COLAZIONE CON ELSA MORANTE

Se c’è un quartiere di Roma in cui ancora sopravvive la veracità romana, quello è Testaccio.
Nonostante i locali, i negozi e la vita notturna, addentrandomi per le vie del rione mi sono sempre sentita sospesa in una realtà parallela fuori dal tempo.
C’è un bar sulla piazza, con qualche tavolino all’esterno che dà su Santa Maria Liberatrice, di fronte ai giardini. È lì davanti che aspetto Elsa Morante1. Questa volta sono in anticipo.

– Scusa il ritardo, ‘sta città più passa il tempo, più è trafficata.
– Si figuri, anzi, grazie di aver accettato di incontrarmi.
– Cappuccino e cornetto, come da tradizione?

Ho già fatto colazione, ma un cornetto con la Morante è impossibile da rifiutare.

– Amo moltissimo i suoi romanzi, “L’isola di Arturo” è stato un grande compagno di viaggio nella mia adolescenza. Da cosa ha tratto ispirazione per raccontare l’età di transizione?
– Mi ricordo che da piccola, quando accompagnavo mio padre Augusto a lavorare nell’istituto di correzione, rimanevo ammaliata da questo mondo in cui i ragazzi vivevano in una situazione di collettività, di perenne gioco e confronto. Non era un luogo particolarmente felice, ma ai miei occhi sembrava meraviglioso e stimolava moltissimo la mia creatività.
Arturo, come tutti gli adolescenti, è prigioniero di un metamorfismo incontrollabile. Man mano che cresce, crollano tutte le sue certezze, riemergono ferite e lutti del passato, si frantuma l’immagine idealizzata che aveva di suo padre.
Crollano i miti e fioriscono le insicurezze. Sono le tipicità di quella che hai giustamente definito età di transizione, in cui ci si prepara per lanciarsi nel mondo degli adulti. È un limbo, per alcuni infernale, ma fuori dal quale “non v’è Eliso”, come ho scritto nella dedica del romanzo.

– Ascoltando le sue parole non posso far a meno di cogliere dei riferimenti alla sua storia personale.
– Questo è chiaro, i dolori di Arturo sono in parte stati anche i miei. C’è molto di me in quel libro.
– Allora perché ha dato voce a un ragazzo e non a una ragazza?
– Non ti nascondo che in fondo in fondo avrei sempre voluto essere un uomo.
Mi è mancata molto quella dimensione giocosa e infantile che si è sempre presentata davanti ai miei occhi come un privilegio riservato al genere maschile.

– Altra grande protagonista, oltre ai ragazzi, è la figura materna, non trova?
– Assolutamente sì. Ho posto al centro di moltissimi dei miei romanzi il legame madre-figlio.
L’universo femminile nei miei libri è fondamentalmente spaccato a metà, tra l’affermazione, a volte sofferta, della propria maternità e la tensione verso l’amore e la passione. Questi ultimi sono intrappolati però in un momento di sogno, destinato a infrangersi nella dura realtà. Ida, protagonista de “La storia”, ne è forse l’esempio più calzante.
– Anche per lei l’amore e la passione hanno sofferto nello scontro con la realtà?
– Io ho amato senza mezzi termini, tutte le volte. Lo saprai… La mia vita privata è, mio malgrado, sulla pubblica piazza. Delusione dopo delusione, sono arrivata a covare dentro di me una profonda infelicità; ma preferirei non parlarne, se non ti dispiace.

Per la prima volta dall’inizio del nostro incontro stacco gli occhi dai miei appunti e incrocio il suo sguardo. Vale più di mille parole: le leggo dentro una vitalità bruciante che fa la lotta con una selvatica, autodistruttiva insofferenza. Ho davanti Arturo.

1 Elsa Morante è nata a Roma nel 1912. È stata una delle principali letterate italiane del dopoguerra, donando al mondo capolavori come “L’isola di Arturo” e “La Storia”.
Fu la prima donna a vincere il Premio Strega, nel 1957, consacrandosi come una delle più importanti narratrici di tutti i tempi.
Dopo un lungo periodo di infermità, tentò il suicidio nel 1983. Morì nel 1985, in una clinica romana.