ITALIA – Scene di vita triestina

di Claudia Antolini

Trieste conta 17 strade dedicate a sante e madonne, 2 a benefattrici locali e 7 che ricordano la sua storia. Le targhe femminili sono 39 su un totale di circa 1300, meno del 3%, a fronte di più di 700 dediche a uomini. Poche le donne moderne, d’arte e di penna, presenti nelle targhe cittadine.

Gli odonimi della toponomastica sacra vanno ascritti al periodo preunitario italiano. Per lo più si tratta delle numerose denominazioni della Madonna, di nomi di sante e martiri che, a lungo, sono state le uniche presenze toponomastiche femminili. In molti casi le denominazioni nascevano in maniera spontanea dalla popolazione.

Laiche o religiose, le benefattrici hanno dedicato la loro vita ad aiutare i bisognosi, l’infanzia abbandonata, i poveri e i malati; spesso hanno fondato opere assistenziali che ancora oggi funzionano; hanno offerto il loro amore e, se benestanti, anche i loro averi, a testimoniare che la solidarietà umana non manca mai, anche nei periodi più bui. Le opere di carità e beneficenza hanno costituito, per molte donne, le uniche forme di autonomia riconosciute e accettate dalla famiglia e dalla società. Le strade di Trieste ricordano Sara Davis e Cecilia de Rittmeyer, donne abbienti che decisero di impiegare le loro sostanze e i loro sforzi a migliorare le condizioni di vita dei meno fortunati.

Quando la toponomastica femminile trae spunto dalla storia, sceglie spesso mogli o madri di personaggi famosi, donne che, pur avendo avuto in vita compiti e ruoli significativi, hanno dovuto cedere il passo, nella commemorazione, ai loro uomini. A Trieste è presente via Cornelia Romana, madre di Caio e Tiberio Gracco.

Altre figure sono celebrate perché la storia le ha perseguitate e rese martiri, quasi fosse implicito per il genere femminile che, per meritare un odonimo, è necessario essere vittime: ricadono in questo caso Elisa Baciocchi e Mafalda di Savoia, e Norma Cossetto.

La città non ha comunque dimenticato il coraggio delle donne che abbracciarono la causa della Resistenza. Conoscevano la crudeltà dei tedeschi, intuivano che la ferocia maschile dei soldati si sarebbe scatenata contro di loro più che contro un semplice militare nemico, eppure non si fermarono. A lungo la storiografia ufficiale le ha ignorate, sottovalutando il loro ruolo. Rita Rosani, Laura Petracco (ricordata con il fratello), Alma Vivoda (a Muggia) e Ondina Peteani hanno sacrificato la vita per l’onore e la libertà di tutta la nazione italiana; per loro l’intitolazione di strade e giardini e la medaglia d’oro al Valor Militare (tranne che per Ondina Peteani, deceduta nel 2003.

Negli ultimi anni, amministrazioni più sensibili al recupero della memoria femminile iniziano a compensare il gap di genere intitolando a figure moderne, di cultura e d’azione, aree verdi della città.

Fotografie di Lucio Perini

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Risale al 4 giugno 2014 l’intitolazione del giardino comunale di via Mascagni (Valmaura) a Fedora Barbieri (Trieste 1920 – Firenze 2003), la mezzosoprano triestina, ma di fama internazionale, che portò il calore della sua voce nei più grandi teatri lirici europei e americani.

Triestina di nascita, debutta a Firenze a soli vent’anni. Nel 1942 canta alla Scala per la Nona Sinfonia di Beethoven. Negli anni Cinquanta è spesso a fianco della Callas e fino agli anni Settanta resta all’apice del successo, grazie al temperamento drammatico e al profondo calore della sua voce.

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A Leonor Fini (Buenos Aires 1907 – Parigi 1996), pittrice, è dedicato il giardino che si trova in via Boccaccio, a Roiano. L’intitolazione risale all’11 dicembre 2014. A Trieste l’artista trascorre i primi vent’anni scoprendo, da autodidatta, la vocazione per la pittura. Fondamentale l’amicizia con artisti e letterati locali Leonor, eclettica e anticonformista, ebbe una carriera lunga, ricca di eventi, tra Milano, Roma e Parigi, e relazioni importanti.

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Ave Ninchi (Ancona 1915 – Trieste 1997), dal 22 dicembre 2013, è ricordata nel piazzale antistante la sede dell’Arac, all’interno del giardino di via Giulia. Nata nelle Marche ma cresciuta a Trieste, Ave fu attrice di teatro e di cinema e conduttrice televisiva molto amata. Nel 1939 esordì a teatro, interpretando una lunga serie di figure popolari che la resero celebre. Sei anni più tardi ebbe inizio la sua brillante carriera nel cinema, che la portò ad affiancare Totò, Anna Magnani e Alberto Sordi.

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Marisa Madieri (Fiume 1938 – Trieste 1996) ha uno spazio verde che la ricorda in via Benussi, nel quartiere di Valmaura, dallo scorso 8 maggio.

Aveva appena undici anni quando la sua famiglia abbandonò Fiume e si stabilì a Trieste. Nel suo primo romanzo, Verde Acqua, pubblicato nel 1987, narra dell’esodo dall’Istria e dipinge la città natale sullo sfondo delle sue memorie infantili e adolescenziali. Ad oggi è considerata una delle maggiori voci narranti dell’esodo istriano, e le sue opere sono state tradotte in varie lingue.

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A Borgo San Sergio, dal 22 novembre 2014 si può riposare nel giardino Chiara Longo (Trieste 1951 – 1995), grande atleta triestina: nell’arco di 5 anni riuscì a conseguire le vette più alte della pallacanestro.

Ottima giocatrice di squadra vantò ben 58 presenze in nazionale, l’ultima delle quali a Rio de Janeiro, contro il Messico.

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È del 27 gennaio 2015 la dedica di un giardino a Valmaura ad Ondina Peteani (Trieste 1925 – 2003), eroina della Resistenza e prima staffetta partigiana d’Italia. Entra diciottenne nei battaglioni del Carso, fugge da due arresti ma nel marzo del ’44, viene deportata, dapprima ad Auschwitz, poi a Ravensbrück e infine in una fabbrica nei pressi di Berlino, dove mette in atto un programma di sabotaggio alla produzione. Nell’aprile del ’45, durante una marcia di trasferimento, riesce a scappare e a raggiungere Trieste, percorrendo in 3 mesi più di 1300 km. Nel dopoguerra diventa ostetrica e continua la sua attività politica nel Pci, nei sindacati, nell’Anpi, nell’Aned e nei movimenti femminili.

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Nei pressi dell’Università di Trieste, in via Catullo, troviamo il Giardino Wanda e Marion Wulz, (Trieste 1903 – 1984 e Trieste 1905 – 1993), dedicato alle due fotografe triestine, figlie d’arte. Iniziano la loro carriera con il padre, nello studio fotografico fondato dal nonno, del quale diventeranno titolari nel 1928. Portano avanti la tradizione del ritratto, le vedute della città e i servizi commissionati da opifici e cantieri. Wanda si fa riconoscere per la sua personale interpretazione della realtà: vicina al futurismo, viene notata da Marinetti, in una mostra tenutasi a Trieste nel ’32. “Io+gatto”, la sua immagine più famosa. Nel 1981 cedono il loro archivio allo studio dei Fratelli Alinari di Firenze.

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Santa Maria Maggiore si riferisce a uno dei più importanti edifici sacri della città, dedicato al culto dell’Immacolata Concezione.

Strade intitolate a sante e madonne si riferiscono in gran parte a santuari o località particolarmente significative per il culto, ma anche a piccole costruzioni sacre, a immagini devozionali davanti alle quali ci si fermava per un breve riposo e una preghiera.

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Su di un colmello alla periferia di Trieste, ora compreso nella città, si trova Servola, una volta villaggio di pescatori ora quartiere che mantiene orgogliosamente le sue specificità. A Zora Perello, antifascista servolana morta ventiduenne nel campo di concentramento di Ravensbrück è dedicata la lapide posta sulla sua Casa del Popolo. Nella foto, quasi una sintesi storica di questo angolo di Europa: San Antonio, il leone di Venezia, la stella rossa della repubblica Yugoslava e dei partigiani titini.

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A 50 metri un’altra epigrafe, anche questa bilingue, fissa un momento particolarmente duro e difficile della storia di questa città. Malgrado la sconfitta nazifascista, il territorio di Trieste e dintorni vive un clima di guerra civile. La Civil Police, forza dell’ordine temporanea istituita dagli angloamericani, è composta in larga parte da ex membri del Partito Nazionale Fascista e della Guardia Civica, da disertori della zona B (territorio amministrato dagli jugoslavi) -e da domobranci, i miliziani sloveni anticomunisti. Innumerevoli saranno le manifestazioni di piazza e le proteste represse nel sangue da queste “forze dell’ordine”. Il 10 marzo 1946, nel rione di Servola, la Civil Police spara sulla folla che aveva issato alcune bandiere per una manifestazione filojugoslava provocando una ventina di feriti e la morte di Giovanna Genzo, madre di tre bambini, e Giorgio Bonifacio.




ITALIA – Napoli, nuova frontiera delle intitolazioni al femminile

di Giuliana Cacciapuoti

Riequilibrare e rendere visibile il talento delle donne nelle strade della città, quale atto duraturo e non effimero, è stato il primo obiettivo del nuovo innovativo “Regolamento per la toponomastica cittadina” di Napoli.

