I conti mentali

Abbiamo visto le difficoltà che incontriamo quando dobbiamo gestire i nostri risparmi per non rimanere invischiate nelle trappole mentali e per non  prendere decisioni basate sull’emotività o utilizzando scorciatoie che apparentemente ci semplificano le scelte ma che spesso non sono razionali.

Un altro dei meccanismi che siamo portati ad attivare è quello dei “conti mentali”. Si tratta della tendenza ad adottare una ripartizione delle nostre risorse per blocchi associandoli ad obiettivi specifici.

Anche in questo caso si tratta di meccanismi che abbiamo sempre usato. Solo qualche decennio fa, quando ancora molti percepivano lo stipendio in contanti, era abitudine che chi si occupava della gestione delle spese suddividesse la disponibilità per obiettivi : l’affitto, le spese alimentari, gli acquisti programmati, lo svago e, se possibile, una quota di risparmio per far fronte agli imprevisti. Era chiaro che queste “scatole” dovessero essere separate tra loro ed essere aperte solo per lo scopo ad esse assegnato onde non esporre la famiglia al rischio di “non arrivare a fine mese”.

Si è notato che gli investitori e le investitrici tendono a ripartire le risorse finanziarie in almeno tre blocchi, uno che copre esigenze di sicurezza e protezione, generalmente soddisfatto con la liquidità, uno che riguarda i grandi obiettivi di vita ed uno che copre l’aspetto divertimento inteso sia come svago che come ad esempio speculazione finanziaria di breve periodo.

In questo caso è opportuno assecondare questa nostra naturale predisposizione e utilizzarla come base per una corretta pianificazione finanziaria con lo scopo  di creare i nostri conti mentali associati a singoli obiettivi e una volta creati ricordarci che andranno aperti solo per lo scopo per cui sono stati creati.

Ciascuno di questi “cassetti” andrà riempito con strumenti finanziari coerenti per orizzonte temporale e profilo di rischio e con caratteristiche che meglio si adattano all’obiettivo da raggiungere. Ad esempio, inserire in un progetto di lungo periodo strumenti che distribuiscono cedole può creare inefficienza in quanto le cedole distribuite confluiscono sul c/c dove noi generalmente deteniamo le somme immediatamente spendibili, se non saremo pronte a reinserirle nel progetto di origine andremo a sottrargli risorse indispensabili al raggiungimento dell’obiettivo.

Anche il monitoraggio nel tempo andrà effettuato separatamente e le eventuali modifiche da apportare valutate in base alla specificità del progetto.

La separazione rappresenta quindi un valido aiuto nella gestione dei nostri risparmi e nel contrastare emotività e cattive abitudini.

 

 

 




Procrastinazione

Nel 1989 fu condotto un test tra studenti universitari/e, fu chiesto loro se preferissero per uno spuntino un frutto o uno snack al cioccolato. Le domande furono due, una chiedeva cosa avrebbero scelto nell’immediato, l’altra cosa avrebbero scelto tra un mese. Le risposte furono molto diverse, quando la scelta era spostata nel futuro il 74% dichiarò di optare per il salutare frutto mentre quando la scelta riguardava il presente il 70% scelse il ben più appetitoso snack.

Se ci pensiamo bene questi risultati non ci sorprendono, chi di noi non ha mai dichiarato solennemente di iniziare una dieta o di cominciare a frequentare una palestra la prossima settimana?

Quello di posticipare le scelte, anche quelle che razionalmente sappiamo essere importanti, è un atteggiamento tipico di noi esseri umani.

Se in tema  di risparmio e investimenti le decisioni affrettate possono rappresentare un rischio dobbiamo fare attenzione a non cadere nella trappola opposta, rappresentata dalla procrastinazione con il rischio di non decidere mai o di farlo quando è ormai troppo tardi.

Un altro freno alle scelte è rappresentato dalla tendenza che noi abbiamo a preferire un piacere immediato rispetto alla felicità a lungo termine. Nel famoso “ test del marshmallow”, alcune/i bambine/i venivano lasciate sole/i in una stanza con un dolcetto, con l’indicazione che se avessero rinunciato a mangiarlo per una decina di minuti ne avrebbero ottenuto un altro. Nei video, facilmente reperibili su youtube, possiamo vedere quanto difficile fosse la rinuncia pur in presenza di un premio.

The Marshmallow Test

Molti obiettivi della nostra vita richiederanno importanti somme di denaro che spesso oggi non abbiamo, si pensi a un percorso di studi prestigioso per i nostri figli e le nostre figlie o a un’integrazione previdenziale, ma dal momento che si dovranno realizzare tra molti anni dobbiamo usare il tempo come un alleato.

