nazionali: sono donne dal carattere burbero e spigoloso, ma di profonda umanità, irascibili e petulanti, con una grande saggezza di fondo. Per aver dato vita, in alcune pellicole, a figure di zitelle bigotte, è stata considerata l’emblema di questo stereotipo femminile, quasi non ci fosse differenza fra film da lei interpretati e realtà. Al contrario Tina ha avuto due mariti: il primo, Luigi, muore giovanissimo; il secondo, Vincenzo, è il suo amato compagno di vita per oltre quarant’anni.

6.Masina. Foto di Marta Rossi Doria.ridotto

FOTO GIULIETTA MASINA di Marta Rossi Doria

Di fronte al grande centro commerciale “Porte di Roma” uno slargo ricorda Giulietta Masina. Non è proprio una piazza, quanto uno snodo di traffico che ruota intorno ad un’aiuola, non sempre ben curata e mantenuta. Federico Fellini è ricordato invece all’inizio della “sua” via Veneto, appena varcate le mura di Porta Pinciana. Certo, quella è la strada che lui ha reso celebre, ma quanti film di Federico sono stati resi unici da Giulietta? Eppure a lei non è toccato lo stesso onore.

7.Maggio.Foto di Denisa Nistor Podar.ridotto

FOTO PUPELLA MAGGIO di Denisa Nistor Podar

L’odonomastica del III municipio rievoca anche molte attrici di teatro, per esempio Pupella Maggio, il cui vero nome era Giustina. Come lei stessa racconta, a due anni venne portata in scena dentro uno scatolone, legata proprio come una bambola perché non scivolasse fuori. Così il suo destino fu segnato: da “Pupatella”, attraverso la poupée francese, divenne per tutti “Pupella” nel teatro e nella vita.

8.Morelli.Foto di .Denisa Nistor Podar.ridotto

FOTO RINA MORELLI di Denisa Nistor Podar

Rina Morelli ha avuto l’onore di un’intitolazione. Definita da Visconti la più grande di tutte, un mostro sacro del teatro contemporaneo, antidiva per eccellenza, Rina è stata scrupolosa nell’aderire ai personaggi che interpretava, da Cechov a Shakespeare, da Goldoni a Pirandello; la sua voce, duttile ed espressiva, è stata prestata nei doppiaggi delle pellicole hollywoodiane e così molte attrici, da Bette Davis a Katharine Hepburn, da Ginger Rogers a Judy Holliday, sono diventate per il pubblico italiano delle beniamine.

9.Valori.Foto di Cecilia Mazzarotto.ridotto

FOTO MARIA BICE VALORI di Cecilia Mazzarotto

Per uno strano caso dovuto alla definizione dei confini dei Municipi, il nome di Bice Valori, solo soletto, rientra nel territorio del IV e non del III. Donna e attrice di immediata simpatia, spontanea nella verve comica, ha calcato con successo anche i palcoscenici del teatro di rivista, legando il suo nome agli anni d’oro del teatro Sistina, dove recita nelle commedie musicali di Garinei e Giovannini come Rugantino (1962), Aggiungi un posto a tavola (1975), Accendiamo la lampada (1979). Il suo volto è diventato celebre soprattutto con la televisione, quella in bianco e nero degli anni Sessanta, sia da sola sia al fianco del marito, l’attore Paolo Panelli, con cui forma una coppia comica brillante e di notevole successo. Il talento e la carriera sono stati stroncati molto presto da un tumore: Bice Valori muore il 17 marzo del 1980, a soli cinquantadue anni.

10.Ninchi. Foto di Marta Rossi Doria.ridotto

FOTO AVE NINCHI di Marta Rossi Doria

Nel 2012 due viali del III Municipio sono stati dedicati ad Ave Ninchi e a Elena Fabrizi, più conosciuta come la Sora Lella. Sono state queste le prime intitolazioni deliberate dal Campidoglio e derivate dalle numerose proposte inoltrate dal gruppo di Toponomastica femminile all’Ufficio Toponomastica della capitale. A distanza di quasi quattro anni, ancora i nomi delle due attrici non sono stati inseriti su Google Maps e rintracciare le strade, per me che non abito nelle vicinanze e conosco poco la zona, è stato impossibile.
Il navigatore GPS, ormai imprescindibile strumento di orientamento, ha girato a lungo a vuoto, perso anche lui, come me, nell’odissea cittadina.
La mancata affissione delle targhe, il loro danneggiamento o la loro soppressione portano a un nuovo oblio della memoria femminile. La fotografia, un cartello umano in sostituzione delle indicazioni introvabili, vuole essere il tentativo di far tornare in vita ciò che l’incuria e la disattenzione hanno fatto scomparire di nuovo.