Se occorre essere nominate per essere ricordate, Napoli, città femminile per eccellenza nell’immaginario collettivo, ha cominciato, a partire dalla Regolamentazione odonomastica rivisitata in chiave di genere, a colmare il divario tra intitolazioni al maschile e al femminile presenti in ogni città.

Intitolare a donne memorabili sempre più strade, con un criterio generale condiviso dalla Commissione per la Toponomastica cittadina presieduta dal Sindaco, che considera la toponomastica un veicolo identitario della città, è stato un primo significativo esordio della nuova Commissione. Importante è stato introdurre, nelle valutazioni per la scelta di intitolazioni, il punto di vista di una toponomastica femminile, attraverso figure di donne “notevoli” e non solo donne “vittime”.

Lo sguardo di genere ha prodotto e sostenuto alcuni cambiamenti importanti, come rivedere l’odonomastica cittadina favorendo la partecipazione al procedimento amministrativo dell’intera cittadinanza, enti gruppi e associazioni. Con la promozione nel settore scolastico di concorsi d’idee, classi intere si sono confrontate sulle scelte dei nomi di donne da assegnare alle strade cittadine. Si sono poi applicati nell’assegnazione degli odonimi al femminile criteri quali intitolare strade prima a napoletane illustri, poi a italiane o straniere che avessero avuto un rapporto privilegiato con la città, e infine dedicare spazi a donne di cultura scientifica o letteraria nelle vicinanze di istituti scolastici, facoltà universitarie e luoghi di formazione. A oggi sono 44 i nuovi luoghi, tra strade giardini, belvederi, scuole e auditori dedicati a donne con un ruolo rilevante nella storia politica scientifica artistica letteraria di Napoli.

In molte città la maggioranza delle strade dedicate alle donne si trova in periferia. Non è proprio così a Napoli: delle 278 targhe che recano nomi di donne, molte sono nel centralissimo quartiere di Chiaia San Ferdinando.

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Foto di Luciana Sarnataro

Via Vannella Gaetani, principessa filo angioina che mise in salvo i suoi cinque figli al tempo della Congiura dei Baroni (1485-1487) portandoli fuori dal regno con grande sagacia, fuggì, sotto il naso di Ferrante d’Aragona, nella confusione della festa di Piedigrotta dal molo di Mergellina.

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Foto di Mauro Zennaro

Via Partenope, venerata come dea protettrice e mitica fondatrice della città, si trova a pochi passi dal Lungomare Caracciolo e dalla spiaggetta del Castel dell’Ovo su cui si adagiò il corpo ferito della leggendaria sirena.

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Foto di Maria Pia Ercolini

Non lontano s’incontra Largo Principessa Rosina Pignatelli (m. Napoli 1955) che, prima di morire, donò allo Stato italiano la sua villa, oggi sede museale.

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Foto di Giuliana Cacciapuoti

Proprio dove c’era la redazione del suo giornale e dove si espresse la sua penna autorevole in cronache politiche e di costume, c’è Piazzetta Matilde Serao (Patrasso 1856 – Napoli 1927), la prima donna in Italia a fondare e dirigere un giornale.

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Foto di Luciana Sarnataro

Le strade della collina del Vomero sono dedicate all’Arte, una strada è intitolata alla pittrice ritrattista di origine svizzera Angelica Kauffman (Coira 1741 – Roma 1807).

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Foto di Maria Rosaria Di Segni

Il ponte della Sanità, che sovrasta uno dei più antichi rioni della città, è stato dedicato all’eroina delle Quattro giornate di Napoli, la partigiana Lenuccia, o meglio Maddalena Cerasuolo (Napoli 1920- Napoli 1999).

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Foto di Luciana Sarnataro

Via Giuseppina Guacci Nobile ricorda la dantista e mazziniana (Napoli 1807-Napoli 1848), poeta napoletana e patriota del Risorgimento che sosteneva anche con la sua poesia. Nella sua casa di Capodimonte ospitava incontri con i liberali e fu attiva nel circolo politico delle poete Sebezie.

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Foto di Rita Ambrosino

Il quartiere di Ponticelli che ha avuto un’espansione urbanistica notevolissima e dunque molte nuove strade da dedicare, ospita in particolare nomi di artiste, attrici, cantanti e donne del cinema. Via Elvira Notari (Salerno 1875 – Cava de’ Tirreni 1946), prima italiana regista prima autrice cinematografica tra le più prolifiche e titolare della sua casa di produzione la Dora Film; adiacente alla sua la via Marylin Monroe (Los Angeles 1926-Brentwood L.A. 1962).

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Foto di Rita Ambrosino

Tanto forte è l’intento di rendere omaggio a figure dell’arte dello spettacolo che quasi non ci si rende conto del fatto che, in realtà, la strada dedicata a Filumena Marturano, è rivolta alla protagonista dell’opera di De Filippo (1946), una figura immaginaria, archetipo di donna concreta e reale, protagonista della scena di Napoli.

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Foto di Rita Ambrosino

Sempre nel quartiere di Ponticelli, via Vera Lombardi (1904-Napoli 1995), è dedicata all’educatrice antifascista e socialista, animatrice indimenticata e presidente dell’Istituto campano per la Storia della Resistenza che, dopo la sua morte, le è stato intitolato.

Giuliana Cacciapuoti

Arabista, docente esperta di cultura arabo islamica. Coordina progetti nel campo delle attività di relazione culturale e di genere, relazioni euro/mediterranee, nuove tecnologie per donne, migranti, fasce deboli, con le Istituzioni pubbliche e/o privato sociale. S’impegna a fornire al pubblico non musulmano uno sguardo imparziale vario e approfondito del Nord Africa e del Medio e Vicino Oriente. Nel 2014 ha fondato GCCK “connecting knowledge” formazioni informazioni e consulenze mondo arabo islamico. E’ componente della Commissione consultiva per la Toponomastica del Comune di Napoli.




ITALIA – Le madri della Repubblica: cinque politiche alla Commissione dei 75

Di Maria Pia Ercolini

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Il 2 giugno 1946, per la prima volta, le italiane si recarono alle urne per scegliere la forma di governo da dare al Paese ed eleggere l’Assemblea Costituente.

Il voto, maschile e femminile, indicò 556 preferenze, di cui 21 donne.

 Maria Agamben Federici, Adele Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Filomena Delli Castelli, Maria De Unterrichter Jervolino, Nadia Gallico Spano, Angela Gotelli, Angela Maria Guidi, Nilde Iotti, Teresa Mattei, Angelina Livia Merlin, Angiola Minella, Rita Montagnana, Maria Nicotra Fiorini, Teresa Noce, Ottavia Penna, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi, Vittoria Titomanlio avevano alle spalle storie d’impegno sociale e politico e, a volte, esperienze di lotta partigiana, di carcere per attività antifascista, di esilio o deportazione.

Provenivano da ogni parte del Paese, lavoravano e possedevano titoli di studio alti: quattordici erano laureate, molte insegnanti, due giornaliste, una sindacalista e una casalinga. Nove militavano nel partito democristiano, nove nel partito comunista, due nel partito socialista, una nel partito dell’Uomo Qualunque.

Su di loro pesavano aspettative e diffidenze: parlavano in nome dei partiti ma anche in nome delle donne, rappresentando istanze ‘trasversali’ a gruppi e programmi politici.

In tempi in cui le donne erano sottoposte alla patria potestà, non accedevano a molti ruoli della Pubblica Amministrazione e la disparità salariale uomo-donna era sancita dalla legge, le deputate sostennero il diritto a pari opportunità e l’uguaglianza tra i sessi a casa e al lavoro.

Portano il loro segno l’art. 3 della Costituzione, che disciplina il principio di uguaglianza, l’art. 37 che tutela il lavoro delle donne e dei minori, l’art. 29 che riconosce l’uguaglianza tra i coniugi, l’art. 30 che tutela i figli nati al di fuori del matrimonio, l’art. 51 che garantisce alle donne l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive.

 Delle ventuno deputate, cinque – Maria Agamben Federici, Nilde Iotti, Angelina Merlin, Teresa Noce, Ottavia Penna – parteciparono ai lavori della “Commissione dei 75”, incaricata dall’Assemblea Costituente di elaborare la proposta di Costituzione da discutere in plenaria.

E di queste cinque madri della patria scriveremo oggi.

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Maria Agamben Federici (DC) 

(L’Aquila, 19/09/1899 – L’Aquila 28 luglio 1984)

Abruzzese di nascita, Maria si trasferì a Roma per proseguire gli studi e si laureò in lettere. Docente e giornalista, dopo il matrimonio e in pieno regime, si trasferì per alcuni anni all’estero, insegnando presso gli Istituti italiani di cultura: al rientro in Italia (1939), s’impegnò nella Resistenza, organizzò un piano di assistenza per le impiegate dello Stato, rimaste disoccupate, un Convegno nazionale per lo studio delle condizioni del lavoro femminile. Si dedicò con grande impegno a educare le masse femminili alla vita pubblica e fu molto attenta alle condizioni materiali della loro vita quotidiana. Lavorò inoltre per assistere l’infanzia e l’adolescenza attraverso la costruzione di asili, scuole, refettori, e promosse aiuti agli emigranti, agli sfollati e ai reduci.