Pianificare questi obiettivi e iniziare il prima possibile a lavorare per loro ci consentirà di aumentare sensibilmente la probabilità di raggiungerli, dilazionando nel tempo gli sforzi e quindi riducendo al minimo le rinunce.

 




L’inflazione e il risparmio

Recenti indagini hanno riscontrato che su conti correnti e depositi di risparmiatrici e risparmiatori italiani  sono presenti  circa 1.300 miliardi di Euro. Vari i motivi alla base di questa situazione: l’incertezza economica, le disavventure che hanno riguardato recentemente alcuni risparmi, ma anche i ridotti rendimenti dei titoli di stato che per decenni hanno rappresentato l’unico investimento oltre a conto corrente e mattone. È frequente infatti che alla scadenza di un titolo detenuto per molti anni chi intende risparmiare trovandosi di fronte alla possibilità di sottoscriverne uno nuovo ad un tasso nettamente inferiore a quello scaduto decida di rinunciare lasciando sul conto la liquidità.

In pratica di fronte all’incertezza e all’indecisione decide di non scegliere senza considerare che la non scelta rappresenta comunque una scelta che genererà delle conseguenze.

Tralasciamo per il momento la considerazione che non impiegare la liquidità posseduta o parte di essa in investimenti alternativi può far perdere opportunità di guadagno e vediamo quella  che è una conseguenza certa di tale decisione e cioè l’erosione del potere d’acquisto del nostro denaro da parte dell’inflazione.

Da anni si sente parlare della bassa inflazione come un problema al punto che le autorità monetarie auspicano una sua risalita a tassi pari almeno al 2%.  Quello che non viene sufficentemente considerato è che bassa inflazione non significa zero inflazione.

Nella tabella che segue vediamo l’impatto che ha avuto l’inflazione negli ultimi vent’anni sui nostri risparmi.

Tabella

Nella colonna centrale è evidenziato il tasso di inflazione rilevato ogni anno e anche se il suo valore è lontanissimo da quelli in doppia cifra che molti di noi hanno vissuto negli anni ‘70 e ‘80 ha comunque causato un sensibile calo del potere d’acquisto.

Cento euro del 1997 valgono oggi circa settanta: negli ultimi dieci anni la perdita è stata del 12%.

Quando valutiamo di detenere liquidità non perché abbiamo impegni finanziari a breve ma come forma di investimento “sicura” valutiamo attentamente questo  costo occulto e non limitiamoci a guardare che il valore nominale del nostro conto corrente.

 

 

 

 




Trappole mentali: euristica della disponibilità

Quando ci troviamo di fronte a una decisione complessa normalmente cerchiamo informazioni che ci aiutino a ponderare la scelta ed è in queste occasioni che il nostro cervello individua scorciatoie, correndo il rischio di cadere in quella trappola che la Finanza Comportamentale definisce euristica della disponibilità.

L’enorme quantità di informazioni sui media e la facilità di accesso a esse grazie ad internet crea un problema di sovraccarico informativoe questo ci porta spesso a basare le nostre scelte sulle informazioni più prontamente disponibili. Ciò può essere comodo ma non è detto che sia la strada giusta, le informazioni più facili da reperire non necessariamente sono più rilevanti di quelle meno recenti o non presenti ai primi posti delle nostre ricerche online.

Nei mesi successivi alll’11 Settembre 2011 molti viaggiatori americani scelsero di affrontare viaggi di media distanza in auto anziché, come d’abitudine, in aereo. Questo comportò un aumento degli incidenti mortali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le informazioni riguardanti l’attacco alle Torri Gemelle, i dettagli sul dirottamento e lo shock provocato hanno portato a sovrastimare il rischio connesso ai viaggi in aereo, le statistiche che indicano come il trasporto in auto sia molto più pericoloso  erano in quel momento meno disponibili anche se sicuramente più attendibili.

Anche quando dobbiamo prendere delle decisioni in campo finanziario cerchiamo informazioni che ci aiutino a scegliere ed è facile dare grande importanza  a quanto sentito il giorno prima al telegiornale, a quanto letto su internet o semplicemente a quanto ci è stato da poco  raccontato. Pensiamo al collega che ci ha appena detto che una sua amica ha realizzato enormi guadagni investendo in BitCoin. Sono tutte informazioni vivissime nella nostra mente, prontamente disponibili e per questo all’apparenza attendibili e importanti. Durante il processo decisionale è frequente inoltre il cosiddetto errore di conferma: quando iniziamo a formarci un’opinione corriamo il rischio di dare un eccessivo peso alle notizie che confermano il nostro punto di vista e troppo poco a quelle che lo contraddicono. La somma di questi due errori, attuati inconsciamente, può avere un peso determinante sulle scelte: conoscerli e riconoscerli permette di selezionare le informazioni sulle quali basare le decisioni di investimento seguendo criteri di maggiore obiettività.

