Gang of Four

La settimana che va dal 25 aprile al primo maggio si apre e si chiude con due importanti festività come quella della liberazione dal fascismo e la festa del lavoro.In questi giorni in Italia passa un gruppo che ha avuto una connotazione politica molto marcata nei suoi testi, pur non avendo mai optato per una presa di posizione militante dichiarata.

Il 27 – alla Zona Roveri di Bologna –  e il 28 – al Traffic Live di Roma –  ci saranno i Gang of Four, una band che oggi è spesso conosciuta solo da un pubblico di intenditori ma che ha avuto una grande influenza su molte formazioni attuali. Il loro genere è spesso stato definito come “punk-funk”, essendo il modo più preciso di descrivere il loro sound. Sono uno di quei nomi che hanno meglio testimoniato il passaggio dall’irruenza ed essenzialità della prima ondata punk del 1977 alle strutture più complesse e articolate di quello che di lì a poco sarebbe diventato il fenomeno del post punk. In questo calderone che contiene tutto e il contrario di tutto, loro (ma non solo, se pensiamo anche a Talking Heads e Pop Group) sono passati alla storia per aver ripreso a piene mani dalla musica nera. Il risultato è un suono bianco e molto inglese che riesce ad essere molto ritmato ma senza l’elemento “ballabile” tipico di Sly and The Family Stone e James Brown. Le loro canzoni sono nevrotiche e riflettono il clima di tensione tipico degli anni della Thatcher. Tutto questo è molto evidente nell’album d’esordio, Entertainment!, uscito nel 1979, anno in cui la Lady di ferro è stata eletta e in cui è iniziato quel grande smantellamento dello stato sociale fino ad allora in vigore nel Regno Unito. I Gang of Four, già dal nome (cioè la Banda dei Quattro, i quattro politici arrestati nel 1976 dopo la morte di Mao e accusati di voler preparare un colpo di stato) mantengono una chiara inclinazione per i testi socialmente impegnati. Ma questo nel loro caso non si traduce nei classici slogan da manifestazione. Forti di una conoscenza molto approfondita degli scritti di Marx, vogliono riflettere uno scenario in cui il capitalismo si è impadronito della vita delle persone e ne condiziona le decisioni e i ritmi. La consapevolezza di essere parte di un sistema regolato dal consumismo, grigio e oppressivo che opera solo in nome della sua autoconservazione, senza che i cittadini ne traggano qualche reale beneficio, è la ragione profonda della musica nevrotica del quartetto, in cui la chitarra di Andy Gill si muove attraverso accordi spesso dissonanti e divagazioni noise, accompagnata dai ritmi funk del basso di Dave Allen.

La band, che adesso gira con il solo Gill come membro originale, ha avuto un’influenza profonda in molti gruppi nati dopo di loro. Uno degli esempi più famosi è quello dei Red Hot Chili Peppers, il cui bassista Flea ha più di una volta dichiarato di aver ripreso molto dallo stile di Allen, così come il loro sound è stato molto importante per i REM. L’indie rock degli anni 2000 deve moltissimo a loro, e questo è evidente in gruppi come i Franz Ferdinand, Liars e Rapture.

Vale certamente la pena, quindi, assistere al concerto di un nome che ha dato molto al mondo della musica e che è tra le principali influenze di molte cose ascoltate, anche se non tutti se ne rendono conto