Significativa la sua relazione sulle garanzie economiche e sociali per la famiglia, nella quale chiese allo Stato un intervento a tutela delle lavoratrici madri e un’azione volta a rimuovere gli impedimenti di natura economica alle unioni matrimoniali.

Tra le sue azioni politiche, sostenne la necessità di una riforma agraria, per l’elevazione morale e materiale dei contadini e caldeggiò l’eliminazione di ogni norma che relegasse la donna in settori limitati.

Nel ’48, eletta Deputata per la Democrazia Cristiana, presentò un disegno di legge sulla tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri, tradotto in legge nel 1950.

Nell’ultimo periodo della sua vita si dedicò esclusivamente all’impegno assistenziale e culturale, soprattutto in difesa degli emigranti.

Morì a L’Aquila nel 1984.

La sua città le ha dedicato una via, ma anche altri luoghi dell’Italia centrale hanno voluto ricordarla nell’odonomastica: Monteleone Sabino e Perugia.

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Nilde Iotti (PCI)

(Reggio nell’Emilia, 10/04/1920 – Poli, 04/12/1999)

Emiliana di nascita, Leonilde crebbe in una famiglia non agiata che le permise con sacrificio di laurearsi in Lettere all’Università Cattolica di Milano.

Il suo impegno partigiano nella città natale la portò a essere responsabile dei Gruppi di Difesa della Donna (da cui derivò l’UDI – Unione Donne Italiane) e a tessere una rete di solidarietà e aiuto ai combattenti della Resistenza, per la quale ricoprì anche il rischioso ruolo di porta-ordini. Già in quei primi anni di attività politica si fece interprete di quella coscienza civile che le donne iniziarono a manifestare durante il periodo bellico, dopo secoli di esclusione dalla vita pubblica e dopo un ventennio di dittatura, entrando a far parte dell’Assemblea Costituente e della Commissione dei 75, volle occuparsi soprattutto dei temi legati all’istituto familiare e all’emancipazione femminile: si batté per l’affermazione del principio della parità tra i coniugi, del riconoscimento dei diritti dei figli nati fuori dal matrimonio e delle famiglie di fatto.

Continuò a lottare per gli stessi temi nel dopoguerra: per la pensione alle casalinghe, per la riforma del diritto di famiglia, per il diritto al divorzio e all’aborto e per eliminare tutte le possibili forme di discriminazione nei riguardi delle donne.

Equilibrio, saggezza e capacità di mediazione fecero sì che ricoprisse la carica di Presidente della Camera dal 1979 al 1992, per tre legislature, primato non ancora eguagliato che va a sommarsi ad altri incarichi di prestigio: fu la prima donna a ottenere dalla Presidenza della Repubblica un mandato esplorativo per la formazione di governo e fu candidata dalla Sinistra alla Presidenza della Repubblica; fu Presidente della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali e Vicepresidente del Consiglio d’Europa,

Nel 1999, ultimo anno di vita, dopo aver dato le dimissioni dagli incarichi pubblici per gravi motivi di salute, un lungo e commovente applauso accompagnò la sua uscita dall’aula parlamentare.

Il Paese la ricorda intitolandole decine e decine di strade, viali, piazze, parchi sparse sull’intero territorio nazionale.

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Angelina Merlin (PSLI) 

(Pozzonovo, PD 15/10/1887 – Padova, 16/08/1979)

 

Veneta d’origine, laureata in Lingue e Letterature straniere, Lina venne sospesa dall’insegnamento perché si rifiutò di prestare il giuramento fascista.

Condannata a cinque anni di confino in Sardegna e poi tornata libera grazie ad amnistia, fu di nuovo arrestata a Padova. Si trasferì poi a Milano per fare della sua abitazione un punto d’incontro per i socialisti e la base organizzativa dell’assistenza ai partigiani.

Nella Commissione dei 75 sostenne il dovere dello Stato di garantire a ogni individuo il minimo necessario all’esistenza, assicurando a tutti il diritto di crearsi una famiglia, e si espresse a favore del diritto di proprietà.

Il suo nome è legato soprattutto alla proposta di legge per l’abolizione delle case di tolleranza (Legge n. 75/1958), sostenuta dalle cattoliche, ma le sue opere significative furono diverse: a lei va il merito della cancellazione del termine N.N. dai documenti anagrafici; sua fu l’iniziativa di abolire il carcere preventivo e di procrastinare l’inizio della pena per le madri e ancora a lei si devono i provvedimenti a sostegno dell’artigianato femminile.

Dal 1963 fu componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia.

Le località di Adria, Crotone, Marina di Minturno, Pozzonovo, Rovigo e Ravenna le hanno intitolato una strada, Padova un giardino.

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Teresa Noce (PCI) 

(Torino, 29 luglio 1900 – Bologna, 22 gennaio 1980)

 

Teresa veniva una poverissima famiglia piemontese. Aveva iniziato a lavorare a sei anni, prima consegnando il pane, poi come stiratrice e sarta, e in seguito come operaia alla FIAT. Autodidatta e militante nella sinistra rivoluzionaria, divenne ben presto clandestina in Italia e trascorse molti anni tra Mosca e Parigi, sostenendo gli emigrati politici e i combattenti delle Brigate Internazionali.

Catturata in Francia, Estella (questo il suo nome di battaglia) fu internata nel lager di Ravensbruck e poi destinata ai lavori forzati a Holleischen. Dopo la Liberazione rientrò in Italia e riprese l’attività politica avviando l’incredibile operazione dei treni della felicità, un’esperienza che tra il ’45 e il ’52 salvò oltre 70.000 bambini del Sud da un destino di fame e sfruttamento, grazie all’ospitalità offerta da famiglie del Centro-Nord.

Al suo contributo nella Commissione dei 75 si devono le parole dell’art. 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini […] sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso”.

Eletta nel 1948 alla Camera, promosse la parità e il riconoscimento della differenza femminile. La sua battaglia in difesa delle lavoratrici madri portò all’approvazione delle leggi che vietavano il licenziamento di madri, gestanti o puerpere, garantivano il riposo retribuito per maternità e allattamento, l’assistenza al parto, i nidi d’infanzia e le sale per l’allattamento nei luoghi di lavoro. Nel 1952, presentò una proposta di legge sulla parità di retribuzione per le lavoratrici, approvata in Parlamento nel 1956 (L. 741).

A lei sono intitolate strade a Castel Maggiore (Bologna), Lecce, Milano, Mosciano Sant’Angelo (TE), Parma, Possano con Bornago (MI), Ravenna e Roggiano Gravina (CS).

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Ottavia Penna Buscemi (Fronte dell’Uomo Qualunque /Unione Nazionale) 

(Caltagirone, CT 12/04/1907 – Caltagirone, CT 02/12/1986)

 

A Caltagirone, una strada e una lapide apposta sulla casa natale, ricordano le origini di Ottavia Penna, aristocratica siciliana, di fede monarchica, che si appassionò alle idee innovatrici del Fronte dell’Uomo Qualunque e iniziò la sua breve carriera politica, alla vigilia della Repubblica, dapprima nelle sue liste e in seguito nell’Unione Nazionale.

Ottavia era nota per le azioni eclatanti che ne facevano un personaggio singolare: durante la guerra, per sfamare la sua gente, aveva tagliato i sacchi di grano baronali destinati al mercato nero e distribuito alle famiglie povere la carne macellata nelle proprie tenute.

Si candidò per l’Assemblea Costituente e fu l’unica donna della destra a farne parte, grazie alle tantissime preferenze accordatele dai suoi concittadini. Tenace e battagliera, continuò il suo impegno di solidarietà verso poveri ed emarginati e contribuì all’istituzione della “Città dei Ragazzi”. Sostenitrice intransigente della buona amministrazione, contrastò sempre i poteri forti, per rispondere alle reali esigenze delle classi sociali più deboli.

Sempre attenta alla condizione femminile, precorse i movimenti femministi nella lotta per la parità dei diritti.

La sua serietà indiscussa e il grande rigore morale, le valsero la candidatura alla prima Presidenza della Repubblica, dove ottenne ben 32 voti, classificandosi al terzo posto.

Lasciò presto la vita parlamentare e la politica, delusa dai tanti compromessi a cui aveva dovuto assistere.

 




MARIBOR – Sugli scaffali polverosi dell’Archivio Provinciale, le biografie delle donne dell’odonomastica cittadina

 di Elena Cerkvenic

Foto di Branimir Ritonja

Maribor, storicamente Marburgo sulla Drava, è il secondo centro della Slovenia per numero di abitanti, e il capoluogo della Stiria slovena.

Sottoposta per secoli all’Impero austro-ungarico, attaccata sovente da turchi-ottomani, alla fine della I guerra mondiale la città fu contesa tra Austria e Jugoslavia e finì con l’essere parte di quest’ultima. La Germania nazista non le risparmiò l’occupazione.

Oggi Maribor, situata sul fiume Drava, nel punto in cui si incontrano i monti Pohorje, la Valle e la Piana della Drava, le catene collinari del Kozjansko e delle Slovenske gorice, è diventata un’importante meta turistica, legata alla ricchezza paesaggistica e culturale.

La pendici innevate alle porte della città richiamano inoltre il turismo sportivo e ospitano, nel mese di gennaio di ogni anno, gare di slalom speciale e la tradizionale “Volpe d’oro” (Zlata lisica), competizione di slalom e gigante femminile valida per la Coppa del Mondo di sci alpino.