 

 

 

 




Mollare l’ancora

Nel 2002 lo psicologo Daniel Kanheman vinse il premio Nobel per l’economia. I suoi studi sono alla base della Finanza Comportamentale, la disciplina che studia i meccanismi che guidano le scelte effettuate dalle persone in condizioni di incertezza.

In campo economico le teorie ipotizzavano un essere umano razionale in grado di effettuare la scelta più conveniente ma nella realtà l’individuo è tutt’altro che perfetto e le sue scelte sono guidate spesso da regole intuitive che nella vita quotidiana ci aiutano ma che ci fanno commettere errori in ambito finanziario.

Vediamo la prima di queste che vengono anche definite “trappole mentali”: l’ancoraggio.

L’ancoraggio è la tendenza a crearci delle “ancore mentali”, cioè dei punti di riferimento che il nostro cervello utilizza come appigli in situazioni di incertezza; quando dobbiamo compiere una scelta, formulare una previsione o emettere un giudizio partiamo da questi e in funzione di questi decidiamo.

Nel campo degli investimenti una tipica ancora mentale è il prezzo pagato per acquistare un titolo. Quel prezzo diventa spesso per noi il punto di partenza per giudicare in futuro se il titolo è “caro” o “a buon mercato” facendo passare in secondo piano elementi ben più importanti per valutare se è il caso di mantenerlo in portafoglio, venderlo o acquistarne degli altri. Sarebbe sicuramente più utile analizzare la storia della società, l’andamento nel tempo di fatturato e utili, le prospettive dei mercati in cui opera e altri elementi oggettivi prima di decidere.

Tale meccanismo scatta anche nella valutazione del valore degli immobili. Se ho acquistato un immobile e dopo alcuni anni ne vedo in vendita uno simile a un prezzo sensibilmente più basso sarò portato a ritenerlo un “affare” senza considerare altri fattori per valutarne l’effettiva potenzialità come investimento.  Anche in questo caso è opportuno valutare l’andamento dei prezzi degli immobili in quella zona, considerarne i costi connessi all’acquisto, le imposte che gravano sugli stessi sia al momento dell’acquisto che dopo (ricordiamoci che le seconde case non godono delle agevolazioni fiscali previste per le abitazioni principali ), l’andamento del mercato degli affitti  se vogliamo affittarlo.

In conclusione l’ancoraggio è una scorciatoia che il nostro cervello prende inconsciamente per spendere poca energia quando dobbiamo fare delle scelte. Se le scelte riguardano i nostri risparmi è opportuno non cadere nella trappola, mollare l’ancora e impegnarci di più per  prendere decisioni ponderate.  




Investimenti ed emotività

Come in tutti gli aspetti della vita anche in campo finanziario l’emotività influenza le nostre scelte.

L’immagine i copertina illustra il rischio che si corre quando le scelte sono guidate dall’emotività: chi investe può essere spinto/a a entrare nei momenti di euforia dei mercati e uscirne quando gli stessi sono fortemente negativi. Tale rischio è accentuato quando gli andamenti dei mercati sono sotto i riflettori dei media.

Termini come “euforia”, ”record”, “nuovi massimi” possono spingere l’investitore e l’investitrice prudenti a effettuare investimenti non adatti al proprio profilo di rischio, oppure, il sentir parlare di “crack” e “miliardi bruciati” può convincerli a liquidare investimenti destinati a soddisfare esigenze di lungo periodo realizzando perdite difficilmente recuperabili.

Molto spesso le scelte di investimento si basano sul tentativo di valutare una serie fattori al fine di capire qual è il momento giusto per investire. Si tenta, cioè, di predire il futuro in merito ad un settore, quello finanziario, influenzato dalle più disparate variabili.

I mercati possono salire o scendere a causa dell’andamento dell’economia, delle politiche delle banche centrali, di crisi o accordi internazionali, di esiti elettorali e mille altri motivi tutti difficilmente prevedibili e su cui non si ha nessun tipo di influenza.

Nel momento in cui le previsioni non si verificano è facile lasciarsi prendere dallo sconforto e pensare di aver sbagliato tutto, di dover rivedere i propri  investimenti basandosi magari su nuove previsioni  che si ritengono migliori e vincenti.

Tutto questo perché spesso quando scegliamo gli investimenti tralasciamo di dare la giusta importanza proprio a ciò che conosciamo meglio e su cui possiamo influire: noi stessi.