ITALIA – Scene di vita triestina

di Claudia Antolini

Trieste conta 17 strade dedicate a sante e madonne, 2 a benefattrici locali e 7 che ricordano la sua storia. Le targhe femminili sono 39 su un totale di circa 1300, meno del 3%, a fronte di più di 700 dediche a uomini. Poche le donne moderne, d’arte e di penna, presenti nelle targhe cittadine.

Gli odonimi della toponomastica sacra vanno ascritti al periodo preunitario italiano. Per lo più si tratta delle numerose denominazioni della Madonna, di nomi di sante e martiri che, a lungo, sono state le uniche presenze toponomastiche femminili. In molti casi le denominazioni nascevano in maniera spontanea dalla popolazione.

Laiche o religiose, le benefattrici hanno dedicato la loro vita ad aiutare i bisognosi, l’infanzia abbandonata, i poveri e i malati; spesso hanno fondato opere assistenziali che ancora oggi funzionano; hanno offerto il loro amore e, se benestanti, anche i loro averi, a testimoniare che la solidarietà umana non manca mai, anche nei periodi più bui. Le opere di carità e beneficenza hanno costituito, per molte donne, le uniche forme di autonomia riconosciute e accettate dalla famiglia e dalla società. Le strade di Trieste ricordano Sara Davis e Cecilia de Rittmeyer, donne abbienti che decisero di impiegare le loro sostanze e i loro sforzi a migliorare le condizioni di vita dei meno fortunati.

Quando la toponomastica femminile trae spunto dalla storia, sceglie spesso mogli o madri di personaggi famosi, donne che, pur avendo avuto in vita compiti e ruoli significativi, hanno dovuto cedere il passo, nella commemorazione, ai loro uomini. A Trieste è presente via Cornelia Romana, madre di Caio e Tiberio Gracco.

Altre figure sono celebrate perché la storia le ha perseguitate e rese martiri, quasi fosse implicito per il genere femminile che, per meritare un odonimo, è necessario essere vittime: ricadono in questo caso Elisa Baciocchi e Mafalda di Savoia, e Norma Cossetto.

La città non ha comunque dimenticato il coraggio delle donne che abbracciarono la causa della Resistenza. Conoscevano la crudeltà dei tedeschi, intuivano che la ferocia maschile dei soldati si sarebbe scatenata contro di loro più che contro un semplice militare nemico, eppure non si fermarono. A lungo la storiografia ufficiale le ha ignorate, sottovalutando il loro ruolo. Rita Rosani, Laura Petracco (ricordata con il fratello), Alma Vivoda (a Muggia) e Ondina Peteani hanno sacrificato la vita per l’onore e la libertà di tutta la nazione italiana; per loro l’intitolazione di strade e giardini e la medaglia d’oro al Valor Militare (tranne che per Ondina Peteani, deceduta nel 2003.

Negli ultimi anni, amministrazioni più sensibili al recupero della memoria femminile iniziano a compensare il gap di genere intitolando a figure moderne, di cultura e d’azione, aree verdi della città.

Fotografie di Lucio Perini

01.TRIESTE_giardinoBarbieri Perini

Risale al 4 giugno 2014 l’intitolazione del giardino comunale di via Mascagni (Valmaura) a Fedora Barbieri (Trieste 1920 – Firenze 2003), la mezzosoprano triestina, ma di fama internazionale, che portò il calore della sua voce nei più grandi teatri lirici europei e americani.

Triestina di nascita, debutta a Firenze a soli vent’anni. Nel 1942 canta alla Scala per la Nona Sinfonia di Beethoven. Negli anni Cinquanta è spesso a fianco della Callas e fino agli anni Settanta resta all’apice del successo, grazie al temperamento drammatico e al profondo calore della sua voce.

02.Trieste_giardino.Leonor.fini_LucioPerini

A Leonor Fini (Buenos Aires 1907 – Parigi 1996), pittrice, è dedicato il giardino che si trova in via Boccaccio, a Roiano. L’intitolazione risale all’11 dicembre 2014. A Trieste l’artista trascorre i primi vent’anni scoprendo, da autodidatta, la vocazione per la pittura. Fondamentale l’amicizia con artisti e letterati locali Leonor, eclettica e anticonformista, ebbe una carriera lunga, ricca di eventi, tra Milano, Roma e Parigi, e relazioni importanti.

03.Trieste.ave ninchi.Perini 2

Ave Ninchi (Ancona 1915 – Trieste 1997), dal 22 dicembre 2013, è ricordata nel piazzale antistante la sede dell’Arac, all’interno del giardino di via Giulia. Nata nelle Marche ma cresciuta a Trieste, Ave fu attrice di teatro e di cinema e conduttrice televisiva molto amata. Nel 1939 esordì a teatro, interpretando una lunga serie di figure popolari che la resero celebre. Sei anni più tardi ebbe inizio la sua brillante carriera nel cinema, che la portò ad affiancare Totò, Anna Magnani e Alberto Sordi.