A differenza di quanto accade in generale in Slovenia e in particolare a Lubiana, dove prevalgono le intitolazioni femminili a combattenti nella lotta per la liberazione nazionale, Maribor presenta un quadro più vario, che coinvolge, oltre alle combattenti, donne del mondo dello spettacolo, attrici di teatro, scienziate, mediche, nonché figure poetiche tratte dalla letteratura.

In alcuni casi è difficile raccogliere informazioni biografiche relative alle donne ricordate nell’odonomastica cittadina e il nostro lavoro si è avvalso del contributo dell’Archivio Provinciale di Maribor.

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2.

Eva Lovše, pediatra

(Miklavž nad Rimskimi toplicami, 1914 – 2003)

Eva Lovše, pediatra, studiò medicina tra Zagabria e Ljubljana e svolse il tirocinio all’ospedale generale di Maribor. Nel luglio 1941, dopo l’occupazione, si trasferì in Serbia per poi rientrare ed esercitare al policlinico scolastico di Maribor, cinque anni più tardi. Nel 1963 era la prima medica specialista in medicina scolastica. Per il lavoro svolto le vennero conferiti nel 1990 il premio dr. J. Potrč e nel 1994 il sigillo della città di Maribor.

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3.

Berta Bukšek, attrice

(Ljubljana, 1879 – Maribor, 1929)

Berta Bukšek iniziò a lavorare al teatro regionale di Ljubljana nel 1898 come cantante di coro, suggeritrice di opera e attrice. Divenne un’ottima esecutrice di ruoli comici drammatici e di operetta. Nel 1919 si trasferì a Maribor per recitare al teatro nazionale sloveno, allora istituito, dove continuò ad esibirsi, come attrice principale e caratterista fino al termine della sua vita.

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4.

Silvira Tomasini, eroina nazionale

(Trieste, 1913 – Kosovska Mitrovica, 1942)

Silvira Tomasini entra a far parte di associazioni accademiche di sinistra già durante gli studi a Lubiana. Contribuisce all’organizzazione del movimento pacifista giovanile a Maribor. Dal 1940, insegna al liceo di Kosovska Mitrovica ed è impegnata soprattutto nel campo sociale e culturale. Nel 1942, viene arrestata dai tedeschi, interrogata, torturata e uccisa in carcere. Il 27 novembre 1953, le viene conferito l’Ordine di eroina nazionale della Jugoslavia.

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5.

Mileva Zakrajšek, attrice

(Postojna, 1885- Maribor, 1971)

Frequentò la scuola anche a Trieste, sebbene avesse vissuto la gioventù per lo più a Novo mesto. Iniziò la sua carriera artistica all’età di 40 anni e nel 1926 recitò per la prima volta al Teatro nazionale di Maribor e ne divenne l’attrice principale. Fu un’artista di eccezionale talento, semplice, schietta, spontanea, e le sue rappresentazioni risultarono sempre naturali, profonde, vissute. Fu anche attrice cinematografica. Le venne conferito per ben due volte il Premio Prešeren della Repubblica di Slovenia (nel 1948 e nel 1959).

6.MARIBOR_Ulica Slave Klavore

6.

Slava Klavora, eroina nazionale

(Maribor, 1921 –1941)

Slava Klavora studiò economia a Zagabria. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale organizzò attività di lavoro studentesche per la liberazione nazionale al confine settentrionale. Dopo il 21 giugno 1941 si attivò nella Stiria slovena (Štajerska) all’interno dell’organizzazione delle unità partigiane della liberazione nazionale. Nell’agosto 1941 venne arrestata dalla Gestapo e rinchiusa. Venne torturata e uccisa nel cortile delle carceri giudiziarie di Maribor.

7.MARIBOR_Ulica Drine Gorisek

7.

Drina Gorišek, medica

(Pula, 1909 – Maribor, 1962)

Drina Gorišek, medica, attiva nell’ambito politico-sociale, completò gli studi di medicina a Zagabria nel 1934. Durante la II guerra mondiale esercitò a Banja Luka, ma dopo la guerra lavorò al reparto di chirurgia dell’ospedale di Maribor. Fu fondatrice e direttrice del dipartimento di trasfusione di Maribor. Nel 1957 le venne conferito l’Ordine del lavoro di II grado.

8. MARIBOR.Ulica_Anice Černejeve

8.

Anica Černej , educatrice, scrittrice, poeta

(Čadram, 1900 – 1944 Neubrandenburg, 1944)

Insegnante, laureata in pedagogia, venne arrestata nel 1943 dai tedeschi e deportata al campo di concentramento di Ravensbrück. Successivamente si trasferì a Neubrandenburg. Scrittrice e poetessa, compose per lo più poesie per bambini, in cui viene espresso l’amore per la propria terra. Molte sue poesie vennero musicate.

9. MARIBOR_Urskina ulica (2)

9.

Urška, personaggio della poesia slovena

(Zalika Dolenc, 1804-1882)

Urška è un personaggio letterario che s’incontra nella poesia Il genio dell’acqua (Povodni mož), scritta dal poeta France Prešeren. Urška rappresenta Zalika Dolenc. France Prešeren la dipinge come le bella, giovane, appariscente Urška, che al ballo sulla Piazza Vecchia (Stari trg) a Ljubljana, respinge irremovibile i corteggiatori. Alla fine sceglie Il Genio dell’acqua, con il quale, balla sempre più veloce, nonostante i tuoni e il vento, finché non scompaiono entrambi nell’impetuosa Ljubljanica.

10.MARIBOR_Ulica_lepe Vide

10.

Lepa Vida, personaggio poetico della letteratura slovena

La canzone popolare della bella Vida sarebbe nata tra il 9° e l’ 11° secolo.

Nel dramma Lepa Vida (1912), che fu scritto da Ivan Cankar e ha origine nella rielaborazione di France Prešeren, viene messo in rilievo lo struggimento, come simbolo poetico.




ITALIA – Toponomastica a Torino. Chi decide e come?

di Loretta Junck

Tra le 21 donne che furono elette nell’Assemblea Costituente, ben tre (Teresa Noce Longo, Rita Montagnana Togliatti, Angiola Minella Molinari) erano torinesi. Ma finora nessuna di loro ha avuto l’onore di una intitolazione nella città di nascita. Rita Levi Montalcini, premio Nobel, gloria nazionale: decine di scuole in Piemonte e in tutta Italia sono già state dedicate alla sua memoria, ultimo l’Ateneo di Asti. All’indomani della sua scomparsa, il Sindaco di Torino proponeva alla Commissione Toponomastica della città di intitolarle il piazzale davanti all’Istituto di Anatomia, dove la scienziata aveva compiuto i primi passi nella sua ricerca, ma di questa proposta non si è più saputo nulla. Una lettera recapitata parecchi mesi fa con decine di firme di accademici torinesi e di associazioni cittadine per chiedere al Sindaco un rilancio della proposta è rimasta senza risposta.

Come si possono spiegare fenomeni come questi? Forse bisogna iniziare dal modo in cui si arriva, a Torino, a decidere i nomi da assegnare alle vie della città. Si scopre così che il sistema torinese è atipico: mentre nella maggior parte dei Comuni a decidere in merito è, in pratica, la Giunta, a Torino è il Consiglio comunale. Il Regolamento della Commissione toponomastica torinese, cioè l’organo decisionale per la toponomastica cittadina, stilato dieci anni fa, stabilisce che la Commissione è costituita dalla Conferenza dei Capigruppo del Consiglio comunale. Il Sindaco è semplicemente “invitato” alle riunioni.

L’art. 4 comma 1 (Decisioni) dello stesso Regolamento stabilisce che “le proposte sono approvate dalla Commissione se ottengono il voto favorevole di membri della Conferenza dei Capigruppo i quali, in ragione della consistenza dei rispettivi Gruppi, rappresentino i due terzi dei Consiglieri Comunali assegnati”.

Ora, se a tutta prima questo sistema appare molto democratico, perché chiama anche le opposizioni a partecipare alle decisioni, si ha il sospetto che in concreto finisca per trascinare sul terreno delle scelte toponomastiche gli scontri tra le diverse forze politiche rappresentate nel Consiglio comunale. Il risultato, poi, non sembra essere così brillante, dal momento che le intitolazioni appaiono sì frutto di compromessi, ma non di effettiva trasversalità né di una visione laica della memoria cittadina, sacrificate entrambe, insieme al riconoscimento del ruolo femminile, sull’altare di una prassi politica che ricorda, ahinoi, il manuale Cencelli.

Torino_Ada Gobetti2 _L.Junck

Ada Gobetti Marchesini, nata Prospero (Torino 1902-1968)

Vedova di Piero Gobetti, di cui fu collaboratrice. Insegnante, giornalista e traduttrice, fu cofondatrice del Partito d’Azione ed esponente della Resistenza. Insieme al figlio e alla nuora fondò il Centro Studi Piero Gobetti. La breve via a lei dedicata è nella periferia Sud della città.”

Torino_Amalia Guglielminetti_Loretta Junck_ letterata

Amalia Guglielminetti (Torino 1881 – 1941)

Scrittrice e poetessa, fu apprezzata da Arturo Graf e da Guido Gozzano, con il quale stabilì una relazione significativa documentata da un ricco epistolario. I suoi atteggiamenti anticonformisti e la natura della sua poesia ne fecero una figura atipica nell’ambiente intellettuale torinese. La targa identifica una via nella periferia Sud.