Qual è il nostro reddito, la capacità di risparmio, la composizione del nucleo familiare, gli obiettivi che ci poniamo e in quali tempi, sono solo alcuni degli elementi che devono essere alla base delle nostre scelte di investimento e che spesso non consideriamo o alle quali non diamo la giusta importanza.

Analizzare la propria situazione, individuare il proprio profilo di rischio, scegliere gli obiettivi e i tempi ragionevolmente necessari per realizzarli in base alle nostre disponibilità presenti e prospettiche, in altre parole pianificare è l’unico mezzo che abbiamo per evitare che l’emotività prenda il sopravvento e spinga a compiere scelte irrazionali dannose per i nostri risparmi.

 




Cosa significa investire ESG?

L’acronimo ESG –  Environmental, Social e Governance – sta diventando una guida nella selezione e scelta di un investimento.

Le tre parole si riferiscono a diversi e importanti aspetti che impattano sui comportamenti sociali delle aziende.

Il primo è l’ambiente e riguarda tra l’altro l’utilizzo delle risorse naturali, l’inquinamento, la deforestazione.

Il secondo è l’aspetto sociale e analizza le condizioni di lavoro, i rapporti con le comunità locali, le politiche di genere.

L’ultimo è il governo societario e cioè comportamenti di manager e loro retribuzioni, discriminazione di genere nella scelta dei vertici aziendali, implicazione in episodi di corruzione.

L’analisi di questi fattori consente di individuare due categorie di aziende, quelle da escludere nelle scelte di investimento (es: aziende del tabacco e produttori di armi ) e quelle che rispettano i temi ESG e si impegnano attivamente nella loro valorizzazione.

Va evidenziato come tale approccio si differenzia da quello altrettanto importante degli investimenti etici che si orientano verso titoli di società e organismi internazionali che hanno lo scopo di finanziare progetti socialmente utili.

La selezione dei titoli basata sulla valutazione ESG ha lo scopo di individuare società promettenti in termini di rendimenti che abbiano anche un comportamento virtuoso.

Opinioni esperte, provenienti da contesti diversi, ritengono che questi valori costituiscano un grande indicatore di sostenibilità nel lungo periodo della salute di un’impresa e questo perché corrette politiche aziendali la tengono al riparo da rischi che possono comprometterne risultati e solidità. Si pensi ai costi rappresentati dai risarcimenti per danni ambientali, dalle sanzioni per l’aggiramento fraudolento di normative, ai danni d’immagine provocati da politiche di sfruttamento della manodopera o da azioni discriminatorie.

Che il rispetto dei fattori ESG non rappresenti una zavorra per i risultati di un’azienda è confermato da numerose analisi che hanno rilevato migliori performance delle società virtuose rispetto alle loro concorrenti meno attente.

Ottima notizia perché questa constatazione non potrà non spingere anche le aziende meno sensibili ad adeguare le proprie politiche verso comportamenti virtuosi.

 




L’educazione finanziaria: perché?

Numerosi studi hanno più volte certificato che il grado di educazione finanziaria nel nostro paese si pone tra i più bassi e al di sotto della media dei principali Paesi europei.

Non è un caso che in presenza di eventi gravi o disastrosi che colpiscono il risparmio degli italiani si senta dire  che una maggiore educazione finanziaria della cittadinanza/risparmiatrice avrebbe potuto evitare o quantomeno limitare i danni.

Dopo tanti annunci nel 2017 è stato istituito dal Ministro dell’economia e delle finanze il “Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria” con lo scopo di metter a punto una strategia nazionale per l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale.

Uno degli obiettivi dichiarati dalla direttrice del comitato, Annamaria Lusardi, è quello di introdurre l’educazione finanziaria nelle scuole sin dai primi anni per consentire ai giovani di affrontare il prima possibile quei temi che condizioneranno la loro vita. Come gestire i propri risparmi, qual è il mutuo più adatto alle esigenze, quando iniziare un piano di previdenza integrativa, sono solo alcune delle domande a cui prima o poi siamo stati o saremo chiamati a rispondere e non avere gli strumenti  per effettuare le scelte ci espone a future delusioni se non a danni patrimoniali.

Ci auguriamo che questo progetto si traduca al più presto in realtà e che le nuove  generazioni siano in grado di affrontare le decisioni finanziarie con maggiore competenza e consapevolezza ma anche chi ha lasciato i banchi di scuola da tempo non può esimersi dall’affrontare il tema.

Quali scelte ho fatto per i miei risparmi, quanto l’emotività ha condizionato tali scelte, chi sono i miei interlocutori, che livello di servizio ottengo da loro e a quali costi?

Queste e molte altre domande dovremmo porci per essere consapevoli  e al riparo da brutte sorprese.