04.TRIESTE.madieri.LUCIOPERINI

Marisa Madieri (Fiume 1938 – Trieste 1996) ha uno spazio verde che la ricorda in via Benussi, nel quartiere di Valmaura, dallo scorso 8 maggio.

Aveva appena undici anni quando la sua famiglia abbandonò Fiume e si stabilì a Trieste. Nel suo primo romanzo, Verde Acqua, pubblicato nel 1987, narra dell’esodo dall’Istria e dipinge la città natale sullo sfondo delle sue memorie infantili e adolescenziali. Ad oggi è considerata una delle maggiori voci narranti dell’esodo istriano, e le sue opere sono state tradotte in varie lingue.

05.Trieste_giardino chiara longo 2

A Borgo San Sergio, dal 22 novembre 2014 si può riposare nel giardino Chiara Longo (Trieste 1951 – 1995), grande atleta triestina: nell’arco di 5 anni riuscì a conseguire le vette più alte della pallacanestro.

Ottima giocatrice di squadra vantò ben 58 presenze in nazionale, l’ultima delle quali a Rio de Janeiro, contro il Messico.

06.Trieste.giardinoondinapeteani_Perini

È del 27 gennaio 2015 la dedica di un giardino a Valmaura ad Ondina Peteani (Trieste 1925 – 2003), eroina della Resistenza e prima staffetta partigiana d’Italia. Entra diciottenne nei battaglioni del Carso, fugge da due arresti ma nel marzo del ’44, viene deportata, dapprima ad Auschwitz, poi a Ravensbrück e infine in una fabbrica nei pressi di Berlino, dove mette in atto un programma di sabotaggio alla produzione. Nell’aprile del ’45, durante una marcia di trasferimento, riesce a scappare e a raggiungere Trieste, percorrendo in 3 mesi più di 1300 km. Nel dopoguerra diventa ostetrica e continua la sua attività politica nel Pci, nei sindacati, nell’Anpi, nell’Aned e nei movimenti femminili.

07.Trieste.giardino wulz.Perini

Nei pressi dell’Università di Trieste, in via Catullo, troviamo il Giardino Wanda e Marion Wulz, (Trieste 1903 – 1984 e Trieste 1905 – 1993), dedicato alle due fotografe triestine, figlie d’arte. Iniziano la loro carriera con il padre, nello studio fotografico fondato dal nonno, del quale diventeranno titolari nel 1928. Portano avanti la tradizione del ritratto, le vedute della città e i servizi commissionati da opifici e cantieri. Wanda si fa riconoscere per la sua personale interpretazione della realtà: vicina al futurismo, viene notata da Marinetti, in una mostra tenutasi a Trieste nel ’32. “Io+gatto”, la sua immagine più famosa. Nel 1981 cedono il loro archivio allo studio dei Fratelli Alinari di Firenze.

08.Trieste via santa maria maggiore Lucio Perini sett 2012

Santa Maria Maggiore si riferisce a uno dei più importanti edifici sacri della città, dedicato al culto dell’Immacolata Concezione.

Strade intitolate a sante e madonne si riferiscono in gran parte a santuari o località particolarmente significative per il culto, ma anche a piccole costruzioni sacre, a immagini devozionali davanti alle quali ci si fermava per un breve riposo e una preghiera.

09.Trieste.Servola_ZoraPerello

Su di un colmello alla periferia di Trieste, ora compreso nella città, si trova Servola, una volta villaggio di pescatori ora quartiere che mantiene orgogliosamente le sue specificità. A Zora Perello, antifascista servolana morta ventiduenne nel campo di concentramento di Ravensbrück è dedicata la lapide posta sulla sua Casa del Popolo. Nella foto, quasi una sintesi storica di questo angolo di Europa: San Antonio, il leone di Venezia, la stella rossa della repubblica Yugoslava e dei partigiani titini.

10.Trieste.Servola_lapideGiovannaGenzo_LucioPerini

A 50 metri un’altra epigrafe, anche questa bilingue, fissa un momento particolarmente duro e difficile della storia di questa città. Malgrado la sconfitta nazifascista, il territorio di Trieste e dintorni vive un clima di guerra civile. La Civil Police, forza dell’ordine temporanea istituita dagli angloamericani, è composta in larga parte da ex membri del Partito Nazionale Fascista e della Guardia Civica, da disertori della zona B (territorio amministrato dagli jugoslavi) -e da domobranci, i miliziani sloveni anticomunisti. Innumerevoli saranno le manifestazioni di piazza e le proteste represse nel sangue da queste “forze dell’ordine”. Il 10 marzo 1946, nel rione di Servola, la Civil Police spara sulla folla che aveva issato alcune bandiere per una manifestazione filojugoslava provocando una ventina di feriti e la morte di Giovanna Genzo, madre di tre bambini, e Giorgio Bonifacio.