Torino_Carolina Invernizio_Loretta Junck_scrittrice

Carolina Invernizio (Voghera 1851 – Torino 1916)

Scrittrice molto prolifica di romanzi “d’appendice” ebbe molta fortuna presso i lettori, meno presso la critica. Quest’ultima ora sta rivedendo e ricollocando gran parte della sua opera che si distingue per un gusto dell’horror e del mistero appartenente al genere “gotico”.

Le è dedicata una via in un quartiere della periferia Sud di Torino.

Torino_Maria Musso Ferraris_Loretta Junck_ protosindacalista

Maria Musso Ferraris (Castelnuovo Don Bosco 1834 – Torino 1912)

Sarta, fervente mazziniana, protosindacalista, organizzò il primo grande sciopero delle sartine e delle modiste degli atéliers torinesi nel 1883. Nei primi anni del XX secolo si batté anche per il voto alle donne. La via a lei intitolata si trova nella periferia Ovest di Torino.

Torino_Luisa del Carretto_L.Junck_nobildonna, benefattrice

Luisa del Carretto (Metz 1813 – Torino 1895)

Nobildonna, francese di nascita, visse a lungo in Piemonte segnalandosi come “crocerossina ante litteram” e prestando la sua opera nelle prime due guerre di indipendenza. Fondò anche l’Istituto per le Figlie dei Militari per dare asilo alle orfane dei caduti in guerra. Le è dedicata una bella via in un quartiere residenziale della collina torinese.

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Madama Cristina (o Madama Reale, soprannome di Cristina di Borbone – Francia, Parigi 1606 – Torino 1663)

 Figlia del re di Francia Enrico IV e di Maria dei Medici, sposò Amedeo I di Savoia. Energica e politicamente avveduta, dopo la morte del marito resse a lungo il ducato per conto dei figli, riuscendo a gestire situazioni difficili. Alla sua memoria è dedicata un’importante arteria che dal centro città si dirige verso la periferia Sud.

Torino_AmeliaPiccinini_Sportiva_Junck

Amelia Piccinini (Alessandria 1917 – Torino 1979)

Atleta, gareggiò con i colori della Venchi Unica come molte altre sportive torinesi. Medaglia d’argento nelle Olimpiadi di Londra (1948) per il getto del peso, vinse 20 titoli in tre diverse specialità nei campionati italiani di atletica leggera. In occasione delle manifestazioni per Torino Capitale dello Sport le è stato dedicato un piazzale nel “Quadrilatero”, la parte più antica della città, nel gennaio 2015.

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Natalia Levi Ginzburg (Palermo 1916 – Roma 1991)

Visse a lungo nel capoluogo piemontese, dove strinse legami con molti rappresentanti dell’antifascismo torinese e con l’ambiente della casa editrice Einaudi. Vincitrice nel dopoguerra di molti premi letterari, fu anche giornalista e fine traduttrice, oltre che intellettuale politicamente impegnata. Nell’ottobre 2014 le è stata dedicata una piccola area verde vicina alla casa in cui visse, nel quartiere San Salvario.

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Marisa Bellisario (Ceva 1935 – Torino 1988)

 Iniziò la sua carriera presso l’Olivetti di Ivrea, dove rivelò quelle qualità che la fecero in breve tempo diventare una delle prime dirigenti d’azienda italiane. Dopo un’esperienza negli Stati Uniti tornò in Italia a dirigere l’Italtel, gruppo industriale in crisi che fu risanato nel giro di 3 anni. Nel dicembre 1012 le è stato dedicato un piccolo giardino in via Altessano, periferia Nord di Torino.

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Adelaide Aglietta (Torino 1940 – Roma 2000)

 Prima donna ad accedere alla segreteria di un partito politico, militò prima fra i radicali, poi nell’area ambientalista. Eletta nel parlamento italiano per quattro legislature, fu anche parlamentare europea e protagonista di molte battaglie per i diritti civili. Per ricordare la sua lotta a fianco dei detenuti con i metodi della nonviolenza, nel luglio 2013 le è stata dedicata la via davanti al carcere Lorusso e Cotugno di Torino.




Uno sguardo oltreconfine – memorie femminili dagli USA al Medio Oriente

Nella toponomastica extraeuropea, a differenza di quella italiana, le strade sono generalmente numerate e le denominazioni stradali generiche come Street, Avenue, o Square sono usate come suffisso dopo il numero.
Negli USA sono accompagnate da una lettera che le classifica in funzione dell’orientamento (E-W, N-S) consentendo una localizzazione più dettagliata. Anche se la maggior parte delle strade è identificata dal numero piuttosto che dal nome, alcune li hanno tutti e due, ma restano comunque una minima parte e, dal punto di vista della nostra ricerca, andare a caccia di targhe con nomi di donna può diventare un’impresa poco facile che conferma quanto emerso nella ricerca nazionale di Toponomastica femminile: gli spazi urbani dedicati alla memoria femminile sono rari anche all’estero.

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ANN STREET,
New York City
Autrice: Marina Convertino

“Quaint name, Ann street.
Width of same, ten feet.”
 –
Words of the song Ann Street 
Una delle strade più antiche di Manhattan è una piccola via dedicata a una donna di nome Anna, moglie di un mercante, il Capitano Thomas White. Si suppone che Ann abbia ottenuto l’intitolazione, dopo che altre mogli di mercanti avevano già avuto una strada in loro onore.

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ELIZABETH JENNING PLACE,
New York City
Autrice: Marina Convertino

Elizabeth Jenning, simbolo della lotta per la parità dei diritti, era una giovane insegnante afroamericana. Nel 1854 (quasi cento anni prima di Rosa Parks ), Elizabeth si rifiutò di scendere dal tram a cavalli dopo che il conduttore le aveva intimato di scendere. Decise di citare in giudizio la compagnia di noleggio e, rappresentata in tribunale da un giovane avvocato bianco, vinse la causa e aprì la strada alla fine delle discriminazioni razziali sui tram.

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EMILY WARREN ROEBLING
Targa commemorativa –
Brooklyn Bridge – New York
Autrice: Marina Convertino

Icona tra le più evocative di New York, il Ponte di Brooklyn, uno dei più grandi progetti ingegneristici della storia americana , deve la riuscita della sua realizzazione a una donna Emily Warren Roebling. Il ponte fu progettato dal suocero, l’ingegner John Roebling rimasto vittima di un incidente nel 1869. Washington Roebling, marito di Emily, prese il suo posto e diventò il “master builder”. Rimasto a sua volta paralizzato a causa di una malattia, fu sostituito da Emily che aveva iniziato un corso accelerato di ingegneria imparando in breve tempo tutto quello che poteva sulla resistenza dei materiali, analisi delle sollecitazioni, costruzione dei cavi. Sotto la supervisione del marito, il ponte fu così completato. Alla cerimonia di apertura, il 24 maggio 1883, il deputato Abram Hewitt dichiarò il ponte di Brooklyn un monumento eterno alla abnegazione, devozione di donna.

“I COSTRUTTORI DEL PONTE
DEDICANO ALLA MEMORIA DI EMILY WARREN ROEBLING
1843 – 1903
LA CUI FEDE E IL CUI CORAGGIO
AIUTARONO IL MARITO MALATO
COL. WASHINGTON A. ROEBLING, C.E.
1837 – 1926
A COMPLETARE LA COSTRUZIONE DEL PONTE
DAI PROGETTI DI SUO PADRE
JOHN A. ROEBLING, C.E.
1806 – 1869
CHE DIEDE LA VITA AL PONTE
DIETRO OGNI GRANDE OPERA TROVIAMO
IL SACRIFICIO DEVOTO D’UNA DONNA
QUESTA TARGA FU POSTA NEL 1951 DAL CLUB DEGLI INGEGNERI DI BROOKLYN
CON FONDI OFFERTI DALLA POPOLAZIONE”

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GOLDA MEIR SQUARE,
New York City
Autrice: Marina Convertino

Golda Meir nata in Ucraina da una famiglia modesta di origine ebraica e cresciuta negli Stati Uniti è stata premier d’Israele e prima donna a guidare il governo. Arrivata in Palestina nel 1921 quando lo stato d’Israele non era ancora stato creato, è stata una forte sostenitrice della causa sionista. Considerata una lady di ferro per il suo carattere risoluto, si è trovata ad affrontare diversi momenti di crisi internazionale come la guerra del Kippur e l’attentato alle Olimpiadi di Monaco del 1972.

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LOUISE NEVELSON PLAZA,
New York City
Autrice: Marina Convertino

La prima piazza dedicata ad un artista a New York, è stata a una donna, Louise Berliawsky Nevelson, scultrice americana di origine russa tra le più significative esponenti del dopoguerra.
Louise studiò tecniche artistiche diverse, arrivando a sviluppare quella dell’assemblaggio di oggetti scarto, trasformati in opere d’arte.
Nel corso della sua carriera ricevette numerosi riconoscimenti e premi e ricoprì posizioni di prestigio. Le sue opere si possono ammirare nei maggiori musei del mondo e alcune anche negli spazi urbani di New York.

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STELLA MARIS ROAD,
Haifa (Israele)
Autrice: Marina Convertino

Una strada intitolata alla Madonna, in una delle sue tante declinazioni, conduce all’omonimo monastero e santuario sul monte Carmelo di Haifa.
La visita alle celle dei monaci è vietata alle donne. Le uniche due donne alle quali fu consentito di entrare in questa sezione del monastero, furono la Regina del Belgio e la Premier israeliana Golda Meir.

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PRINCESS BASMA STREET,
Amman (Giordania)
Autrice Marina Convertino

Basma bint Talal (letteralmente figlia di Talal), è la principessa sorella del re Hussein di Giordania attualmente in carica.
Dagli anni 70 è molto impegnata nella promozione dello sviluppo umano e per migliorare la condizione femminile, ricoprendo l’incarico di presidente della Jordanian National Commission for women (JNCW).

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QUEEN ALIA AIRPORT STREET,
Amman (Giordania)
Autrice: Marina Convertino

Alia al Hussein fu la Regina consorte di Giordania e la terza moglie di re Hussein di Giordania. Di origine palestinese, ebbe un ruolo pubblico attivo nella società. Durante i cinque anni in cui fu regina, appoggiò una serie di progetti a sostegno delle donne, dei bambini e della cultura nel suo paese. Fra le altre cose si ricorda il suo impegno per promuovere il suffragio femminile in Giordania, che però non fu introdotto prima del 1989.

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ITALIA – Genova e le sue donne

Di Rossella Sommariva

Anche a Genova, come nel resto d’Italia, la percentuale delle strade femminili non supera il 4% del totale: ogni 100 strade dedicate a uomini, soltanto 9 ricordano protagoniste dell’altra metà del cielo.

Nel centro storico, medievale, quando un vicolo, una piazza, una salita porta un nome femminile, è quello di una santa o beata o madonna o genericamente è un toponimo legato a tradizioni locali (lavandaie, fate…).

Nelle zone più nobili della città, sviluppatesi dal XVI al XIX secolo, accanto alle sante, ecco comparire benefattrici che hanno dedicato la loro vita a opere di carità, abbandonando anche i palazzi nobiliari, o fondatrici di ordini religiosi. In aree più periferiche si ricordano madri o sorelle di personaggi illustri e donne che hanno partecipato, con la propria famiglia, ai moti risorgimentali.

Per trovare intitolazioni riferite ad artiste, scrittrici e donne d’epoca moderna dobbiamo allontanarci dal cuore cittadino e raggiungere la periferia: è qui che Sofonisba Anguissola (pittrice), Sibilla Mertens (archeologa), Eleonora Duse, Adelaide Ristori, Lina Volonghi (attrici) e, più recentemente, partigiane e pioniere dei diritti onorano della loro presenza odonomastica angoli di strade per lo più nascoste.

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Foto: Rossella Sommaria

Tea Benedetti (Genova 1930-2000). ”Zia Tea”, come la chiamavano i volontari del soccorso, fu prima staffetta partigiana, poi sindacalista, assessora del Comune di Genova, fondatrice del “Movimento delle Pubbliche Assistenze” in Liguria e dell’Associazione Nazionale delle Pubbliche Assistenze in Italia. Ha impiegato tutta la sua energia al servizio del volontariato.

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Foto: Rossella Sommaria

Donne della Resistenza. Il 13 settembre 2013, a Genova, città medaglia d’oro della Resistenza, su proposta del Municipio Media Val Bisogno, la giunta comunale, come riconoscimento al contributo offerto dalle donne alla Resistenza, intitola loro una strada compresa tra via Emilia e via Piacenza .

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Foto: Rossella Sommaria

Eleonora Duse (Vigevano 1858-Pittsburgh 1924), fu una delle più importanti attrici teatrali italiane a cavallo dei due secoli, simbolo indiscusso del teatro moderno. Crebbe nella compagnia girovaga dei genitori. Da adulta si impose con una recitazione di forte impatto emotivo e visivo, affrontò i temi più spinosi della società perbenista e ipocrita dell’epoca.

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Foto: Rossella Sommaria

Felicita Noli. Nata nel 1906, fucilata nell’agosto del ’44, medaglia di bronzo al valore militare alla memoria. ’Alice’, coraggiosa partigiana genovese, attiva collaboratrice dei Gruppi di Difesa della Donna, in più occasioni mostrò con tenacia e coraggio le sue idee affrontando il nemico in modo spavaldo. Fu fucilata per rappresaglia.

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Foto: Rossella Sommaria

Sibilla Mertens Schaaffhausen (Colonia 1797-Roma 1857), archeologa. Benché sposi il banchiere Mertens e con lui abbia sei figli, il suo grande amore fu la marchesa genovese Laurina Spinola. Musicista di talento, specialista riconosciuta di numismatica, fu proprietaria di una delle più importanti collezioni di monete in Germania.

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Foto: Rossella Sommariva

Sofonisba Anguissola (1535-1625), piacentina di nascita, fu una fra le maggiori esponenti della pittura rinascimentale europea al femminile, cresciuta nello studio di Bernardino Campi, ritrattista, esponente dell’arte manierista, fu la prima donna ad andare a “bottega”.

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Foto: Rossella Sommaria

Donne di Teheran. Il 21 luglio 2010, in presenza del Nobel per la pace 2003, Shirin Ebadi, viene inaugurata la Rotonda genovese dedicata a queste donne, come segnale di solidarietà nei confronti delle donne che in Iran ed in tutto il mondo lottano per la libertà, contro la negazione dei diritti.

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Foto: Rossella Sommaria

Stefanina Moro. Nata nel novembre del 1927, morì a 16 anni dopo essere stata barbaramente torturata. Faceva parte dei gruppi di collegamento tra le varie formazioni partigiane e dopo un arresto, portata alla Casa dello Studente, non volle svelare il nome dei compagni e, ridotta allo stremo delle forze, morì poco dopo in ospedale.

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Foto: Rossella Sommaria

Lina Volonghi (Genova 1914-Milano 1991), nata nello storico quartiere di Sturla, dove le è stato intitolato uno spazio, fu una promessa del nuoto italiano che lasciò per amore del teatro. Fu, a lungo, attrice stabile del teatro Duse e tenne corsi di recitazione per giovani attori. Attiva anche al cinema, alla radio e alla televisione.

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Foto: Rossella Sommaria

Adelaide Ristori (Cividale 1822-Roma 1906) attrice tragica, compì spesso azioni di propaganda a favore dell’Italia, ancora sotto il dominio asburgico e borbonico, nei teatri dove si esibiva. Acclamatissima dal pubblico e lodata per il suo spirito patriottico, è stata l’attrice più famosa e influente dell’Ottocento.




ITALIA – Lodi, un bell’esempio di educazione alla cittadinanza attiva

di Elisabetta Castellotti

Anche Lodi, come Friburgo, ha creato la sua mappa cittadina sulle strade femminili. Nel 2012 l’insegnante Giordana Pavesi con una secondaria di primo grado ha ricercato e fotografato le vie della città dedicate alle donne. Collaborando con l’archivio storico, ha poi analizzato documenti e ricavato notizie sulle protagoniste dell’odonomastica cittadina. A Lodi solo il 9% delle vie propone figure femminili. Su 499 strade, 197 sono dedicate a persone:180 a uomini e solo 17 a donne (6 sono nomi di sante, anche se 3 sono legate alla storia di Lodi) a cui si aggiunge infine la generica Via delle Orfane.

Nella ricerca biografica le donne sono state raggruppate in figure religiose, musiciste, scrittrici, scienziate, educatrici, benefattrici. Alcune di loro sono ricordate perché associate al marito, ne riportano, infatti, il cognome e ne viene trascurato quello di nascita, è il caso di Maria Hadfield in Cosway, ma anche di Angela Pugni in Danelli così come Marie Sklodowska in Curie, l’unica donna a essere commemorata senza avere un legame diretto con la città. L’attività è proseguita con la produzione di una mappa per creare un percorso al femminile da suggerire ai turisti. L’amministrazione comunale nel 2014, ascoltando le richieste di alunne e alunni dell’Istituto Cazzulani e degli istituti che si sono aggiunti nell’attività di ricerca, ha ricordato altre donne inaugurando il Parco di Hadir, via Elena Cazzulani e via Chiarina Orsini…Il lavoro continua!

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Queste le strade femminili di Lodi: Via Ada Negri, Via Camilla Tavazzi Catenago, Via Maria Cosway, Via Carlotta Ferrari, Via Flora dei Tresseni, Via Anna Vertua Gentile, Via Elisa Giambelli, Via Giuseppina Strepponi. Via Giannina Russ, Via Pierre e Marie Curie, Piazzale Stefano e Angela Danelli, Via Santa Francesca Cabrini, Via Santa Savina, Via Beata Lucrezia, Via Maria Maddalena, Via Santa Maria del Sole, Via Incoronata.

1.Lodi_Giambelli_GiordanaPavesi

Elisa Giambelli (Busto Arsizio, 1863- Lodi, 1940), educatrice

Nacque a Busto Arsizio da Giuseppa Stazza e Alessandro Giambelli che, per diversi anni, fu direttore della Scuola normale femminile di Lodi. Fu nominata direttrice dell’Orfanotrofio femminile nel 1895 e mantenne la carica per 45 anni, stimata e amata dai superiori e dalle orfane. A termine carriera le fu conferita la medaglia d’oro. Collocata a riposo continuò a vivere, in separato appartamento, presso l’Orfanotrofio femminile.

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Anna Vertua Gentile (Dongo 30/05/1845 Lodi 23/11/1926), scrittrice

Nata a Dongo (Como) il 30 maggio 1845, esordì come scrittrice a 23 anni con “Letture giovanili per fanciulle”. Oltre a collaborare con alcune riviste, scrisse numerosi romanzi, per lo più di genere rosa o rivolti ai ragazzi. Morì il 23 novembre 1926 e venne sepolta nel cimitero di Codogno, dove le sono stati intitolati una scuola e un premio letterario.

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Carlotta Ferrari (Lodi 27 gennaio 1830 – Bologna 22 novembre 1907), compositrice

Nacque a Lodi e studiò canto e pianoforte sotto la guida di Giuseppina Strepponi. Si perfezionò in composizione. Autrice di alcuni brani da salotto, è conosciuta anche per le composizioni sacre e per i suoi drammi lirici. Nel 1867 ricevette da parte del vicario della Fabbriceria di Lodi l’incarico di comporre una Messa dal vivo per la festa patronale di S. Bassiano. Ormai dimenticata, morì, dopo una lunga malattia, a Bologna.

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Maria Hadfield in Cosway (Firenze, 11 giugno 1760 – Lodi, 5 gennaio 1838), artista e educatrice

Maria Luisa Caterina Cecilia Hadfield è stata un’artista e educatrice inglese. Nata a Firenze da padre inglese e madre italiana, si trasferì a Londra nel 1779 e sposò William Richard Cosway, famoso miniaturista del principe di Galles. Nel 1796 muore, a soli sei anni, la figlia Luisa Paolina Angelica e la Cosway si trasferisce a Maleo, nel Lodigiano, dalla sorella Bettina. Trasferitasi a Lodi, apre, il 18 febbraio 1812, una nuova scuola per ragazze, conosciuta poi come il Collegio delle Dame Inglesi. Qui studierà Vittoria, la figlia di Alessandro Manzoni. Le sue convinzioni pedagogiche si rifanno alle teorie di Jean-Jacques Rousseau e Johann Heinrich Pestalozzi.
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Giuseppina Strepponi (Lodi 8 settembre 1815 – Milano 14 Novembre 1897), cantante soprano

Giuseppina Strepponi nacque a Lodi da una famiglia di musicisti. Studiò come soprano al Conservatorio di Milano e debuttò ad Adria nel dicembre 1834 in Chiara di Rosembergh. Cominciò a frequentare il compositore Giuseppe Verdi, rimasto vedovo della prima moglie, interpretando alcune sue opere. In seguito si sposarono. La salute malferma le impedì di proseguire la carriera di cantante. Quando morì, venne sepolta insieme a Verdi nell’oratorio della Casa di riposo per Artisti di Milano.

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Francesca Saverio Cabrini, (Sant’Angelo Lodigiano, 1850 – Chicago, 1917), Santa – Patrona degli Emigranti

Nacque da una famiglia cattolicissima, diplomata maestra elementare maturò la vocazione religiosa e prese i voti nel 1874. Nel 1880 fondò a Codogno la Congregazione delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù. Nel 1889 raggiunse gli Stati Uniti per prestare assistenza agli immigrati italiani; a New York aprì un orfanotrofio e una scuola gratuita nella Little Italy. Costruì asili, scuole, convitti per studentesse, orfanotrofi, case di riposo, ospedali e 80 istituti in altri 7 paesi del continente.  Fu la prima ad affrontare l’impegno missionario, prerogativa degli uomini.
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Ada Negri (Lodi 3 febbraio 1870 – Milano, 11 gennaio 1945), scrittrice

Grazie ai sacrifici materni poté frequentare la scuola ottenendo il diploma di insegnante elementare. Ebbe due figlie: Bianca, ispiratrice di molte poesie, e Vittoria, che morì a un mese di vita. Proprio questi accadimenti portano la Negri a rendere sempre più introspettive e autobiografiche le proprie liriche, a partire dalla raccolta Maternità (1904). Nel 1918 pubblicò Orazioni, raccolta di patriottiche odi alla patria che segnarono il suo avvicinamento alle posizioni mussoliniane; queste ultime le costarono, in seguito, anni di oblio. Morì nel 1945 e fu sepolta nel Famedio di Milano. Il 3 aprile 1976 la sua tomba venne traslata nell’antica Chiesa di San Francesco a Lodi, che aveva frequentato e cui aveva dedicato più versi.

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Angela Maria Pugni in Danelli (Mortara, 1902-Lodi, 1987), benefattrice.

Nel 1926 partorì la piccola Anna Teresa che morì il 25 aprile dello stesso anno. Sembra che la piccola fosse affetta da qualche disabilità e ciò giustifica la profonda sensibilità della donna nei confronti dell’handicap. Alla sua morte, infatti, volle che il suo patrimonio e le sue proprietà servissero alla creazione di un Centro Residenziale per le persone affette da gravi handicap e impossibilitate all’accudimento in famiglia e il Centro Riabilitativo Polivalente.

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Flora De Tresseni (1250-1350 circa), benefattrice

Appartenente a una delle maggiori famiglie guelfe di Lodi. Sposò Antonio Fissiraga, signore di Lodi, capo dei guelfi in Lombardia. La famiglia di Flora era vicina alla spiritualità francescana, la madre, infatti, Lodigiana de Palatini, aveva ideato la costruzione di un grande monastero francescano femminile da dedicare a Santa Chiara. Ad Antonio Fissiraga e alla moglie Flora de Tresseni va assegnato anche il merito della costruzione del Tempio di San Francesco in Lodi.

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Savina (Milano 260-267 circa e 311/317 circa), Santa

Savina, nata a Milano dalla nobile famiglia dei Valeri, andò in sposa a un nobile lodigiano. Rimasta presto vedova, si dedicò a opere di carità, aiutando i cristiani perseguitati da Diocleziano. Savina fece seppellire nella propria casa, di nascosto, i corpi di Nabore e Felice, soldati cristiani decapitati a Laus Pompeia (oggi Lodi Vecchio) verso il 300-304. Cessata la persecuzione, Savina fece portare a Milano i resti dei corpi dei due martiri deponendoli nella cappella gentilizia dei Valeri. Al termine della sua vita colma di veglie e preghiere, Savina morì e fu sepolta accanto ai “suoi” martiri. Divenuta Santa, viene celebrata il 30 gennaio.




ITALIA – A Lecce con la Scuola di Carol Cordella per festeggiare i 110 anni di Dior

di Giulia Basile

La sala consiliare della provincia di Lecce, si riempie di vita. Ragazzi e ragazze vocianti e con gli occhi freschi di meraviglia entrano e cercano di accaparrarsi i primi posti. Al centro della sala 4 manichini prestano umilmente sostegno a 4 splendidi abiti di DIOR, provenienti dalla Scuola‒Museo della Moda del Maestro Sartore Pino Cordella. La preziosità e l’armonia che subito colpisce lo sguardo fa silenzio e si percepisce che l’immaginazione di tutti i presenti sta facendo un volo pindarico, oltre il presente, e ognuno sta riportando alla mente ricordi, sensazioni, promesse, sogni. È in questa atmosfera di attesa creata dalla “Bellezza” che entrano le parole di benvenuto di Carol Cordella, figlia d’arte è il caso di dire.

Si festeggiano i 110 anni dalla nascita di uno stilista, un grande della Moda, un settore che ‒ per chi lo ritenesse il luogo della futilità ‒ trascina il PIL del Paese più dello stesso Turismo.

Ma non è certo questo quello che ha affascinato e zittito i presenti, sia gli alunni delle Scuole di settore del circondario, sia tutti i numerosi ospiti.

La relatrice ci ha preso per mano e ci ha fatto ripercorrere gli anni di vita dello stilista di Dior intrecciando, come si conviene a tutti i comuni mortali, gli episodi di vita personali con quelli della storia nella quale siamo inseriti. Solo che per i più gli eventi personali muoiono con loro, per altri, che si incanalano sulla via del”eternità”, i piccoli episodi di vita diventano straordinari e anzi segnano il tempo nel quale sono inseriti. La storia personale di Dior non ha influenzato solo la gente intorno a lui, ma ha influenzato i fatti sociali e di costume, uscendo dal tempo contestuale per viaggiare oltre. Molto oltre e arrivare fino a noi.

Certo si tratta di un artista eccezionale, il cui nome, come qualcuno disse, ha messo insieme la parola Dio e la parola oro. Il che è un bell’inizio. Carol ci ha raccontato che la famiglia fu la guida ispiratrice di Dior, la madre in primis. Fu lei ad aiutarlo a mettere su una galleria, sapendo che l’arte aiuta a vivere bene. Ma nel ’29 la crisi economica portò grosse perdite nella famiglia benestante del giovane Dior, che senza remore andò a lavorare la terra con suo padre per risollevarsi. E intanto disegnava e mandava in giro senza stancarsi le sue opere alle varie Maison francesi. Venne accolto presso uno stilista di Parigi, dove rimase fino al ’39, quando costretto ad andare in guerra, fino al ’41. Intanto disegna, soprattutto come via di fuga dalle miserie presenti, miseria che, dopo il razionamento dei tessuti, lo costringono di nuovo a tornare a lavorare la terra per riscattare la casa paterna. Finalmente incontra un mecenate, Marcel Boussac, il re del cotone lo chiamavano, che gli dette un credito illimitato. Si attribuisce a lui la frase: “Questo ragazzo farà resuscitare i morti della seconda guerra mondiale”.

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Gli intrecci tra Dior e il femminismo.

Seguirono anni di intenso lavoro, in cui, senza abbandonare mai le consultazioni con una sua amica cartomante Madame Delahaye (anche il genio vuole conforto sul futuro), cerca di disegnare modelli che esprimessero il suo ideale di donna, convinto che una donna veste bene solo quando con l’abito è come se apparisse nuda. Le nuove mode non gli piacevano: donne con capelli corti, braccia scoperte, una donna generata dalla guerra mondiale, una donna forte, mascolinizzata. Sappiamo tutti che le donne avevano sostituito mariti e fratelli nelle fabbriche e nei lavori pesanti, e certo questa era stata una grande conquista per uscire fuori dalla “prigione “domestica, ma Dior cercava una donna diversa, pur valutando una certa indipendenza estetica acquisita dalle nuove donne (per es. abolendo il galateo che richiedeva un abito per le varie circostanze della giornata). Dior cercava u’altra donna ispiratrice. Tornò ancora una volta a casa e si dilettò ad osservare i fiori che sua madre coltivava nel giardino della loro casa di Granville, con tanto amore. Da qui nasce ancora una volta l’aiuto, dalla Natura e da sua madre. Ecco viene fuori la “donna fiore”e la sua prima collezione, il   12 Febbraio 1947: al 30 di Avenue Montaigne a Parigi, Christian Dior presentò la sua prima sfilata. Una grande sfilata ispirata ai fiori e ai loro colori. La stampa francese la boicottò. Fu seguita solo dai giornali americani che la osannarono e parlarono di Dior come di un Alessandro Magno, di un imperatore della moda. La donna si allontanava dalla immagina di donna teutonica della guerra, per sostituirla con l’immagine di una donna “clessidra” (tipo Ingrid Bergman, Sofia Loren, Gina Lollobrigida, Grace Kelly). Di nuovo il bustino che segnava la vita e gli abiti che mettono in luce fianchi e seno. Il tailleur Bar con la giacca e le gonne lunghe di nuovo e plissettate. Tutto questo fu contestato dalle femministe, alle quali sembrò un voler tornare indietro rispetto alle conquiste già fatte e scesero in piazza anche contro di lui.

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Le idee portanti dello stile Dior furono interpretate come un messaggio di chiusura alla modernità : non più donne indipendenti, ma donne che tornano in cucina. Infatti anche la pubblicità ricomincia a insistere su questo e ricorda alle donne che sono prima di tutto mogli. Gli slogan e le immagini di quegli anni del dopoguerra parlano di una donna casalinga e anche spesso stupida.

Dior andò avanti e portò sulla scena mondiale l’importanza della giacca e del tailleur e l’immagine di una ragazza giovane. Le sue modelle erano appunto giovani studentesse con lo stemma d’appartenenza sulla giacca, di alta moralità, e dette così spazio a quella generazione che era stata spazzata via dalla guerra.

Dopo 10 anni di successi la carriera e la vita di Dior si spensero nell’ottobre del 1957 a Montecatini.

Questo il cammino di Dior alla pari dei grandi letterati, scienziati, artisti del nostro tempo.

Le conclusioni dell’incontro le ha espresse, col giusto orgoglio per il lavoro che la Scuola di Formazione Cordella esprime sul territorio ( e non solo) la Consigliera provinciale di Parità Filomena Dantini, ma soprattutto un’ospite d’eccezione: la madre dello stilista Ennio Capasa, con la dolce determinazione delle sue parole e delle sue esperienze. Ha accennato ai sacrifici che si fanno in questo campo della moda, alle scelte coraggiose di Ennio tornato da Parigi a lavorare qui in Italia ‒ dove spesso l’ingegno non trova il giusto spazio ‒ per amor patrio e ha invitato i giovani a rimanere qui. La passione ‒ ha detto ‒ deve essere nutrita di sacrificio e il successo si può ottenere in ogni segmento del lavoro di uno stilista, perché intorno all’ideatore bisogna che ci sia professionalità alta per far sì che l’idea si perfezioni e si concretizzi in un abito. Un abito che può diventare un capolavoro e che può parlare di bellezza. Bellezza che, in qualunque campo, è ragione e scopo di quel Bene che ci salverà.




GERMANIA- A Friburgo,Ursula Knopfle pubblica la mappa dei toponimi femminili della città

Di Anna Altobelli

All’inizio del 2012 a Friburgo, importante centro turistico del Baden-Wurttemberg, è stata realizzata un’interessante iniziativa: la pubblicazione di una mappa della città, in cui i toponimi femminili sono evidenziati in rosso, numerati ed elencati in un’apposita legenda. L’iniziativa nasce dall’impegno di Ursula Knopfle, Assessora alle Pari Opportunità, grazie alla quale i toponimi femminili a Friburgo sono saliti a circa 90 (il 22% su 400 in totale) tra vie, viali, piazze, scuole e corti: alcuni di essi sono riferiti a personaggi femminili scomparsi anche meno di dieci anni fa. La maggiore concentrazione di vie al femminile si trova nei quartieri periferici di Vauban e Rieselfeld, ove è possibile compiere veri e propri ‘percorsi di genere’: ci si muove tra vie, scuole e piazze intitolate alle donne di ogni epoca che si sono distinte nella lotta per i diritti civili, che hanno lottato contro l’ideologia nazista, o che sono rimaste vittime della persecuzione antisemita. Frau Knopfle continua a battersi perché la toponomastica femminile a Friburgo raggiunga almeno il 50% delle intitolazioni: la sua iniziativa rappresenta un eccezionale modello di “buona pratica”, già imitata da altre città tedesche, come Dresda e Berlino.

Lise Meitner

Foto: Filippo Altobelli – Vauban: Lise Meitner (1878-1968) fu, nel 1906, la seconda donna a conseguire il dottorato di fisica all’università di Vienna. Fornì per prima la spiegazione teorica della fissione nucleare, mantenendosi però sempre fedele al principio di un uso pacifico dell’energia atomica.

Kathe Kollwitz

Foto: Filippo Altobelli – (Rieselfeld) Kathe Kollwitz (1867-1945) Pittrice, scultrice, stampatrice, litografa e xilografa del filone espressionistico, di idee socialiste e pacifiste, s’impegnò soprattutto nella rappresentazione delle condizioni umane degli “ultimi” del suo tempo.

Ildegard Von Bingen

Foto: Filippo Altobelli – Rieselfeld – Hildegar Von Bingen (1098-1179) Monaca benedettina, anticonformista per i suoi tempi, studiò a lungo occupandosi di teologia, musica e medicina. Si dedicò alla predicazione più che alla clausura; fondò due monasteri, e divenne un’autorità all’interno della Chiesa.

Hannah Arendt

Foto: Filippo Altobelli – Rieselfeld: Hanna Arendt (1906-1975) filosofa, politologa, storica e scrittrice di origini ebraiche, emigrò a New York nel 1940, a causa delle persecuzioni subite sotto il Nazismo. I suoi numerosi lavori riguardano la natura del potere, la politica, l’autorità e il totalitarismo.

Nelly Sachs

Foto: Filippo Altobelli – Rieselfeld: Nelly Sachs (1891-1970) Scrittrice, di origini ebraiche, emigrò a Stoccolma durante il Nazismo; nel 1966 fu Premio Nobel per la letteratura, “per la sua lirica notevole e la scrittura drammatica, che interpreta il destino di Israele con forza toccante”.

Edwig Dohm

Foto: Filippo Altobelli – Rieselfeld: Hedwig Dohm (1833-1919) fu una delle prime teoriche del femminismo radicale; nel 1870 pubblicò quattro saggi con cui chiedeva la parità giuridica, sociale ed economica tra uomini e donne. Nel 1873 fu tra i primi a richiedere il diritto di voto per le donne in Germania.

Bertha Von Suttner

Foto: Filippo Altobelli – Rieselfeld: Bertha von Suttner (1843-1914) Nata a Praga, fu una scrittrice impegnata a favore del pacifismo radicale; la sua opera principale, ‘Giù le armi’, pubblicata nel 1889, le valse il primo Premio Nobel per la Pace nel 1905.

Astrid Lindgren

Foto: Filippo Altobelli – Vauban: Astrid Lindgren (1907-2002) nata a Vimmerby, in Svezia, amò la lettura e la scrittura sin da bambina; a 18 anni già collaborava con un giornale locale. Divenne autrice di racconti per l’infanzia, il più famoso dei quali è Pippi Calzelunghe, tradotto in oltre 70 lingue.

Louise Otto Peters

Foto: Filippo Altobelli – Vauban: Louise Otto Peters (1819-1895) Giornalista, letterata e femminista militante, all’inizio dei moti rivoluzionari del 1848 fondò il primo giornale tedesco al femminile, la ‘Gazzetta delle Donne’, e nel 1894 il gruppo femminista ’Associazione Generale delle donne tedesche’.

Harriet Strauss

Foto: Filippo Altobelli – Vauban: Harriet Strauss (1872-1945) laureata in medicina, visse per un certo tempo a Friburgo, e oltre alla professione di medico svolse anche quella di scrittrice, pubblicando numerosi scritti contro l’ideologia nazista. Ciò le valse la censura da parte del governo del Reich.